ROMA – Giuseppe Pignatone il procuratore capo della Procura di Roma, nella turbolenza di una pubblica polemica sottile e tecnicamente legalitaria con i propri colleghi di Napoli, ha la nota qualità di mantenere alta la propria ironia ed imperscrutabile aplomb manifestato in occasione della conferenza su “Inchieste giudiziarie, diritto di cronaca e tutela dei dati personali” organizzato dal Consiglio nazionale forense e Scuola superiore dell’avvocatura, a cui assieme il capo dei magistrati della Capitale sono comparsi correlatori di altrettanto livello: il presidente del Cnf Andrea Mascherin e il vicepresidente della Scuola Salvatore Sica, il presidente dell’Unione Camere penali Beniamino Migliucci e la vicepresidente dell’Autorità garante della Privacy Augusta Iannini (noto magistrato e moglie di Bruno Vespa) .
Pignatone come sempre ha tenuto anche questa volta una relazione ampia, e generosamente elegante nell’occultare diplomaticamente i passaggi più aspri. che comunque non sono sfuggiti ai presenti : “Noi magistrati siamo in maggioranza sensibili al tema della privacy, ma sono le minoranze che fanno la storia o meglio la cronaca…” aggiungendo “Risalire ai responsabili delle cosiddette fughe di notizie è impossibile, ma vanno evitati assi privilegiati tra singoli magistrati e singole testate”, puntualizza il procuratore capo di Roma, che non ha fatto mancare alcune critiche al “sistema” passando ad altro argomento come se quanto detto si trattasse di un dettaglio ininfluente. Ma così non è. E lo fa senza citare giornalisti e giornali che hanno una costanza al di fuori della legalità nel rivelare segreti investigativi né Procure da cui quel segreto più spesso si propaga, per esempio quella di Napoli.
Pignatone chiaramente non non ha mai parlato nello specifico di Consip. Ma è come se lo avesse fatto. utilizzando la sua nota ironia e sapiente uso dell’oratorio e delle metafore. In un passaggio del suo intervento ha spiegato come sia un bene che gli uffici giudiziari comunichino: in particolare quando vengono eseguiti provvedimenti cautelari. “ In questi casi il mio ufficio dà conto all’esterno di quello che è stato fatto: è il tema principale a Reggio Calabria, a Palermo, a Napoli è uno dei temi principali, non l’unico…”. Ma cosa voleva dire Pignatone a proposito di quanto accade a Napoli ? Forse che non sempre le misure sono comunicate e spiegate con la stessa tempestività ? O che forse in quell’ufficio lo si fa applicando criteri meno “omogenei” rispetto alle altre Procure italiane ?
Concludendo Pignatone ha detto che “ci sono troppe persone che conoscono per forza di cose il contenuto delle intercettazioni: troppe perché si possa dire ‘ la fuga di notizie deve per forza venire dal pm o dal maresciallo che ha ascoltato la telefonata’: io ne conto almeno una decina nelle indagini meno complesse. E come si farebbe altrimenti a coordinare il lavoro inquirente?” si è chiesto il magistrato continuando “sulle fughe di notizie aveva ragione Sciascia: le notizie non scappano, sono consegnate, e a consegnarle sono in tanti…“.
Se il procuratore capo della Procura di Roma che ha invitato per primo i propri sostituti e la polizia giudiziaria (in linea con quanto attuato a Torino dal procuratore capo Armando Spataro) con una circolare, a trattare le intercettazioni con cautela, allora vuol veramente significare dire che il fenomeno è ingestibile. Ma poi Pignatone ha aggiunto qualcos’ altro: “Noi a Roma seguiamo un criterio nei rapporti con la stampa: pochi comunicati, solo nei casi di maggiore complessità convochiamo informali incontri senza radio e tv. Ci teniamo a evitare che ci siano giornali privilegiati rispetto agli altri”. Affermazioni queste allineate con il discorso sulle strette connivenze propagandistiche tra alcuni uffici inquirenti ed i soliti giornalisti “amici”.
Il capo dei magistrati romani arriva ad un’ipotesi estrema, lanciando una stoccata a quei magistrati che hanno il loro giornalista “ventriloquo” di riferimento: “Sarebbe meglio pubblicare gli atti sul sito della Procura. A disposizione di tutti, piuttosto che lasciar prevalere ipocrisie e favoritismi”.
Ma dato il livello “alto” della platea il procuratore di Roma ha dovuto incassare qualche replica. Mascherin (CNF) introducendo la discussione sul punto ha lanciato con un appello: “Prendiamo atto che i social media stritolano la dialettica per come la conosciamo, e che tocca a chi condivide la cultura del diritto, cioè a magistrati e avvocati, trovare gli anticorpi». Sica ha rincarato la dose e ricordando che ormai “un avviso di garanzia e il discredito che ne deriva costituiscono ormai condanne anticipate” mentre Migliucci (UCP) ha aggiunto: “Impossibile negare che almeno il 75 per cento delle notizie sulle indagini provenga dal circuito inquirente”.
Ad onor del vero si potrebbero muovere contestazioni anche ai magistrati romani: per esempio sugli “interrogatori in streaming” alla sindaca Virginia Raggi. Riflessioni queste a cui ha fatto da contraltare il magistrato Augusta Iannini (Garante della Privacy) la quale ha ricordato che la privacy delle persone casualmente chiamate in causa da atti giudiziari non può ridursi ad incidente necessario.
“E sì, quell’espressione si deve forse all’appartenenza politica dell’interessata” ha scherzato Pignatone, che però dopo spiega: “C’è stata un’incredibile montatura: i siti di due settimanali e di un quotidiano pubblicarono le probabili domande. Ma le avrebbe sapute pronosticare anche un bambino che avesse dato appena un’occhiata ai giornali dei giorni precedenti“.
Apparentemente Pignatone non intravede la soluzione a cui tende il presidente del Cnf., e seppure adotti una dissertazione apparentemente fatalista, rassegnata a un “sistema dell’informazione digitale che è troppo lontano da quella a cui è abituato uno della mia età”, mette a segno delle frecciate allorquando dice che “la magistratura è molto sfaccettata, in maggioranza sensibile a questi temi, ma poi sono le minoranze che fanno la storia, o meglio la cronaca” .
Un chiaro riferimento ai colleghi partenopei che hanno confermato la fiducia al capitano dei Carabinieri del Noe da lui messo sotto inchiesta? Probabile. Nulla di esplicito chiaramente, se non l’opinione espressa secondo la quale “comunicare la giustizia è necessario, perché è giusto che l’opinione pubblica eserciti un controllo su un potere come quello giudiziario“.
Ma il senso del ragionamento di Pignatone è che tutto possa avvenire nella trasparenza e legalità.. Non percorrendo… “canali” privilegiati. E sopratutto mai da un singolo pm ad una singola testata o giornalista ventriloquo.