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22 Novembre 2024 06:58

Ecco la verità sulla sentenza del Consiglio di Stato sulle nomine dei musei, MarTa compreso

Come sempre abbiamo fatto delle nostre ricerche ed abbiamo scoperto che in realtà il Consiglio di Stato non ha mai dato ragione al Mibact, Ministero per i beni e le attività culturali. E' stata la rinuncia al ricorso del ricorrente depositata nel giudizio lo stesso giorno della decisione cautelare, che ha costretto di fatto il Consiglio di Stato ad estinguere il procedimento.

ROMA –  Ancora una volta i soliti “scrivani” tarantini dimostrano di non prediligere la ricerca ed approfondimento delle notizie limitandosi a pubblicare quello che gli viene chiesto o dettato di pubblicare, mentre il CORRIERE DEL GIORNO, invece, come sempre fa della ricerca, dell’acquisizione documentale la propria forza giornalistica premiata dai lettori pugliesi, che non avevano mai conosciuto questo tipo di giornalismo.

Il Nuovo Quotidiano di Puglia a firma della giornalista pubblicista Francesco Rana che vive e lavora a Taranto, ma stranamente risulta iscritta all’ Ordine dei Giornalisti del Lazio ha scritto: “Il Consiglio di Stato ha dato ragione al Mibact, Ministero per i beni e le attività culturali, Con una sentenza dello scorso 6 dicembre, discussa in udienza pubblica, sulla questione di legittimità di almeno 3 nomine su 5 di direttori di musei ad autonomia speciale. Il MarTa, Museo archeologico nazionale di Taranto, potrà contare, definitivamente, sulla direttrice, Eva Degl’Innocenti, dopo i primi due anni di lavoro e strategie di rilancio“.

Aggiunge la Rana del Nuovo Quotidiano di Puglia:Lei stessa ha informato personalmente la stampa ieri sera ed ha rilasciato dichiarazioni sull’efficacia della riforma ministeriale di Dario Franceschini, sui suoi collaboratori e sui tarantini”: “Il sostegno delle istituzioni territoriali, delle autorità civili, della comunità locale, dell’associazionismo, degli attori economici e della cittadinanza tutta mi ha dato la forza per continuare a lavorare nei momenti più difficili, rimanendo fedele agli obiettivi di eccellenza” (dichiarazioni queste ricevute via mail anche dalla nostra redazione, con allegata fotografia della Degl’Innocenti). Ma oltre al Nuovo Quotidiano di Puglia, la “bufala” è apparsa anche su  alcuni siti di informazione locale.

Eva Degl’Innocenti direttore del MarTa

Sì ora sono più serena, ma ho sempre avuto fiducia nella giustizia. Personalmente non la vivo come una vittoria personale ma come la naturale prosecuzione del progetto nato con la riforma del Ministro Franceschini, che per valore e risultati merita di andare avanti”. Queste le parole contenute nel comunicato stampa diramato da  Eva Degl’Innocenti, Direttrice del Museo Archeologico Nazionale di Taranto.

Questo il comunicato stampa con  le dichiarazioni “pre-confezionate” riprese e e fotocopiate dai giornalisti e siti locali di Taranto:

 

La nostra redazione ha scritto alla Degl’Innocenti richiedendo  la documentazione in questione, ma dal MarTa dove erano troppi impegnati a diramare comunicati stampa eccessivamente trionfalistici non ci ha risposto nessuno. Quindi abbiamo fatto come sempre delle nostre approfondite ricerche ed abbiamo scoperto che in realtà il Consiglio di Stato non ha mai dato ragione al Mibact, Ministero per i beni e le attività culturali.

Infatti nella camera di consiglio del Consiglio di Stato tenutasi in data 15 giugno 2017, erano state discusse le istanze cautelari proposte nei due procedimenti ed all’esito, previa riunione degli appelli in quanto proposti contro la stessa sentenza, la Sezione – con l’ordinanza 15 giugno 2017, n. 2472 – ha accolto le istanze stesse in base ad una valutazione comparativa degli interessi coinvolti.

In particolare, la Sezione ha ritenuto che  “il mantenimento in servizio degli originari controinteressati avrebbe loro consentito di conservare il lavoro e la retribuzione”, e che  “tali interessi fossero prevalenti rispetto a quello del ricorrente in primo grado, in quanto questi comunque ha mantenuto la propria posizione di funzionario in servizio presso una Soprintendenza.  Con una dichiarazione via pec depositata nel giudizio n. 4113/2017 lo stesso giorno 15 giugno 2017, dopo la decisione cautelare, e successivamente depositata dal Ministero in data 7 ottobre 2017, il ricorrente in primo grado ha dichiarato di voler rinunciare al proprio ricorso e ai relativi motivi aggiunti, perché non più interessato alla selezione oggetto del giudizio”.

Con una memoria datata 7 ottobre 2017, depositata nel giudizio n. 3919/2017, si legge che “la difesa dell’amministrazione (cioè del Mibact n.d.r.) ha quindi chiesto che sia dichiarata la cessazione della materia del contendere“. La Sesta Sezione del Consiglio di Stato in sede giurisdizionale  si è pronunciata sugli appelli riuniti nn. 3919/2017 e 4113/2017quindi valutata la circostanza che “ la dichiarazione depositata in Segreteria dall’originario ricorrente, ai sensi dell’art. 84, comma 4, del c.p.a., costituisce fatto univoco sopravvenuto, da cui si deve desumere la sopravvenuta carenza di interesse alla decisione della causa, pur in mancanza delle formalità richieste dai commi precedenti dello stesso articolo per la rinuncia propriamente detta” ha stabilito che “il ricorso di primo grado va dichiarato improcedibile, con conseguente estinzione dei giudizi d’appello” dichiarando improcedibile il ricorso di primo grado n. 12941 del 2015 e dichiarata l’estinzione dei medesimi giudizi d’appello, compensando le spese dei due gradi del giudizio.

Forse la Direttrice del Museo Marta di Taranto farebbe bene nei suoi comunicati stampa a raccontare tutta la verità, invece di sostenere che il Consiglio di Stato abbia dato ragione al Ministero, legittimando le nomine contestate, il cui ricorso al Tar Lazio in via cautelativa, peraltro  era stato accolto  dai giudici amministrativi.

Quindi il Consiglio di Stato non ha mai dato ragione al Ministero dei Beni Culturali, che in realtà al contrario ha dovuto incassare una sentenza contraria del Tar Lazio che ha sospeso le sue nomine.  Infatti il ricorrente Francesco Silano aveva proposto il ricorso di primo grado n. 12941 del 2015 innanzi al TAR Lazio che con la sentenza n. 6170 del 2017, aveva accolto in parte il ricorso ed ha annullato gli atti impugnati.

Eccedere nel trionfalismo , quando forse non era il caso non sempre è un’esercizio di stile istituzionale. Non crede ?

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