ROMA – Il decreto legislativo firmato dal Guardasigilli Andrea Orlando, inviato nelle ultime ore in gran segreto ai capi delle più importanti procure italiane, avvia la riforma delle intercettazioni. Mai più intercettazioni tra virgolette nei provvedimenti dei giudici. “Soltanto il contenuto“. Per la libertà di stampa le notizie appaiono decisamente peggiorate. Ecco il contenuto in sintesi del decreto che è stato anticipato oggi dal quotidiano La Repubblica, che dimostra come in molti non abbiano alcun rispetto per la par condicio giornalistica e vengono usati i giornalisti di “riferimento” sempre pronti a scodinzolare al ministro, politico o magistrato di turno. “Non esiste alcun testo né definitivo né ufficiale”, si è affrettato a specificare l’ Ufficio Stampa del Ministero della Giustizia senza spiegare però come sia finito quel documento nelle mani di un giornale.
Il documento del Ministero è composto da sette pagine di testo ed altrettante per la relazione illustrativa, il tutto accompagnato da una lettera di convocazione firmata dal Ministro, per la prossima settimana al Ministero di Giustizia. Il Guardasigilli Andrea Orlando il quale accelera sulla riforma delle intercettazioni per rispettare i tempi – solo tre mesi – imposti dalla legge sul processo penale entrata in vigore lo scorso 4 agosto. Questa la principale ragione per cui il ministro ha dovuto accantonare l’idea di nominare la solita commissione di esperti, ed emana un proprio testo sul quale ascolterà velocemente il parere dei capi delle procure, gli stessi che si erano già dotati di un codice di autoregolamentazione. E vedere uscire da un’importante Procura o dal Ministero quanto reso noto da Repubblica, consente di dedurre che l’iniziativa non piace a qualcuno ed allora si intende bruciarla in anticipo rendendola nota pubblicamente .
Orlando mira ad estromettere i testi delle intercettazioni dai provvedimenti dei magistrati . Sostituiti, come ordina la delega, solo da riassunti. Recita l’articolo 3 del decreto: “È fatto divieto di riproduzione integrale nella richiesta (del pubblico ministero, ndr.) delle comunicazioni e conversazioni intercettate, ed è consentito soltanto il richiamo al loro contenuto “. La stessa frase viene ripetuta per le ordinanze del gip e per quelle del tribunale del riesame. Cioè fine alle intercettazioni pubblicate dai giornali.
Stop ai virgolettati . Una chiusura radicale che si rivela per la prima volta nella lunga discussione sulle intercettazioni che ha attraversato questa legislatura. Una discussione contrassegnata da duri scontri, proprio sull’uso e la pubblicità delle telefonate, tra l’ex premier Matteo Renzi e la magistratura. Di questa riforma si parla dal 30 giugno 2014, cioè da quando il premier (all’epoca in carica) Renzi ed il ministro guardasigilli Orlando annunciarono i 12 punti della giustizia. Il testo della delega, spesso finito sotto accusa per la sua genericità, mirava a garantire la privacy delle registrazioni di chi finisce casualmente in un’indagine, i cosiddetti “terzi”, e soprattutto estromettere e “blindare” riferimenti alla vita privata. Ma Orlando questa volta è andato ben oltre oltre intervenendo drasticamente sull’uso stesso delle intercettazioni.
Eccesso di delega ? Prima del via libera del solo Consiglio dei ministri, il decreto legislativo dovrà passare il vaglio consultivo delle Commissioni Giustizia della Camera e del Senato. Da cui potrebbero arrivare (pressochè certamente) critiche su un possibile eccesso di delega, perché con un decreto legislativo, e non con una legge, si tocca un meccanismo delicato della dinamica processuale. Il Guardasigilli cambia con mezza pagina, citando i relativi articoli del codice, le vigenti regole sull’uso delle intercettazioni che oggi vengono ampiamente citate nelle misure della magistratura. D’ora in avanti non sarà più la stessa cosa. Il decreto dispone “soltanto il richiamo al loro contenuto“.
Avvocati tutelati Ci sono delle intercettazioni che non leggeremo mai più in quanto non saranno neanche trascritte e quindi finiranno in un archivio riservato al quale avrà accesso e sarà responsabile solo il pm. Sulle telefonate tra avvocato e assistito il decreto recita: “Non può essere oggetto di trascrizione, anche sommaria, e nel verbale sono indicate solo la data e l’ora”.
Il ministero che nella bozza parla anche di intercettazioni non penalmente rilevanti e colloqui tra indagato e avvocato – ha precisato in mattinata che “sta lavorando alla stesura del testo per dare doverosamente seguito nei termini e nei tempi prescritti alla legge delega” del 23 giugno 2017 sulle modifiche al codice penale, sottolineando che il contenuto “terrà conto anche del confronto prezioso e del contributo significativo di esponenti della giurisdizione, dell’avvocatura, della stampa e del mondo accademico che il ministro incontrerà, come già previsto, nei prossimi giorni”
Privacy totale. La stessa regola applicata anche per “le comunicazioni o conversazioni i cui contenuti non hanno rilevanza ai fini delle indagini, nonché di quelle riguardanti dati personali definiti sensibili dalla legge” con un’unica eccezione e cioè “quando il pm ne valuta la rilevanza per i fatti oggetto di prova“. Solo in quel caso ma “con decreto motivato ” il pm “può disporre la trascrizione “.
Un’udienza stralcio collocata dopo le eventuali misure cautelari o comunque al momento della chiusura delle indagini, consentirà ai difensori di prendere cognizione del materiale raccolto, “di esaminare gli atti e ascoltare le registrazioni“, di farne copia. Sarà quello il momento in cui la difesa potrà far valere i suoi diritti e dire quali colloqui ritiene rilevanti e da includere nel fascicolo processuale.
Incredibile ! Esiste la “norma D’ Addario” che prende il nome da Patrizia D’Addario, la escort barese che registrò le serate passate con Berlusconi a Palazzo Grazioli in via del Plebiscito a Roma. Prevista una pena fino a 4 anni per chi , “al fine di recare danno all’altrui reputazione o immagine “, riprende o registra un colloquio privato. Punibilità esclusa per il diritto di cronaca e se il colloquio serve “a fini giudiziari “.
Limiti alle cimici informatiche di stato. Limitazioni anche per i captatori informatici che permettono di “entrare” in un cellulare e utilizzarlo come un registratore in movimento. Il decreto Orlando ne limita l’uso, ai soli reati più gravi, tra cui delitti di mafia e di terrorismo. Esclusi, invece, i reati di corruzione. I Trojan informatici, sinora utilizzati con sin troppa disinvoltura, dovranno seguire le stesse regole rigide che regolano l’autorizzazione delle intercettazioni. Per il loro utilizzo il magistrato sarà a tenuto a motivare e comprovare le “ragioni di urgenza che rendono impossibile attendere il provvedimento del giudice”. Le prove raccolte dal Trojan (intercettazione informatica) non potranno “essere utilizzate per la prova di reati, anche connessi, diversi da quelli per cui è stato emesso il decreto di autorizzazione, salvo che risultino indispensabili per l’accertamento di delitti per i quali è obbligatorio l’arresto in flagranza “. Regole rigide anche per le frasi catturate “nel corso delle operazioni preliminari all’inserimento del captatore informatico e i dati acquisiti al di fuori dei limiti di tempo e di luogo indicati nel decreto di autorizzazione“.
Un passo avanti per la corruzione. “Anche se non vi è motivo di ritenere che in quel luogo si stia svolgendo l’attività criminosa “ la registrazione diventa possibile nei confronti dei corrotti nella pubblica amministrazione e negli organismi dello Stato.