ROMA – E’ stato arrestato stamattina in stazione a Rimini il quarto uomo, il ventenne congolese Guerlin Butungu (unico incensurato del gruppo) capo della banda accusata di stupro di una ragazza polacca e di una trans peruviana a Rimini. Lo ha reso noto la stessa Polizia sul suo account Twitter.
L’uomo è stato rintracciato presso la stazione ferroviaria di Rimini , dove si era nascosto mentre cercava di prendere un treno per far perdere le proprie tracce, dagli agenti della Squadra Mobile e dello Sco, il Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato ed è stato quindi portato in Questura. La caccia all’ultimo componente del gruppo, era iniziata ieri sera dopo la confessione dei primi due che si sono presentati dai Carabinieri ed il fermo del terzo. Il congolese fermato questa mattina, unico maggiorenne dei quattro, risiedeva anche lui nella provincia di Pesaro-Urbino, probabilmente in una struttura di accoglienza. Guerlin Butungu era partito in treno da Pesaro nella notte ed era diretto a Milano. Una tappa prima di espatriare e andare in Francia. Ne sono pressochè certi gli investigatori che lo stavano monitorando, seguendo le celle del suo cellulare. Lo hanno fermato mentre il treno transitava alla stazione di Rimini.
Una volta bloccato il convoglio gli uomini dello Sco e della squadra mobile di Rimini e Pesaro sono saliti e lo hanno trovato in una delle carrozze. Guerlin Butungu ha prima cercato di negare la sua identità, successivamente, il suo coinvolgimento nelle aggressioni e stupri. Il congolese era arrivato in Italia due anni fa, nel 2015, come richiedente asilo per motivi umanitari. Era stato affidato a una cooperativa di Cagli, nel Pesarese e gli era stato concesso un permesso di soggiorno con scadenza nel 2018. Ma da alcuni mesi aveva lasciato la comunità casa Freedom, facendo perdere le proprie tracce. Secondo gli investigatori, sarebbe a capo di un gruppo di minorenni dedito a furti e piccolo spaccio, tra cui i due fratelli marocchini che ieri si sono consegnati ai Carabinieri.
La conferma che Butungu era il capo, era arrivata dalla trans peruviana divenuta ormai la teste chiave dell’accusa, poichè che i due fidanzati polacchi sono rientrati in patria. La trans aveva raccontato nei dettagli l’inferno che aveva passato la notte del 25 agosto scorso, quando la banda dei quattro stupratori seriali, dopo avere lasciato le prime due vittime al Bagno 130 di Miramare, si sono diretti verso la strada statale .
Il primo a saltarle addosso dopo averla trascinata in un cespuglio, era stato uno dei due fratelli minorenni, che però era stato subito spinto via con forza da quello in canottiera, ossia Butungu che aveva ordinato “Faccio io”. Un comportamento arrogante che non era piaciuto all’altro , e tra i due c’era stata un acceso diverbio, fino a quando un altro del gruppo era intervenuto e aveva fatto capire al più giovane che non era il momento di litigare, e che doveva farsi da parte riconoscendo l’autorità del più grande. Il capo della banda era un adepto dei “Testimoni di Geova” come si evince da una lettura-analisi della sua pagina Facebook.
La svolta si era avuta nel pomeriggio di ieri, quando i più piccoli del gruppo, due fratelli di origini marocchine, già noti nella zona come baby spacciatori e per una serie di piccoli furti, si sono presentati verso le 17 alla caserma dei Carabinieri di Montecchio, in provincia di Pesaro, per confessare. Gli investigatori erano però molto vicini al loro arresto. Infatti secondo quanto lascia trapelare la Questura di Rimini, gli uomini del questore Maurizio Improta stavano intercettando il telefonino di uno dei quattro, in attesa di identificare i componenti dell’intera banda.
Agli agenti della Squadra mobile di Rimini, che sin sono allungati sino a Pesaro per riportarli indietro in Questura a Rimini, hanno confessato che ormai avevano capito di non avere scampo e che dopo aver visto le immagini delle telecamere che li ritraevano di spalle hanno deciso di costituirsi. Sono stati loro a confermare i nomi degli altri due appartenenti al gruppo. Il terzo, un congolese di 17 anni, è stato arrestato dallo Sco della Poizia, qualche ora dopo, mentre il quarto arrestato questa mattina, ritenuto il più pericoloso del gruppo era ancora ricercato.
I tre arrestati avevano raccontato alla Polizia che il congolese capo della banda, stava cercando di raggiungere la Francia, raccontando ai tre minorenni che aveva un rifugio oltre confine . La Questura di Rimini ieri aveva diffuso la sua foto, le sue generalità e soprattutto le sue impronte presenti nel circuito Schengen acquisite a suo tempo, quando ha chiesto asilo in Italia ed è andato a vivere a Cagli, nel pesarese.
Dopo averla violentata tutti una prima volta, i quattro come delinquenti consumati, si erano messi a fumare in tutta calma soddisfatti di quanto avevano fatto. Un comportamento causato probabilmente da un’alterazione provocata dall’assunzione di alcool e droga . La transessuale terrorizzata raggomitolata a terra, ha raccontato che non osava neanche guardarli, avendo capito che il suo calvario non era finito. Ed infatti, dopo aver finito di fumare, i quattro avevano ricominciato ad abusare di lei. Il trans aveva pero assimilato e fissato nella sua mente registrato ogni dettaglio: aspetto, abbigliamento, persino l’accento dei quattro. Ha raccontato nella sua testimonianza che i quattro fra di loro parlavano in italiano, probabilmente perche di nazionalità diverse. E quando se n’erano andati abbandonandola come uno straccio per terra, avevano preso la direzione versoi Riccione probabilmente diretti in stazione per prendere un treno.
“Gli ho detto di andare subito dai Carabinieri. Può capitare che uno rubi un telefonino, ma non che uno violenta una donna. Se hanno fatto una cosa del genere devono pagare“. Sono le parole al quotidiano il Resto del Carlino del padre dei due fratelli marocchini di 15 e 17 anni residenti a Vallefoglia, nel Pesarese, che ieri si sono presentati in caserma per ammettere il loro coinvolgimento nel doppio stupro di Miramare di Rimini. Grazie alle loro indicazioni è stato in seguito fermato un nigeriano 16enne e poi nella notte è stato rintracciato anche il capobanda, un congolese di 20 anni, Guerlin Butungu. Il padre, 51 anni, ha spiegato di aver riconosciuto i figli dalle foto diffuse sui giornali e che ieri il figlio 17enne è tornato a casa piangendo. “Mi ha detto che lui era con suo fratello e altri due loro amici, un congolese e un nigeriano, a Rimini. Hanno partecipato allo stupro di cui si parla da giorni”.
“La polizia polacca ringrazia i colleghi della Squadra mobile della questura di Rimini per l’azione investigativa che ha portato a cattura presunti autori stupri” . E’ quanto scrive su Twitter la Polizia di Stato italiana pubblicando un tweet delle forze di polizia polacche, che erano arrivate in Italia proprio per seguire le indagini dopo la brutale aggressione ai loro due connazionali in spiaggia a Miramare.
“L’arresto di questa mattina è stato una doppia soddisfazione perché a mettere le manette al quarto uomo sono state due donne. Un gesto simbolico che ha reso giustizia alle vittime delle violenze“. Così il Questore Maurizio Improta ha commentato con l’ ANSA la cattura che chiude il cerchio attorno al branco autore delle brutali violenze commesse poco più di una settimana fa a Rimini. “Un risultato reso possibile da un grande lavoro di squadra. L’uomo fermato questa mattina, un nigeriano maggiorenne che risulta richiedente asilo, in un primo momento è rimasto meravigliato dalla presenza dei poliziotti e ha cercato di negare la sua identità. Ma ormai era stato inchiodato“.
Nel frattempo sulla pagina Facebook di Guerlin Butungu si sono scatenate offese, minacce e contestazioni razziali nei confronti del congolese, capo del branco di stupratori.
Il ministro dell’Interno, Marco Minniti, si è congratulato con il Capo della Polizia, Franco Gabrielli, per le indagini svolte dal personale della Polizia dello Sco e della Squadra Mobile di Rimini e Pesaro. “Grazie a una complessa e articolata attività investigativa – ha commentato il ministro – sono stati individuati e assicurati alla giustizia in tempi brevi, i presunti autori di delitti così efferati“. Gli arresti “sono il frutto dello straordinario impegno che Forze dell’ordine e Magistratura stanno mettendo in campo quotidianamente e a loro va il mio ringraziamento e apprezzamento“.
Il presidente della Regione Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, ha annunciato che la Regione si costituirà parte civile al processo.