ROMA – Il presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, Eugenio Albamonte lo ha definito “il mercato nero delle fonti” nel quale “l’informazione è costretta a stabilire un rapporto preferenziale con una o con l’altra parte del processo per avere notizie e documenti” è sintomo di un giornalismo che “potrebbe essere forzato verso una posizione piuttosto che sull’altra, mentre deve essere neutrale” parlando davanti a una platea più che interessata: i giornalisti che hanno preso parte al seminario sulla libertà di stampa, organizzato dall’Associazione Stampa Romana.
L’associazione sindacale della magistratura non si mai espressa in maniera così tanto esplicita, prendendo finalmente posizione nella battaglia contro la spettacolarizzazione delle inchieste da parte di alcuni magistrati e dei loro anche a spregio dei limiti di legge, che da tempo viene portata avanti anche dall’ Unione delle Camere Penali. “Con il giornalismo spettacolo c’è il rischio di effetti distorsivi e di cortocircuiti nell’informazione giudiziaria“, ha continuato il leader di Anm, che ha parlato davanti a una platea più che interessata e coinvolta nel suo ragionamento, cioè quella dei giornalisti romani.
Il magistrato ha successivamente evidenziato i rischi della mediatizzazione dei processi nei talk show che “possono provocare effetti distorsivi, producendo un’opinione sfalsata rispetto al procedimento giudiziario in corso” e non ha lesinato critiche a un giornalismo “borderline dove si fa credere di fare informazione e invece si fa intrattenimento, che è cosa ben diversa dal giornalismo “orientato”, che invece fa parte della tradizione italiana“.
La giustizia ha continuato Albamonte non deve essere in alcun modo confondibile con l’intrattenimento. Secondo il leader dell’ Associazione dei magistrati la cronaca giudiziaria avrebbe realmente bisogno di un maggiore approfondimento evidenziando quanto sia necessaria una “migliore comunicazione” tra giornalisti e magistrati in quanto la distorsione delle notizie ha origine da una mancata comprensione.
“La giustizia italiana si dovrebbe dotare di uffici stampa, composti da professionisti dell’informazione e da magistrati, per diramare note esplicative sulle decisioni adottate e far capire il percorso seguito nel processo. I magistrati devono lavorare sul linguaggio da utilizzare nei loro atti, che non deve essere criptico”. Albamonte ha affrontato anche un argomento “bollente” in materia di giustizia: le intercettazioni, rendendo onore e riconoscendo alla riforma Orlando (l’attuale ministro di Giustizia Andrea Orlando n.d.r.) di essersi indirizzata nella giusta e corrette direzione. “Le intercettazioni strumenti molto forti sia dal punto di vista dell’indagine giudiziaria sia dal punto di vista dell’informazione all’opinione pubblica. Negli anni abbiamo assistito al tentativo di ridurre le intercettazioni o la loro pubblicazione, ora la legge cerca di raggiungere un punto di equilibrio“. Concludendo , il presidente dell’ Anm non ha risparmiato un’ulteriore critica alla stampa italiana: la mancanza di vero giornalismo d’inchiesta.
“Siamo un Paese con una forte tradizione e una volta i capi delle Procure avevano fin troppi articoli di giornale sulla loro scrivania, oggi è il contrario” effetto questo del rapporto “privilegiato” di certa stampa con una sola parte del processo, rinunciando alla neutralità e quindi all’autonoma ricerca di notizie che è un dovere professionale . L’intervento di Albamonte si è concluso con un monito, rivolto però non solo ai giornalisti: “L’informazione sulla giustizia è una scelta strategica: è indispensabile per la giustizia e per spiegarne le dinamiche ai cittadini“.
Confessiamo che sarebbe stato divertente ascoltare questo intervento, magari in Puglia, dove il giornalismo d’inchiesta salvo rare eccezioni di qualche giornalista serio delle edizioni baresi di Repubblica e Corriere della Sera, è pressochè inesistente, e dove i giornalisti di cronaca giudiziaria spesso e volentieri diventano i “ventriloqui” dei soliti magistrati a caccia di protagonismo mediatico !