ROMA – Dopo lo “schiaffone giuridico” inferto a Michele Emiliano ed i suoi avvocati “profumatamente ed inutilmente pagati con i soldi pubblici (e quindi dei contribuenti della Regione Puglia) dinnanzi al Tar di Puglia a Lecce lo scorso 7 marzo, con una sentenza che spiegava che “i provvedimenti impugnati sono provvedimenti adottati da Amministrazioni statali con sede a Roma ed esplicano effetti che non sono limitati alla circoscrizione territoriale del Tar Puglia-Lecce ma su tutto il territorio nazionale“
Oggi è arrivata la “batosta” più pesante, e cioè la decisione adottata con sentenza dalla prima sezione del Tar del Lazio ha respinto oggi , con propria ordinanza, il ricorso della Regione Puglia contro la Presidenza del Consiglio, il Ministero dell’Ambiente e quello dello Sviluppo Economico e l’Ispra per l’annullamento del decreto del presidente del Consiglio del 29 settembre 2927, relativo all’approvazione delle modifiche “al piano delle misure e delle attivita’ di tutela ambientale e sanitaria” disciplinate col Dpcm del 14 marzo 2014, e del decreto del Mise del 5 giugno 2017 “con cui e’ stata autorizzata l’aggiudicazione della procedura di trasferimento dei complessi aziendali ILVA alla Am Investco Italy limitatamente alla parte che riguarda lo stabilimento ILVA di Taranto“.
La Regione Puglia si era appellata al Tar – coinvolti e contrapposti nel giudizio Am Investco, Ilva in amministrazione straordinaria, Taranto Energia, Provincia di Taranto, il comitato di esperti nominato dal Ministero dell’Ambiente e varie associazioni – a seguito del mancato accesso (“diniego di accesso“) agli atti su ILVA da parte del Mise e del “silenzio-rifiuto” opposto dal Ministero dell’Ambiente.
In particolare, la Regione Puglia aveva chiesto di conoscere piano industriale e documentazione di piano ambientale presentati da Am Investco in sede di offerta per l’ILVA, parere del comitato di sorveglianza del 28 maggio 2017 “con cui e’ stata autorizzata l’aggiudicazione in favore di Am Investco“, contratto di trasferimento sottoscritto il 28 giugno 2017 tra Ilva in amministrazione straordinaria e Am Investco. Quest’ultima, insieme a Ilva in amministrazione straordinaria ed a Taranto Energia – la societa’ che gestisce le centrali del siderurgico di Taranto -, ha presentato una memoria parlando di “inammissibilita‘” e “infondatezza” del ricorso dell’amministrazione regionale.
I giudici del Tar del Lazio scrivono che nelle memorie presentate “non contestate in punto di fatto dalla ricorrente“, e’ stato evidenziato che sia il contratto di trasferimento che il parere del comitato di sorveglianza sono stati depositati in giudizio lo scorso 15 giugno. E questo fa ritenere al collegio del Tar “cessata la materia del contendere in virtu’ dell’intervenuto deposito spontaneo in giudizio“. Per quanto riguarda gli altri documenti di cui la Regione Puglia ha chiesto l’accesso, il Tar del Lazio “non rileva la fondatezza, allo stato, della relativa domanda“. Questo perche’, si argomenta, non sono stati forniti dalla Regione Puglia “elementi idonei a dimostrare che i richiesti piani contengano informazioni ambientali autonomamente estraibili dal contesto generale e ulteriori e diversi da quelli desumibili dal contenuto del Dpcm impugnato per la fase di merito”.
Per i giudici del collegio giudicante del Tar laziale “appare condivisibile quanto precisato nelle difese di Am Investco secondo cui le informazioni ambientali in questione concernono esclusivamente “lo stato dell’ambiente” e “cio’ che puo’ incidere direttamente sullo stesso“. Inoltre, aggiunge il Tar del Lazio, “non appare neanche censurabile la conclusione del Mise in sede di rigetto dell’istanza” poiche’ il piano industriale di Am Investco “e la correlata documentazione presentati in sede di offerta risultano documenti che esulano dalla “materia ambientale”, riguardando piuttosto aspetti tecnici, operativi ed economici concernenti l’integrale attivita’ del trasferito complesso produttivo“.
Sentenza Tar LazioIl piano, dicono ancora i giudici amministrativi, “contiene – inevitabilmente – riferimenti a processi organizzativi e metodologici riguardanti il “know-how” aziendale, le conoscenze tecniche, le esperienze operative, gli studi applicativi riferibili al settore economico di interesse, tutti elementi suscettibili di utilizzo in ambito industriale, in combinazione con altri elementi neanche oscurabili
parzialmente riguardanti le trattative con le parti sociali per profili occupazionali, la pianificazione degli investimenti, il riparto dei flussi finanziari orientati in un lungo periodo e non direttamente collegati a informazioni ambientali“.
“Alla luce dell’invocata normativa – rileva il Tar del Lazio -, la parte residua della domanda di ostensione della Regione Puglia non puo’ essere accolta,non risultando sotto tale profili illegittimi ne’ la nota del Mise impugnata, ne’ il “silenzio” opposto dal Mattm“. Il Tar laziale conclude che “essendo la questione di merito tuttora pendente” potrebbe tuttavia il collegio giudicante “provvedere ad acquisire d’ufficio l’indicata documentazione se “ritenuta imprescindibile” ai fini del giudizio di merito”
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