di Vittorio Emiliani
In una recente mattinata a “Radio anch’io” (Radio 1 Rai) la manager della cultura, Patrizia Asproni, presidente della confindustriale Confculture, ha ripetuto la sua ricetta per i musei: valorizzare e valorizzare, immettendo privati nelle gestioni per “metterli a profitto“, finalmente.
Ora, di musei che fruttino soldi non se ne conoscono. Si dice i Musei Vaticani, ma non so su cosa si fondi il “mistero gaudioso“. I nostri, pur affollati di stranieri, incassano quanto basta, sì e no, a pagare le bollette. Ci sono, è vero, i casi del Colosseo che da solo porta a casa poco meno di un terzo degli incassi di tutti i musei e i siti archeologici italiani, circa 60 milioni.
Ma se si conteggiano in bilancio i milioni necessari alle manutenzioni straordinarie, il quadro si fa assai meno roseo. A proposito di Musei redditizi, “macchine da soldi“, come li ha chiamati Matteo Renzi, giunge dagli Usa (servizio di Massimo Gaggi sul Corriere della Sera) la notizia che il più grande Museo americano, il Metropolitan, è in stato pre-fallimentare pur coi suoi 6 milioni di visitatori l’anno e una serie di iniziative “commerciali”. Ma anche il Modern Museum of Modern Art (Moma) naviga in cattive acque.
Per la verità il MET era già passivo per un 50 % circa del suo bilancio (come il Louvre del resto). Ma, come racconta Massimo Gaggi, la frenesia del suo direttore di intraprendere nuove iniziative di ogni genere gli ha fatto accumulare un passivo molto allarmante, sui 40 milioni di dollari. Si dirà: ma Campbell non era un manager, perché lo sono forse i direttore stranieri reclutati per gli Uffizi, Brera o l’area di Paestum? In realtà il pre-fallimento del Metropolitan Museum of NY e le difficoltà crescenti del Moma sono autentiche sirene d’allarme per quanti si illudono, da provinciali, di “fare profitti” coi musei italiani.
Si dà il caso che nelle classifiche mondiali il Met, coi suoi 6 milioni di visitatori, sia scivolato al 4° posto dopo il Louvre (primo ma in calo per il terrorismo islamico che ha allontanato un 20 % di turisti), dopo il British Museum e la stessa National Gallery di Londra dove l’ingresso è gratuito. Fra i primi dieci anche un altro Museo londinese, la Modern Tate Gallery anch’essa ad ingresso gratuito.
La scelta di una gratuità generalizzata venne operata dal governo laburista di Tony Blair anche per incrementare – come è puntualmente avvenuto – i visitatori, inglesi e stranieri, e quindi il turismo culturale a Londra. Pare che Blair un giorno chiamasse il ministro della cultura per chiedergli a bruciapelo: “Ma quanto ci rendono i musei?” Sentito che incassavano coi biglietti l’equivalente di 200 miliardi di lire, affermò : “Ma glieli diamo noi e li rendiamo gratuiti”.
Come sono da secoli British e National Gallery. Misura che ha fatto crescere sensibilmente i loro visitatori e, in generale, i turisti a Londra e dintorni. Patrizia Asproni, di recente rimossa dalla sindaca Chiara Appendino, dalla presidenza di Torino Musei (e Mostre), non si rassegna e afferma che “stanno chiudendo alcuni piccoli Musei inglesi”. Sarà, ma le cifre del turismo culturale e quelle dei grandi Musei parlano ben altro linguaggio: l’arte e la cultura sono tornate largamente fruibili, Per tutti. Certo ora c’è l’incognita della Brexit, ma fino a ieri è andata di lusso.
Da noi il ministro Dario Franceschini, verificato che ogni anno al Pantheon entrano quasi 7 milioni e mezzo di persone, fra turisti e fedeli (è una chiesa), insiste in queste ore per far pagare 2 o 3 euro di ingresso. Il Vicariato – che finora si è sempre opposto a mettere un biglietto d’ingresso nelle chiese romane – è molto tentato dall’offerta di incamerare la metà di quei 20-22 milioni di euro di incassi.
Ma papa Bergoglio non continua a stigmatizzare “l’idolatria del denaro”? V’è di più: è ormai assodato che gli italiani affollano i musei e i siti archeologi soprattutto quando non si paga biglietto d’ingresso. E quanto rendono in euro i medesimi all’anno? Circa 172 milioni di euro, cioè appena l’8-9% della spesa ministeriale. Per rendere la loro quota più consistente, bisognerebbe moltiplicare il costo degli ingressi, figuriamoci.