ROMA – “Come sapete e come è doveroso, mi pare che abbiamo riconosciuto con chiarezza che si tratta di una sconfitta netta, una sconfitta che ci impone di aprire una pagina nuova all’interno del Pd“. Lo ha detto ieri pomeriggio Matteo Renzi segretario del Pd al Nazareno che annuncia le dimissioni da segretario del Partito Democratico. “E’ ovvio che io debba lasciare la guida del partito democratico“, ha aggiunto.
“Avevamo detto no a un governo con gli estremisti, non abbiamo cambiato idea. Non c’è nessuna fuga. Terminata la fase dell’insediamento del Parlamento – ha detto ancora – e della formazione del governo, io farò un lavoro che mi affascina: il senatore semplice, il senatore di Firenze, Scandicci, Insigna e Impruneta“. Serve “un congresso che a un certo punto permetta alla leadership di fare ciò per cui è stato eletto. Non un reggente scelto da un ‘caminetto’, ma un segretario scelto dalle primarie”, ha aggiunto.
“Diciamo tre no: no agli inciuci, no ai caminetti: l’elemento costitutivo del Pd sono le primarie, no agli estremisti“. Renzi precisa subito che resterà in carica fino alla composizione delle Camere e alla nascita del nuovo governo. Una ipoteca “pesante” sul futuro del partito. Sarà proprio l’attuale segretario a guidare le consultazioni al Colle. E Renzi avverte: “Saremo all’opposizione, il Pd non sarà mai il partito-stampella di un governo di forze anti-sistema”. E ancora: “Da Di Maio e Salvini ci dividono tre elementi chiavi: il loro anti-europeismo, la loro anti-politica e l’odio verbale che hanno avuto contro i militanti democratici“, aggiungendo, “nessun inciucio, il vostro governo lo farete senza di noi. Provate se ne siete capaci, noi faremo il tifo per l’Italia“.
Renzi ha rivendicato i successi del governo di centrosinistra: “Siamo orgogliosi dei nostri risultati, ora riconsegnamo le chiavi convinti che di aver contribuito a creare un Paese migliore. Il nostro errore è stato non votare nel 2017″. Pone anche paletti per la scelta del prossimo segretario dem: “Non deve essere espressione di caminetti ristretti” e chiede nuovamente le primarie. “Poi cosa farò io? Il senatore semplice“.
Quindi dimissioni, ma congelate fino al nuovo governo. O a nuove elezioni. Nel partito è esploso il dissenso manifestato dal capogruppo dem al Senato Luigi Zanda: “La decisione di Matteo Renzi di dimettersi e contemporaneamente rinviare la data delle dimissioni non è comprensibile. Serve solo a prendere ancora tempo. Le dimissioni di un leader sono una cosa seria, o si danno o non si danno. E quando si decide di darle, si danno senza manovre. Quando Veltroni e Bersani si sono dimessi lo hanno fatto e basta. Un minuto dopo non erano più segretari“. Analoga l’opinione di un’altra ex-big del partito, Anna Finocchiaro: “Le dimissioni si danno, non si annunciano”. E Gianni Cuperlo: “Da Renzi, coazione a ripetere gli errori. Chiedo l’immediata convocazione della direzione“.
Renzi è stato circondato in giornata da pochi fedelissimi: Guerini, Orfini, Lotti, Bonifazi. A un certo punto è arrivata da Bolzano una raffreddata Maria Elena Boschi, tra i pochi “big” a poter vantare la propria vittoria nel collegio grazie al sostegno massiccio della Svp, che si è infilata in ascensore ammettendo che sì, per il Pd «è stata una sconfitta netta». Nella sala ingombra di telecamere, presenti anche tanti cronisti stranieri, nessun esponente del partito da dove sono presto arrivate le critiche.
Sul fronte renziano, intervengono in difesa del segretario dimissionario Anna Ascani che dice”Zanda vuole inciuci e caminetti o vuole candidarsi a segretario” seguita da Michele Anzaldi che aggiunge “Da Zanda una polemica senza senso“. Per il coordinatore, Lorenzo Guerini: “Nessuna dilazione, le dimissioni di Renzi sono verissime. Lo ha detto chiaramente in conferenza stampa: il Pd è all’opposizione, in coerenza con quanto detto in campagna elettorale da tutto il Pd. E nessuna gestione solitaria dei prossimi passaggi: lunedì prossimo faremo la Direzione nazionale e quello sarà il luogo e il momento per aprire una riflessione seria e responsabile sui risultati“. Ed il presidente, Matteo Orfini: “Alla luce delle dimissioni del segretario, ho convocato la direzione per lunedì alle 15. E dopo la direzione fisserò la data di convocazione dell’assemblea nazionale che, come previsto da statuto, dovrà recepire le dimissioni e avviare gli adempimenti conseguenti. Questo prevede il nostro statuto, che come sempre rispetteremo“.
Scende in campo anche Andrea Orlando, ministro della giustizia ancora in carica, il principale oppositore di Renzi alle ultime primarie. Ed il suo commento è chiaramente durissimo: “Di fronte alla sconfitta più grave della storia della sinistra italiana del dopoguerra mi sarei aspettato una piena assunzione di responsabilità da parte di un segretario che, eletto con il 70% al congresso, ha potuto definire, in modo pressoché solitario, la linea politica, gli organigrammi e le candidature. Invece siamo alla ormai consueta elencazione di alibi e all’individuazione di responsabilità esterne. Lo stesso gruppo dirigente che ci ha condotto alla sconfitta oggi si riserva il compito di affrontare, senza nessuna autocritica, questa travagliatissima fase per il Pd e per il Paese. Noi siamo, tanto quanto Renzi, contro i caminetti ma anche contro i bunker.“
Il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano oppositore di Renzi con la sua minicorrente di Fronte democratico, dice “Dalle sconfitte, anche quando sono annunciate e pesanti, bisogna sempre trarre insegnamento per rilanciare la propria battaglia per il bene comune. La comunità del centro sinistra esiste, è smarrita e ha bisogno di ritrovarsi e rifondarsi. Renzi punta alla sua autoconservazione, sta pensando a come rientrare in partita, non a come far rientrare il Paese in partita. Per questo finge di dimettersi“. In realtà dovrebbe dimettersi proprio Emiliano dopo la sconfitta del Partito Democratico in Puglia, che è una sua inequivocabile responsabilità