ROMA – I finanzieri del Nucleo di polizia economico-finanziaria di Palermo su delega della Procura della Repubblica di Palermo, hanno sequestrato a Antonio Ingroia e ad Antonio Chisari (revisore contabile della società) oltre 150 mila euro , per i ruoli rispettivamente ricoperti di amministratore unico e revisore contabile della società partecipata regionale Sicilia e-Servizi spa (oggi Sicilia Digitale spa), entrambi indagati per una duplice ipotesi di peculato. Il provvedimento è stato firmato dalla gip Marcella Ferrara.
Il provvedimento di sequestro preventivo su richiesta della Procura della Repubblica di Palermo è stato emesso dal gip del Tribunale del capoluogo regionale siciliano . Le contestazioni mosse agli indagati traggono origine dalla natura riconosciuta di società in house della Regione Sicilia e dalla conseguente qualifica di incaricato di pubblico servizio rivestita da entrambi.
Per il procuratore Francesco Lo Voi, l’aggiunto Sergio Demontis e i sostituti Pierangelo Padova ed Enrico Bologna, avrebbe potuto ottenere solo il rimborso dei biglietti aerei nelle trasferte da Roma (sua nuova città di residenza) verso la Sicilia.
Nell’atto d’accusa i pubblici ministeri ricordano che l’indennità di risultato ha una nuova disciplina dal 2008: prevede la liquidazione delle somme “solo in presenza di utili e comunque in misura non superiore al doppio del cosiddetto compenso omnicomprensivo”. All’epoca, il compenso omnicomprensivo riconosciuto dall’assemblea della società era di 50 mila euro.
Ingroia candidatosi con la “Lista del popolo per la Costituzione” alle ultime Politiche del 4 marzo è stato inizialmente liquidatore della società dal 23 settembre 2013, è stato successivamente nominato amministratore unico dall’assemblea dei soci, carica che ha ricoperto dall’8 aprile 2014 al 4 febbraio 2018. Le indagini avrebbero accertato che l’ ex-pm Ingroia si è “auto liquidato” il 3 luglio 2014, la bellezza di 117.000 euro a titolo di indennità di risultato per la precedente attività di liquidatore, che Ingroia si è autoassegnato per tre mesi di lavoro come liquidatore della società a capitale pubblico della Regione. in aggiunta al compenso omnicomprensivo per un importo di 50.000 euro che gli era stato riconosciuto dall’assemblea
L’auto-liquidazione indebita del suo compenso, secondo gli inquirenti, avrebbe di fatto determinato un abbattimento dell’utile di esercizio del 2013 da 150.000 euro a 33.000 euro. Nella lista delle spese che l’ex pm Antonio Ingroia si sarebbe fatto rimborsare indebitamente quando era amministratore unico della società regionale Sicilia e Servizi risultano diversi pernottamenti a Villa Igiea, un lussuoso hotel di Palermo, per cifre che arrivano anche a 2.275 euro e cene in alcuni ristoranti come quello del noto chef Natale Giunta in cui avrebbe speso 120 euro.
Sono alcuni particolari dell’inchiesta per peculato a carico dell’ex magistrato a cui oggi il gip, su richiesta della Procura, ha sequestrato oltre 151 mila euro. Secondo gli inquirenti, gli unici rimborsi che gli sarebbero spettati erano quelli relativi ai trasporti – Ingroia ora vive a Roma e per svolgere la sua attività doveva viaggiare -, mentre nessuna somma avrebbe dovuto percepire per vitto e alloggio.
Il caso Ingroia è nato dopo una segnalazione della procura della Corte dei conti, incuriosita da un articolo del settimanale L’Espresso, che nel febbraio 2015 dava conto dei rimborsi a tanti zeri di Ingroia e titolava: “Servizi e imbarazzi”
“Ho appreso dalla stampa del provvedimento emesso nei miei confronti, prima ancora che mi venisse notificato – ha fatto sapere l’ex pm Ingoria -. Comunque ho la coscienza a posto perché so di avere sempre rispettato la legge, come ho già chiarito e come dimostrerò nelle sedi competenti. La verità è che ho denunciato sprechi per centinaia di milioni di euro, soldi che solo io ho fatto risparmiare, e invece sono accusato per una vicenda relativa alla mia legittima retribuzione».
Ingroia, oggi avvocato aggiunge: “Dimostrerò come stanno le cose. Intanto continuo il mio lavoro di avvocato sempre con lo stesso impegno e nella stessa direzione: oggi sono in udienza a Reggio Calabria, nel processo `Ndrangheta stragista, come avvocato di parte civile delle famiglie dei carabinieri Fava e Garofalo uccisi nel 1994 dalla mafia e dalla `Ndrangheta, vicenda collegata con la trattativa Stato-mafia“.