ROMA – Giustizia ed informazione sono due lati della stessa medaglia. Ad affrontare queste due tematiche delicate, ed allo stesso tempo scottanti, ne ha discusso nel chiostro Sant’Agostino a Paola nel ricordo di Enzo Lo Giudice (avvocato di Bettino Craxi durante la stagione di “Tangentopoli”) Nicola Gratteri, il procuratore capo e della DDA di Catanzaro, da sempre in prima linea nella lotta alla ‘ndrangheta, pungolato dalla presenza due giornalisti: Gianluigi Nuzzi e Maurizio Belpietro.
Sin dalle prime battute si è capito che non era il solito convegno intriso di parole e discorsi da salotto, anche perchè quando parla Gratteri finisce la diplomazia. Il magistrato rispondendo ad una domanda di Nuzzi sul ruolo degli avvocati, ha sostenuto che “tra alcuni avvocati e alcuni clienti l’ampiezza della scrivania si è ridotta. Permettere questo, soprattutto in ambito penale, è molto pericoloso. Ma è pericoloso non tanto per i rapporti che si creano con i clienti ma con i colleghi avvocati. Francamente, ce ne sono troppi, e troppe sono anche le cause che non dovrebbero stare in tribunale”. Ai più giovani che intraprendono la carriera di avvocato, Nicola Gratteri si è sentito di dare loro un consiglio. “Non cercate scorciatoie, non servono, fate in modo che con i vostri clienti la scrivania abbia un margine ampio”.
Lo Giudice legale di Bettino Craxi nel processo “Mani Pulite”, nato a Paola, era di formazione comunista, ma soprattutto “garantista puro” come ricorda il suo prima praticante, ora avvocato, Francesco Scrivano. Difendere il leader socialista nel tornado giudiziario messo in piedi dal pool di “Mani Pulite” dei tre magistrati Davigo-Di Pietro-Colombo, per Lo Giudice significò confrontarsi anche con il primo episodio vero in Italia di quello che oggi si definisce “processo mediatico”. Infatti da allora molte cose sono cambiate. Sulle colonne dei giornali persino un avviso di garanzia si trasformò in udienza, se non qualche volta persino in una condanna annunciata. “I direttori delle testate italiane più importanti – ha detto l’ Avv. Scrivano – si chiamavano per mettersi d’accordo sul titolo da dare il giorno dopo“. E dice la verità.
Così l’avvocato Lo Giudice scrisse parlando di “Mani Pulite”: “C’era la grossa aggressione propagandistica determinata dalla sinergia tra la stampa la televisione e le manette per demonizzare il nemico. Badi bene, coloro che erano indagati non erano visti come inquisiti ma come nemici dopo di che si aveva la condanna pubblica e generalizzata nel Paese prima ancora del processo. Questa condanna pubblica diventava talmente forte che nessun giudice avrebbe avuto il coraggio di scardinarla. Così il cerchio si chiudeva e l’accanimento giudiziario era concluso“.
“Era una grande inchiesta quella, e la cavalcammo”. “ È innegabile, sapevamo tutto il giorno prima – ha confessato il giornalista Belpietro – e molti dei nostri colleghi chiamavano a casa dei destinatari di misure cautelari domandando “scusi hanno già arrestato suo marito?”. Belpietro non difende la categoria a cui appartiene, e si assume le proprie responsabilità con grande onestà intellettuale: “Imprenditori e politici, al solo pensiero di finire sul giornale in quegli anni si tolsero la vita. Il processo si consumava ancor prima che venisse fatto l’interrogatorio di garanzia. E su questo sono d’accordo con l’avvocato Lo Giudice, si tratta di una violazione del diritto“. Gratteri invece preferisce rimarcare il binario etica-morale: “Una volta ricevere un avviso di garanzia era una vergogna. Adesso neanche ci si bada, e se le intercettazioni vengono pubblicate è anche perché il livello di educazione dei lettori è basso. Ci si interessa più del pettegolezzo che delle contingenze del reato“.
Il network delle notizie giudiziarie ha 3 punti di riferimento: la magistratura, l’ avvocatura e la polizia giudiziaria. In mezzo ci stanno i giornalisti . La necessità di nuove regole e pulizia è condivisa anche Belpietro che però mette i magistrati davanti al fatto compiuto: “Se un magistrato commette un errore nell’esercizio delle sue funzioni, non può essere semplicemente spostato, deve essere sospeso“. Ed aggiunge: “Negli altri Paesi c’è la regola dell’intralcio alla giustizia, solo da noi non si riesce a trovare un giusto equilibrio su cosa raccontare nella fase di indagine”.
Gratteri, non ha riservato sconti neanche ai suoi colleghi e bacchetta quei giornalisti “pregiudicati” che continuano a scrivere e a screditare. “Nella mia categoria – ha detto il procuratore capo di Catanzaro – bisogna fare pulizia. Così come va fatta pulizia negli organi di stampa. Ci sono cronisti con una pagina e mezzo di reati giudicati che continuano a esercitare la professione, così come quelli che scrivono per screditarmi. Ho disposto 169 arresti, il Riesame ne libera 5 e alcuni giornali dicono che l’operazione sia stata un ‘flop’”. Gratteri ha dimenticato quei giornalisti che si salvano con la prescrizione, o con i soldi pagati dall’editore alle parti lese pur di non andare a processo.
Alla domanda di Belpietro, il magistrato Gratteri sorride :”Io ministro della giustizia? Bisognerebbe chiederlo a Napolitano – continua – anche se quelli che mi vogliono bene mi dicono sempre che mi sono salvato”. Il procuratore capo della Dda di Catanzaro ha quindi ricordato quando gli chiesero aiuto per la riforma della giustizia, come dei 250 articoli scritti passò solo quello del processo a distanza. Il governo nel frattempo ha messo in archivio la legge sulle intercettazioni, quindi tutto rimane com’è. “Finché le cose stanno così – ha concluso Belpietro – anche io continuerò a pubblicare, ma se le cose dovessero cambiare non ne faccio un dramma. Si può tranquillamente continuare a fare il nostro lavoro“. E noi la pensiamo una volta come lui.