di Vinicio Nardo
Il possibile depistaggio dei Noe fa tornare alla mente il caso Barillà, uno dei piu gravi tra gli errori giudiziari conclamati della nostra Repubblica.
Anche in quella occasione l’errore, non del tutto involontario, venne fuori grazie alla tenacia di un P.M. che indagava su un corpo scelto dei Carabinieri per tutt’altra vicenda.
La storia è ben raccontata da Stefano Zurlo nel libro da cui è stato tratto un film per la TV con protagonista Beppe Fiorello che interpretava il Barillà. La P.M. accertò che i Carabinieri, i quali pedinavano una Fiat Tipo guidata dall’autore di gravi reati, avevano sostenuto falsamente di non averla mai persa di vista, cosicché il povero Barillà, per coincidenza fermato alla guida di una macchina uguale, si fece non so quanti anni di galera e fu condannato in via definitiva da innocente. Affermerebbe oggi l‘on. Ferranti che dobbiamo essere grati a quella P.M., cosi come ha detto per Pignatone ed i suoi sostituti. Ma il discorso, a ben guardare, fa più di una piega.
A quasi trent’anni dall’avvento del processo accusatorio, non possiamo fare affidamento su, non dico le mitiche “controinchieste” della difesa, ma neanche su eventuali indagini difensive, visto che gli avvocati non hanno mezzi, strumenti processuali, accesso concreto agli atti e tempi tecnici per poterle condurre. Si può solo confidare che un P.M. faccia il contropelo alla polizia giudiziaria, ma sarebbe ingenuo confidare che ciò avvenga sempre (in effetti, avviene quasi mai) e tantomeno che succeda per puro anelito di verità.
Alla fine, il quadro è quello descritto nell’articolo qui sotto, del Dubbio, con una polizia giudiziaria che spadroneggia sulle indagini e non c’è P.M. che tenga.
La teoria dell’affidamento alle capaci mani di un Procuratore (mosso da finalità ideali o dall’esigenza di spuntare le unghie a chi troppo si allarga o da altro ancora) finisce per essere figlia di una visione “paternalistica” della giurisdizione. Quella stessa visione che esalta la “cultura” della giurisdizione e ne fa lo spauracchio per contrastare qualsivoglia tentativo di attuare la separazione delle carriere tra magistratura giudicante e magistratura inquirente.
E le indagini difensive? Beh, si provi a farle con la notifica (mi è capitato oggi) di un “immediato cautelare”, che significa 15 giorni per visionare migliaia di fogli, estrarne copia, ascoltare migliaia di conversazioni intercettate … 15 giorni, Pasqua e ponti compresi.
Forse ha ragione la Ferranti: non ci resta che sperare nel Procuratore “illuminato”.
*avvocato penalista del Foro di Milano