ROMA – “Ma che domanda è? Me le faccia a me le domande!“. Così urlando e agitandosi in aula Fabrizio Corona si è rivolto alla pm di Milano Alessandra Dolci nel corso dell’audizione di un testimone, Marco Bonato, amico e collaboratore dell’ex agente dei “paparazzi”, nell’udienza davanti alla Sezione misure di prevenzione del Tribunale milanese, dicendo: “Ma lui non è un tecnico?” Il pm Dolci gli ha risposto a muso duro : “E’ inaccettabile, non si può rivolgere così al pm, chiedo che venga allontanato”. Bonato aveva riferito di essersi prestato a fare da intestatario fiduciario della casa poichè Nina Moric, all’epoca dei fatti, ancora moglie di Corona, “quella mattina (nel 2008 per la vicenda dei soldi falsi, ndr) al telefono mi implorò di andare a Reggio Calabria e intestarmi la casa, perché lui era stato arrestato la notte prima e lei era a casa distrutta con un bambino“.
La presidente del collegio, Gaetana Rispoli, è intervenuta per chiedere “cortesemente” a Corona di “evitare questo atteggiamento, mai visto in quest’aula“, evitando di espellere l’ex fotografo dei vip. Dopo la sfuriata, Corona ha chiesto scusa spiegando: “Sono stanco, ho 44 anni, non ho più voglia di fare le guerre, non cerco più la ribalta mediatica. Non ho una vita, perché l’ho sprecata tutta a lavorare“.
I giudici milanesi sono chiamati a decidere sul destino dei beni dell’imputato, in particolare sul sequestro della sua abitazione, dei soldi trovati nel controsoffitto dell’abitazione della sua assistente Francesca Persi e del denaro, quasi 900mila euro, trovato in due cassette di sicurezza in Austria.
Due amici ed ex collaboratori di Fabrizio Corona, l’avvocato Tommaso Delfino e Marco Bonato, sono indagati, assieme ad altre persone, dalla Procura di Locri (Reggio Calabria) per riciclaggio in relazione a una parte del denaro che venne usato quasi dieci anni fa per acquistare la casa del valore di circa 2,5 milioni di euro dove viveva l’ex agente fotografico in via De Cristoforis, a Milano, e che è stata sequestrata un anno fa.
Nell’udienza di martedì scorso l’avvocato Delfino, già coinvolto in passato in due inchieste a carico di Corona, quella per bancarotta e quella per aver fatto entrare una macchina fotografica in carcere nel 2007, si è presentato davanti alla Sezione misure di prevenzione, chiamato a deporre come teste dai legali di Corona, gli avvocati Ivano Chiesa e Luca Sirotti, e ha dichiarato di aver saputo “solo oggi e dopo 10 anni” di essere indagato nell’inchiesta di Locri. “Una tempestività imbarazzante” aveva aggiunto sarcasticamente prima di essere ripreso dal pm Dolci che gli ha fatto notare che la Procura è venuta a conoscenza dell’avviso di conclusione indagini di Locri dal difensore di Marco Bonato, che è stato sentito oggi a Milano, sempre come teste della difesa Corona.
Già nel provvedimento di sequestro dell’appartamento controfirmato dai giudici Cernuto-Pontani-Rispoli veniva spiegato che il denaro usato per comprare l’appartamento sarebbe frutto di “un’appropriazione indebita ai danni della Fenice srl“, la società in cui sarebbero confluiti i soldi della fallita Corona’s e dal cui conto corrente, nel 2008, sarebbe uscito “1 milione e centomila euro, suddiviso in 22 assegni circolari“. Assegni questi poi versati da Delfino, dietro incarico e delega dello stesso Corona, ai due ex proprietari dell’immobile Pasquale Ceravolo e Giuseppina Gallo, presunti venditori “fittizi”, i quali a loro volta avrebbero girato le somme “al pregiudicato calabrese Vincenzo Gallo, che appare così il beneficiario finale del pagamento“. Per i giudici milanesi, in sostanza, si trattò di un’operazione su cui gravavano una serie di «opacità» come il rogito effettuato proprio a Locri.
Corona con le sue lunghe dichiarazioni spontanee odierne, durate oltre un’ora, ha cercato di provare che la casa in zona Corso Como venne acquistata dalla sua società Fenice senza commettere irregolarità. E ha ribadito che le somme stellari che incassava erano sì “soldi facili, ma questo non vuol dire che fossero illeciti. Per fare un esempio, mi pagarono 76mila euro per la mia intervista in carcere. Le mie società negli anni hanno fatturato 17 milioni e ci ho pagato sopra 9 milioni di tasse, non ho portato i soldi all’Isola di Mann, io ho sempre e solo lavorato“. Dimenticando di averli portati in Svizzera ed in Austria, che è in pratica la stessa cosa.
Nella prossima udienza, fissata per il 19 dicembre, vi saranno le requisitorie del pubblico ministero e della difesa di Corona e successivamente i giudici dovranno decidere se confiscare o meno la casa ed i soldi sequestrati.