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22 Novembre 2024 10:36

“La Repubblica” condannata al risarcimento dei danni per le insinuazioni sulla solidità finanziaria della Cassa degli avvocati

La Corte di Appello di Roma, ha accolto le richieste di risarcimento avanzate dalla Cassa nei confronti dei giornalisti estensori dell’articolo, del direttore responsabile e dell’editore di “Repubblica” a pagare la somma di € 80.000,00, oltre lucro cessante, interessi e spese legal. Inoltre, gli autori dell’inchiesta sono stati condannati a corrispondere alla Cassa, a titolo di sanzione pecuniaria, la somma di € 5.000,00 ciascuno.

di Valter Militi

Un sospetto grave ed allarmante si ricavava da un articolo pubblicato tempo addietro sul quotidiano La Repubblica”: che l’equilibrio finanziario della Cassa, come quello di altri enti previdenziali privati, fosse compromesso, sì da prestarsi ad un titolo ad effetto: “Le Casse sull’orlo del crac, medici, architetti, avvocati ora rischiano la pensione”.

Era il 2011 e le richieste di rettifica prontamente avanzate per riabilitare la reputazione dell’Ente, ingiustamente lesa dall’articolo in questione, caddero nel vuoto. Solo adesso, a distanza di sei anni, la Corte di Appello di Roma ha fatto giustizia di quell’incauto ed infondato giudizio, condannando il quotidiano al risarcimento di 80.000 euro nei confronti della Cassa, oltre alle spese di giudizio.E’ stato uno choc per molti nostri colleghi apprendere, da un titolo a tutta pagina, che il loro ente di previdenza, al pari delle altre casse dei professionisti, non dava più garanzia di solidità finanziaria.

Tra l’altro, in una tabella a corredo dell’inchiesta veniva stilato l’elenco degli “enti previdenziali a rischio”, con l’indicazione delle date in cui i saldi di bilancio sarebbero divenuti negativi ed in cui il patrimonio si sarebbe azzerato. I dati, tuttavia, erano totalmente fuorvianti e, tra l’altro, ampiamente superati, in quanto estratti da una relazione del nucleo di valutazione della spesa previdenziale relativa a bilanci fermi al 31.12.2006; relazione provvisoria in attesa dell’approvazione, da parte dei Ministeri vigilanti, della riforma varata dall’Ente per consolidare i conti e l’equilibrio. Non veniva dato conto del fatto che, a seguito della delibera del Comitato dei Delegati della Cassa del 19 settembre 2008, approvata dal Ministero del Lavoro il 19 novembre 2009, le proiezioni sulla sostenibilità finanziaria della Cassa erano, all’epoca dell’inchiesta giornalistica, pienamente rassicuranti.

L’ordinaria attività di verifica giornalistica, attraverso il contatto con gli uffici e la consultazione dei bilanci avrebbe consentito di rilevare agevolmente la totale assenza di rischio default, anche a lungo termine, per l’ente pensionistico degli avvocati. E così è dovuta intervenire la giustizia ordinaria per ristabilire la verità dei fatti.La Corte di Appello di Roma, con la sentenza n. 5585/2017, ha accolto le richieste di risarcimento avanzate dalla Cassa nei confronti dei giornalisti estensori dell’articolo, del direttore responsabile e dell’editore di “Repubblica” a pagare la somma di € 80.000,00, oltre lucro cessante, interessi e spese legali. Inoltre, gli autori dell’inchiesta sono stati condannati a corrispondere alla Cassa, a titolo di sanzione pecuniaria, la somma di € 5.000,00 ciascuno.

La ricostruzione della vicenda operata dal collegio giudicante è illuminante. L’articolo del quotidiano, generalizzando sugli investimenti finanziari delle varie Casse previdenziali private, tendeva a mettere in cattiva luce investimenti giudicati particolarmente avventati, nel contempo prospettando uno stato di grave difficoltà finanziaria, situazione che, al contrario, non riguardava affatto la nostra Cassa. Secondo quanto rilevato dalla Corte di Appello, “titolo e sottotitolo non trovavano alcuna corrispondenza nella realtà dei fatti ed, inoltre, il successivo testo, si rivelava maliziosamente insinuante e denigratorio, grazie al confezionamento dell’articolo stesso, da parte degli autori, attraverso accostamenti suggestionanti e scandalistici (v. riferimento improprio all’indagine della Procura che non riguardava in alcun modo la Cassa Forense ma, piuttosto ed unicamente, l’ENPAM, ente previdenziale dei medici), nonché nel contenuto e nell’uso di determinate espressioni, per fuorviare e disinformare il lettore su quello che veniva prospettato come un accertato stato di grave difficoltà finanziaria (“sull’orlo del crac“) comune a tutte le Casse professionali ma che, viceversa, non interessava assolutamente la Cassa Nazionale Forense”.

La sentenza prosegue osservando che i giornalisti, “prendendo apparente spunto dal problema della sostenibilità a lungo termine dei bilanci di tutte le Casse di previdenza privatizzate, emerso dal rapporto di una fonte qualificata, quale il Nucleo di valutazione della spesa previdenziale (con previsione di esaurimento del patrimonio prima del 2056)­ hanno divulgato, in termini di certezza, nel loro articolo, la notizia totalmente falsa ed inventata dell’imminente crac della Cassa Nazionale Forense, indebitamente avvicinata ad una indagine giudiziaria della Procura – cui l’ente previdenziale degli avvocati era totalmente estraneo – per investimenti di oltre 5 miliardi in titoli tossici (sottotitolo cubitale e ripreso nel titoletto in neretto)… e con milioni di contributi finiti pure alle Cayman (e, quindi, in paradisi fiscali)”.

A nulla sono valse le argomentazioni dell’appellata “La Repubblica” volte a mettere in luce il pubblico interesse dell’inchiesta. La Corte di Appello ha, infatti, rilevato “il carattere diffamatorio dell’articolo in questione… le espressioni, invero insinuanti, allusive e suggestive, utilizzate per descrivere la pretesa mala gestio dell’Ente previdenziale degli Avvocati, descritto falsamente sull’orlo del crac, e non giustificate in alcun modo da quello che gli appellati hanno autodefinito “il controllo democratico dei media” sull’attività di gestione della Cassa nazionale Forense”.

Riaffermando, in tal modo, la differenza tra la libertà di inchiesta e di critica, tutelata dall’ordinamento democratico, ed il travisamento e la distorsione della verità. Interessante, in punto di diritto, è la notazione della Corte di Appello in merito alla circostanza che la Cassa sia a tutti gli effetti un soggetto legittimato a chiedere il risarcimento dei danni patrimoniali e morali nel caso in cui venga diffamata, “ben potendo la persona giuridica essere lesa nella reputazione e nell’immagine (così Cass. V Sez. penale, 43184/2012) – si pensi, nella fattispecie, alla perdita di credibilità dell’ente previdenziale sul mercato finanziario nel caso di investimenti e nell’ipotesi di prestazione di servizi integrativi facoltativi per gli iscritti”.

Nella fattispecie, il danno morale è stato quantificato in 50.000 euro,tenendo conto di elementi presuntivi. quali la gravità e l’esten.sione dell’evento lesivo, con riguardo sia al vulnus arrecato alla reputazione del soggetto passivo diffamato, sia alla qualità e diffusione del veicolo mediatico di informazione e divulgazione della notizia”. Di altrettanta gravità è stata ritenuta la circostanza che il quotidiano “La Repubblica” non avesse consentito la rettifica, richiesta dalla Cassa, obbligando quest’ultima a pubblicare, a proprie spese, un comunicato stampa su altri quotidiani a tiratura nazionale al fine di smentire il contenuto dell’articolo e fugare qualsiasi allarmismo. Per questa ragione la Corte di Appello ha condannato l’appellata al risarcimento di 30.000 euro per i danni patrimoniali causati all’Ente.

La Corte d’Appello di Roma ha esaminato la questione con grande attenzione, in un periodo storico in cui il tema delle “fake news” è entrato nell’agenda della politica ed è particolarmente avvertita la necessità di stabilire un confine tra il diritto di cronaca e di critica ed il dovere di controllo e di verità: Per evitare che il valore della informazione, soprattutto quando le notizie sono – o paiono – eclatanti e vistose, e viaggiano attraverso mille canali di comunicazione, lasci spazio al disvalore della disinformazione, con il corollario di un ingiusto pregiudizio per l’immagine sociale.

 

* Vice Presidente Cassa Forense

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