Una diffidenza da parte della Procura di Roma nei confronti del collega Henry John Woodcock della procura di Napoli ? Antipatie o inimicizia tra magistrati? Non sembrerebbe essere verosimile anzi non sarebbe stato il presunto conflitto tra pm romani e napoletani a poter giustificare la revoca del Procuratore romano Giuseppe Pignatone del mandato sulle indagini al Noe dei Carabinieri per le indagini Consip. In realtà Dietro le quinte clamorosa decisione del procuratore Pignatone, sembrerebbe invece esserci un fortissimo scontro interno nella catena di comando gerarchico dell’Arma dei Carabinieri che nasce dal trasferimento dell’ormai ex vicecomandante operativo dello stesso Noe, il famoso “Capitano Ultimo” al secolo colonnello Sergio De Caprio che non fa parte di alcun «cerchio magico» o di cordate all’interno dell’Arma. Lui preferisce la strada e le indagini fatte sul territorio.. Una situazione non del tutto serena che però non può venire messa automaticamente in relazione alle reiterate fughe di notizie su cui dovrebbe far luce l’indagine avviata dalla stessa Procura romana.
Ma la “rivoluzione” di incarichi al vertice del NOE il Nucleo operativo ecologico, uno dei reparto d’eccellenza dell’Arma insieme al Ros ed ai Nas, offre una serie di circostanze e fatti su cui vale la pena soffermarsi. Comprenderli significa anche poter rispondere a un quesito che un qualsiasi cittadino si pone: perché un reparto denominato Nucleo operativo ecologico, istituito dall’ Arma dei Carabinieri e competente quindi per perseguire i reati ambientali, è stato impiegato dalla Procura di Napoli in indagini sulla corruzione all’interno delle commesse dello Stato? La risposta è sicuramente il merito di un “carabiniere” simbolo del valore e dell’intraprendenza rappresentato dallo stesso “Capitano Ultimo” che insieme ad altri colleghi ufficiali, una quindicina di anni fa si è trovato in una situazione a dir poco complicata.
“Ultimo” era al Ros, il reparto guidato in passato da Mario Mori e che in seguito alle disavventure giudiziarie di quest’ultimo aveva perso parte dell’antico prestigio ed autonomia operativa, ma non solo: la mafia ha giurato vendetta e vuole la sua morte. È proprio per questo che De Caprio ed altri colleghi sono stati trasferiti all’inizio degli anni Duemila alla sede centrale di Roma del Noe, un reparto che non era soltanto dedito appunto alla tutela dell’ambiente, ma che godeva già di alcune prerogative importanti, a cominciare dalla possibilità di operare sotto copertura. Proprio la presenza di carabinieri delle capacità investigative ed operative e del valore di “Ultimo” ha fatto sì che il Noe ricevesse numerosi incarichi investigativi che altrimenti non gli sarebbero mai stati assegnati. Comprese le indagini contro la corruzione nella pubblica amministrazione. Qualche anno fa il Colonnello Sergio De Caprio ha assunto il ruolo di vicecomandante operativo centrale del NOE . Il massimo grado a cui potesse aspirare con il suo grado, che non era e non è ancora quello di generale. Ma chi ha la fortuna e l’onore di conoscere “Ultimo” sa bene che il suo senso di giustizia e legalità, è molto ma molto più forte delle sue ambizioni di carriera. E basterebbe incontrarlo nella sua “casa” cioè la Fondazione Capitano Ultimo sulla via Prenestina a Roma per capirlo.
Ma perché tra i compagni di corso del colonnello De Caprio alcuni sono stati promossi, altri magari non ci sono riusciti, ma lui non è stato neanche preso in considerazione? Un cavillo. Un cavillo secondo cui, per essere ammessi all’avanzamento, è necessario avere ricoperto per due anni l’incarico di comandante provinciale. Incarico questo che De Caprio avrebbe potuto ricoprire se fosse stato mandato in prima linea, in qualsiasi provincia della Sicilia o della Calabria, a combattere Cosa nostra. Niente da fare. Capitano Ultimo ha manifestato più volte il desiderio di tornare al Ros, il reparto in cui per anni ha seminato il panico tra gli uomini d’onore. Rimandandolo al Ros, l’Arma avrebbe fatto tornare un “fuoriclasse” della lotta alla mafia al suo lavoro, consentendogli al tempo stesso, con un incarico equipollente a quello di comandante provinciale, di maturare quei titoli del tutto formali che gli avrebbero aperto le porte della commissione d’avanzamento. Niente da fare.
Ma che cosa è successo ? L’Arma dei Carabinieri è noto per tradizione ama poco i suo uomini che brillano di luce propria. Successe con il compianto Generale Carlo AlbertoDalla Chiesa, che i vertici di allora avrebbero volentieri ridimensionato, ma che sfuggì di mano. Accade oggi con capitano Ultimo ed è accaduto anche con l’ex comandante dei RIS di Parma Luciano Garofano, costretto ad andare in pensione anzitempo dopo un trasferimento che ne sviliva la professionalità. “Usi obbedir tacendo e tacendo morir” è il motto dell’Arma. Capitano Ultimo è un tipo da “obbedir” e da “morir” ma sicuramente non tacendo.
Il Colonnello Sergio De Caprio gode di eccellenti rapporti con gran parte della magistratura. Ed alla Procura di Napoli in particolare il pm Henry John Woodcock. Nei mesi scorsi come ormai ben noto a tutti si è sviluppato l’indagine sul caso Consip, di cui in questi giorni è stato svelato praticamente tutto sul solito giornale “compiacente” delle procure di mezz’ Italia. Il lavoro investigativo è stato condotto dal Noe, coordinato dai pm Woodcock e Celeste Carrano della procura napoletana . Ma appena tre mesi fà , cioè alla fine del 2016 è arrivata la decisione “fatale” che ha incrinato i rapporti interni all’ Arma dei Carabinieri .
Ancora una volta “protagonista” è sempre il Generale Del Sette che ha deciso di assegnare il Colonnello De Caprio ad un nuovo incarico distaccandolo dal Noe ma al “reparto Interno” dell’Aise, il servizio segreto sull’estero. Un secondo duro colpo alla sua operatività, almeno così lo vive un carabiniere come De Caprio, che non ha mai smesso di sentirsi un “soldato”, un guerriero al servizio dello Stato . E così anche i suoi uomini che gli sono legatissimi. In pratica tutta la seconda linea di comando, i numerosi marescialli che lavoravano al Noe con “Ultimo” sono agitatissimi. Circolano voci bene informate che lo stesso pm Woodcock abbia espresso il proprio forte dissenso al generale Del Sette e al numero uno dell’Aise il direttore Alberto Manenti . Al NOE è quindi arrivato un nuovo vicecomandante operativo, ma in realtà è come se i vertici operativi del Noe abbiamo continuato a riconoscersi nella “leadership” di De Caprio, lavorando con la stessa costante rigorosa determinazione sull’inchiesta Consip.
In quello stesso periodo, finisce indagato nell’ambito dell’indagine, anche il comandante generale dei Carabinieri Del Sette ed a quel punto, com’è immaginabile, nervosismo e tensioni diventano fortissime, e non a caso in questo clima che si verificano le ripetute sconcertanti “rivelazioni di notizie coperte da segreto“», come le definisce propriamente la Procura di Roma nel proprio comunicato stampa diffuso sabato scorso, con cui ha trasferito l’indagine dal Noe al Nucleo Investigativo del Comando Provinciale dei Carabinieri di Roma. Con quali conseguenze si chiedono in molti .
Il colonnello De Caprio “teoricamente” potrebbe avere le sue ragioni per nutrire tali sentimenti, dopo essere stato trasferito ed anche contestualmente “mortificato”nello stesso tempo nella legittima aspirazione di raggiungere il grado di generale che sicuramente merita più di tanti altri. Con il trasferimento all’ AISE , “Ultimo” ha capitodi non essere tra le figure in stretta relazione di fiducia con l’ attuale vertice dell’Arma. Non a caso Emanuele Saltalamacchia, ufficiale dell’ Arma considerato molto “vicino” ed di fiducia del comandante generale Del Sette ha un destino opposto a quello di De Caprio. Da colonnello e comandante provinciale a Firenze, viene promosso generale senza avere neanche il problema di un trasferimento, perché gli viene assegnato incredibilmente il comando regionale sulla Toscana come nuovo incarico. Una promozione ed una collocazione che non trova precedenti nella storia dell’ Arma dei Carabinieri. Ma guarda caso anche il Gen. Saltalamacchia, per la cronaca, è indagato per gli stessi reati di “rivelazione di segreto” e “favoreggiamento” contestati dalla Procura di Napoli al comandante generale Del Sette e d al Ministro Luca Lotti, braccio destro dell’ex premier Matteo Renzi . E le carte di tutto cioè arrivano dalle carte dei pm che finiscono nelle mani ed occhi della stampa .
Tutto ciò è un reato come ha giustamente osservato il procuratore capo di Roma Pignatone, a cui per competenza territoriale, è strato trasferito il fascicolo dell’inchiesta Consip. Ad accertare chi l’ha commesso saranno i carabinieri, del Nucleo investigativo di Roma. A cui ora la Procura capitolina ha deciso di affidarsi, forse anche per evitare che un fascicolo già bollente diventi ancor più rovente per le tensioni in corso tra gli investigatori del Noe ed il comando generale dell’Arma dei Carabinieri. “Ultimo” si rispetta e non si tocca.