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22 Novembre 2024 09:50

L’on. Ascani (Pd) minacciata di morte per aver svelato delle “fake news”

I social network sono diventati ormai sempre di più delle fogne a cielo aperto, anche a causa della mancanza di necessari ed opportuni controlli da parte delle rispettive società, che consentono a chiunque di registrarsi usando nomi falsi, e diffamare chiunque.

di Federica Gagliardi

L’on. Anna Ascani, deputata umbra del Pd, ha denunciato alle forze dell’ordine gli insulti, minacce di morte e di essere bruciata viva,  che ha ricevuto sui social dopo aver smascherato il falso esponente democratico di Forlì, tale  Tommaso Ciarponi, che il giorno dopo la tragedia del ponte Morandi di Genova aveva pubblicato su un account Twitter un messaggio con alle spalle il simbolo del Pd in cui si diceva dispiaciuto solo perché sotto le macerie non fossero finiti e  morti anche i vice premier Salvini e Di Maio.

Il tweet del falso account era stato rilanciato più volte, indicato come esempio dell’odio verso gli esponenti dell’attuale Governo e ripreso dai soliti supergiciali giornalisti su vari giornali a caccia di notizie. Ma è bastato però un rapido e semplice controllo per verificare che al Pd di Forlì il sedicente Ciarponi nessuno lo conosceva e lo aveva mai visto, e non risultava nessuno iscrito con quel nome. Risalendo all’origine dell’account Facebook, prima di diventare “esponente Pd“, il fake Tommaso Ciarponi pubblicava continuamente i suoi “like” all’attività politica di Matteo Salvini.

Spiega la Ascani su Facebook : Ti trovi davanti a un profilo Twitter di un sedicente blogger che pubblica una serie di fake news intervallate da varie stupidaggini sull’euro e tweet poco velatamente razzisti. È il primo che ha diffuso il finto post del finto esponente PD che si augurava di trovare sotto le macerie Salvini e Di Maio. Ma non gli è bastato. Poco dopo ha pubblicato un finto screenshot con finti nomi di finti cittadini arabi che esultavano per il disastro di Genova. Ho scritto che questa roba va fermata. Taggandolo. E ho aspettato pochi secondi. Prima ha risposto lui, naturalmente.  Poco dopo ha risposto Casa Pound Italia. Qualche minuto dopo arriva lei, Francesca Totolo. Il nome vi dirà poco o nulla. Ma è la “signora” che si vantò di aver inventato la fake news dello smalto sulle mani di Josefa, la migrante unica sopravvissuta a un recente naufragio al largo della Libia. E disse che era stata pagata. Da Casa Pound.

Intervistata dal quotidiano La Nazione, l’on. Ascani ha spiegato che “Tommaso Ciarponi, se esiste, non è un militante del mio partito e questa storia è stato montata ad arte per infangarci. Ne ho chiesto conto a uno dei primi a rilanciare questa fake (di Ciarponi, ndr) e dopo di lui mi hanno risposto Casa Pound Italia e Francesca Totolo,(collaboratrice con Il Primato Nazionale, testata online legata a Casa Pound n.d.r.) . assurta alle cronache per la bufala della migrante con lo smalto salvata dal naufragio. E insieme a loro una marea di account inneggianti a fascismo e violenza. Tra cui quello che mi augura la morte e istiga a uccidermi bruciandomi viva“. La deputata umbria ha reso noto di aver consegnato tutto il materiale alle forze dell’ordine comn annessa denuncia-querela. “Quanto accaduto è una forma di violenza che viene riversata su chiunque abbia opinioni politiche differenti. Mi sento di dire di non avere paura a smascherare le tante bufale che girano sul web“.

Numerose purtroppo sono state le squallide bufale che sono girate in rete dopo la tragedia di Genova. Persino a falsa lettera del presunto padre di Marta Danisi una ragazza morta nel crollo del ponte Morandi. Una lettera piena du critiche ai governi precedenti. Piccolo particolare…  il padre della giovane Marta era morto da anni e la lettera è pressochè identica ad una pubblicata da un altro presunto padre di una vittima dell’attentato al Bataclan aParigi. Ma non solo. Sono apparse sui socialnetwork  anche numerose foto false,  girate nelle ore successive al crollo, come quella della corrosione degli stralli del ponte Morandi (in realtà è di un altro ponte che nulla a che fare con Genova), o quella del “cane eroe” trasportato da una carrucola tra i detriti che in realtà è stata scattata nel settembre 2001 a New York dopo il crollo delle Torri Gemelle.

La deputata umbra del Pd era stata protagonista nello scorso febbraio di un’altra “scoperta” e cioè della comparsa della partita Iva della consigliera regionale umbra M5S Maria Grazia Carbonari sui biglietti dello spettacolo di Andrea Scanzi a Foligno, dove il giornalista del foglio aveva  presentato il suo libro. “Una domanda semplice: come mai sul biglietto dello spettacolo di Andrea Scanzi del Fatto Quotidiano compare il nome e la partita IVA di una consigliera regionale Cinque Stelle? In campagna elettorale gli spettacoli di un giornalista ospite fisso a La7 li organizza un partito politico?”, aveva commentato Anna Ascani con un post su Facebook. Scanzi le rispose con un post su Facebook in cui andava giù duro con l’Ascani , pur ammettendo che il suo spettacolo a Foligno era stato organizzato dal Movimento cinque stelle. Peccato però che sui manifesti risulta prodotto dalla Società Editoriale il Fatto spa.

In quella occasione vi fu anche l’intervento di Maurizio Ronconi (Movimento per l’Umbria): “Necessaria anche da un punto di vista della legittimità, una valutazione da parte degli organi preposti della Regione sulla apposizione della partita Iva di una Consigliera Regionale dell’Umbria del M5S sui biglietti e sui manifesti pubblicitari di uno spettacolo tenuto dal giornalista del Fatto Quotidiano, Andrea Scanzi”. “C’è da chiarire – aggiunse Ronconise il suddetto spettacolo e il relativo compenso al giornalista sia stato liquidato con i fondi a disposizione del Gruppi consiliari oppure, visto che la manifestazione è organizzata da esponenti del M5S, la stessa faccia parte di un circuito nazionale con supposti finanziamenti indiretti allo stesso M5S”.

I social network sono diventati ormai sempre di più delle fogne a cielo aperto, anche a causa della mancanza di necessari ed opportuni controlli da parte delle rispettive società, che consentono a chiunque di registrarsi usando nomi falsi, e diffamare chiunque. Eppure basterebbe poco: chiedere in fase di registrazione un documento di identità del registrante, ed un numero di cellulare a cui inviare via SMS la password di accesso.

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