L’inchiesta sugli episodi di hackeraggio effettuati dai fratelli Occhionero, non ha però mai completamente accertato, quali fossero gli scopi reali per i quali i due fratelli rubassero dati. In un primo momento venne ipotizzato che volessero acquisire informazioni riservate sui grandi appalti, o investire in borsa, o ancora peggio, acquisire una mole imponente di dati sensibili collegati a personalità della politica, economia e finanza che un giorno avrebbero potuto utilizzare in qualche modo diverso. In particolare, tra gli hackerati da Occhionero “risultano elementi di vertice della massoneria italiana”, compreso il Gran Maestro Stefano Bisi, oltre a membri di logge del Goi nel Lazio. Un interesse che il gip all’atto dell’emissione del provvedimento cautelare riteneva poter essere “legato a giochi di potere all’interno del Grande Oriente d’Italia, come d’altra parte testimoniato dal tenore di alcune conversazioni” intercettate.
Gli investigatori hanno accertato che i due fratelli gestivano una “botnet” cioè una rete di computer, infettati con un malware chiamato ‘Eyepyramid‘. L’inchiesta è partita dalla segnalazione al Cnaipic dell’invio di una mail, arrivata all’ Enav, l’ Ente Nazionale Assistenza Volo, che conteneva il virus in questione, il cui codice di acquisto si ricollegava a Giulio Occhionero. Seguendo quella traccia informatica lasciata da ‘Eyepyramid’, gli investigatori avvalendosi di particolari tecniche di “criminal forensics” sono risaliti alla rete botnet che, sfruttando il malware, di fatto riusciva ad acquisire da remoto il controllo dei computer e dei sistemi informatici delle vittime, tra le quali figuravano le istituzioni ed importanti esponenti politici.
L’ingegnere nucleare Giulio Occhionero ha sempre negato di aver spiato qualcuno, e pochi giorni dopo l’arresto, in sede di interrogatorio, sosteneva di essere una vittima della Polizia Postale sostenendo con il magistrato che “Sono loro che hanno spiato me“. Nel corso delle indagini, sono state effettuate una serie di verifiche bancarie e patrimoniali sui due fratelli, in Italia ma anche all’estero, i quali pur essendo sulla carta “nullatenenti” conducevano una vita agiata e dispendiosa, nel tentativo di rimettere in piediun network di quattro società aventi sede in Regent Street a Londra, tutte formalmente inattive, ma che facevano riferimento a Giulio Occhionero.