MILANO. Il nucleo speciale di Polizia valutaria della Guardia di Finanza sta eseguendo 4 decreti di perquisizione nell’ambito dell’inchiesta della Procura di Milano sui conti del gruppo Sole 24 Ore. Inchiesta che al momento vede 10 persone indagate per false comunicazioni sociali e appropriazione indebita da circa 3 milioni di euro. Al centro dell’indagine una presunta fittizia sottoscrizione di decine di migliaia di abbonamenti digitali.
Il fascicolo dell’indagine, assegnato al procuratore aggiunto Fabio De Pasquale e al sostituto Gateano Ruta, è aperto per il reato di false comunicazioni sociali. Altri dirigenti del gruppo, e di società partner, sono indagati invece con l’accusa di appropriazione indebita. In questo secondo filone i fari si puntano sulla società “Di Source Limited“, che avrebbe ‘gonfiato’ gli abbonamenti digitali, con indagati l’ex direttore dell’area digitale del gruppo, Stefano Quintarelli, (ora deputato di Scelta Civica), con suo fratello Giovanni, l’ex direttore finanziario, Massimo Arioli; l’ex direttore dell’area vendite, Alberti Biella; Filippo Beltramini, manager di una controllata di Di Source Limited, il commercialista Stefano Poretti.
Nell’inchiesta sui conti del Gruppo sono indagati anche l’ex presidente del Gruppo Benito Benedini, l’ex Ad Donatella Treu e il direttore del quotidiano Roberto Napoletano per false comunicazioni sociali,. Il direttore Napoletano esprime “piena, totale e assoluta fiducia nella magistratura inquirente” ed aggiunge “Sono certo di poter dimostrare in tutte le sedi la piena linearità dei miei comportamenti che è quella di una vita“.
Il sospetto della Procura di Milano è che i soci occulti della società Di Source Limited fingessero l’attività di distribuzione e promozione degli abbonamenti digitali, trattenendo come compenso degli importi per servizi che in realtà di fatto non fornivano. Fra questi, anche Airoli, Biella e Quintarelli che a vario titolo e in momenti diversi hanno ricoperto ruoli e cariche nel gruppo 24 Ore. Fra il 2013 e il 2015, i soci occulti avrebbero così intascato senza averne titolo 3 milioni di euro, in danno al Gruppo 24 Ore, che risulta parte lesa. Nell’inchiesta rientra anche la gestione delle copie cartacee del quotidiano di viale Monterosa. Una parte delle copie stampate ogni giorno sarebbe infatti stata inviata direttamente dalla tipografia al macero, per fare risultare alti i dati di tiratura e diffusione. Si tratta di migliaia di copie, stampate solo per “far numero” e non transitate nemmeno dal circuito delle edicole e degli abbonamenti. Ma sarebbe comunque un traffico marginale, rispetto al “trucco” contabile messo in atto per quanto riguarda le copie digitali.
L’ultima semestrale del Gruppo si è chiusa con una perdita di 50 milioni. E il valore delle azioni (la società è quotata in Borsa n.d.r.) è crollato a poco più di 30 centesimi, portando in sette anni a una perdita del – 95 per cento del valore iniziale . Il sospetto sollevato da più esposti, presentati dall’associazione di consumatori Adusbef e da alcuni giornalisti del Sole24Ore è che i dati di diffusione del quotidiano siano stati gonfiati almeno a partire dal 2012, di modo da falsare il mercato pubblicitario. Nello specifico gli acquisti fittizi di oltre 100mila abbonamenti digitali sarebbero stati fatti in realtà effettuati da società in qualche modo riconducibili a manager ed ex manager del gruppo, fra cui l’anonima britannica Di Source Limited. Nei mesi scorsi, la Guardia di Finanza di Milano su indicazione dei magistrati milanesi ,aveva acquisito documentazione dalla società di consulenza Kpmg, incaricata di certificare i bilanci del gruppo editoriale di Confindustria. Un’indagine parallela a quella della Procura è stata aperta anche dalla Consob.
Secondo uno dei tre esposti presentati alla Consob dal giornalista Nicola Borzi, l’ultima perizia del prof. Mauro Bini professore ordinario dell’ Università Bocconi di Milano , incaricato per anni dal Gruppo 24 Ore di svolgere gli impairment test (la valutazione degli attivi) sul patrimonio dell’editrice “avrebbe dato un esito iniziale negativo, nel senso che avrebbe evidenziato una svalutazione patrimoniale nell’ordine dei 50 milioni, di dimensioni comunque tali da intaccare sensibilmente il patrimonio societario” e, per tenere nascosto il crollo patrimoniale, “esponenti di rilievo e dirigenti del gruppo avrebbero chiesto all’estensore o a terzi di rivedere i risultati di questa perizia in senso non pregiudizievole alla propria stabilità patrimoniale“.