di Giuseppe Colombo*
“Di Maio ha messo su un circo, non un’azione di governo. Alla fine di questa sceneggiata si siederà al tavolo per firmare l’accordo con Mittal”. Carlo Calenda, ex ministro dello Sviluppo economico, è l’imputato numero uno del “delitto perfetto” contro l’Ilva di Taranto evocato da Luigi Di Maio. Accuse pesanti, quelle del nuovo titolare del Mise, che partono dalle criticità che sarebbero state evidenziate dall’Avvocatura dello Stato nel parere sulla validità della gara.
Di Maio parla di “delitto perfetto” compiuto dallo Stato. Non la cita direttamente, ma la gara per l’Ilva si è svolta quando lei era ministro. Si sente colpevole?
“Assolutamente no. Il delitto perfetto è quello che Di Maio ha fatto alla nostra intelligenza quando dichiara ‘la gara è illegittima ma non posso annullarla’“.
Il suo successore parla di gara “illegittima”, sostanziando questo giudizio con i rilievi dell’Avvocatura. La gara è stata viziata da errori?
“La gara è stata monitorata costantemente dall’Avvocatura dello Stato, che ha dato tre pareri, e dall’Unione europea“.
il “valzer” di dichiarazioni di Di Maio nelle ultime 48 ore (fonte: agenzia ANSA)
Scendiamo nel dettaglio delle contestazioni. Di Maio accusa il suo governo di aver impedito il rilancio dell’offerta per l’Ilva e riferisce che l’Avvocatura gli dà ragione.
“Sul tema dei rilanci il parere dell’Avvocatura, che io ho chiesto prima di Di Maio, è di una chiarezza diamantina“.
Cosa dice?
“Si rileva inoltre come l’apertura di una nuova fase selettiva, nel caso di specie, ben difficilmente potrebbe essere svolta sotto forma di rilanci’. Sufficientemente chiaro direi. A differenza di Di Maio ho pubblicato il parere, lo possono vedere tutti. Per questo dico a Di Maio di tirare fuori il parere dell’Avvocatura ora, non fra un mese”.
Diamo a Di Maio la presunzione d’innocenza. In questo caso come replica?
“Io parlo del parere che è pubblico e che è precisissimo, molto puntale. Ribadisco: il parere di Di Maio lo voglio vedere. Dato che loro sono quelli del ‘desecretiamo tutto’, come hanno detto di voler fare con le concessioni autostradali, allora lo facciano davvero”.
Insisto. Se una volta pubblico il parere confermasse le anticipazioni del ministro?
“Allora l’Avvocatura dovrebbe spiegare perché un anno fa era estremamente diretta nello spiegare perché accettare i rilanci era impossibile e ora no. Ma ripeto: qui stiamo discutendo in presenza di uno squilibrio, cioè di un parere noto confrontato con uno non noto”.
Arriviamo alle conclusioni di Di Maio: la gara è illegittima ma non si può annullare. Come giudica questa valutazione?
“Caos mentale. Tu hai chiesto un parere all’Avvocatura per sapere se la gara fosse legittima o illegittima e poi dici che la gara è illegittima e non si può annullare? A quale scopo, allora, hai chiesto il parere? La realtà è che l’Avvocatura ha scritto che lui non è nelle condizioni di annullare la gara e per questo non fa vedere il parere”.
Di Maio dice che non basta l’illegittimità dell’atto per arrivare all’annullamento della gara e parla della necessità di accertare se è stato leso l’interesse pubblico. Solo allora – è il ragionamento – si può valutare l’annullamento.
“Stesso ragionamento di prima: se l’interesse pubblico è ottemperare all’esito della gara che ragione c’è di minacciare l’annullamento? Il problema è che nel Contratto di coalizione e anche prima ha promesso di chiudere l’Ilva e convertirla. Poi al ministero si è reso conto di cosa vorrebbe dire chiudere l’Ilva anche dal punto di vista di responsabilità politica. A quel punto l’unico escamotage che gli è rimasto è quello di dire “è colpa di Calenda se devo chiudere con Mittal. E sia, purchè chiuda“.
Perché politica?
“Perché se mettesse per strada 20mila famiglie, tra Taranto e Genova, verrebbe giù il Paese”–
Cosa farà ora Di Maio secondo lei?
“Proseguirà nella sceneggiata per poter dire alla fine che è obbligato a chiedere uno sforzo in più a Mittal, che lo farà”.
Pensa che Mittal sia pronta a dare più garanzie sul fronte dell’occupazione?
“Alzerà le assunzioni da 10mila a 10.500 e darà una garanzia generica per chi resta fuori alla fine dell’amministrazione straordinaria. Sarà un accordo peggiore del nostro, che prevedeva l’assunzione immediata di 10mila persone e l’impiego di altre 1.500 in una società costituita dall’Amministrazione straordinaria che avrebbe fatto i lavori di bonifica e attività, garantite per Mittal. Inoltre abbiamo offerto un incentivo volontario all’esodo consistente in 7 anni di cassa e 100.000 euro“.
Di Maio però dice che se altre aziende volessero partecipare alla gara allora si potrebbe rifare tutto daccapo. È una prospettiva credibile?
“Le sembra una cosa seria? Serio è organizzare una cordata, come abbiamo fatto noi con AcciaItalia, che poi perse perché presentò un’offerta più debole. Il suo è un circo, non è un’azione di governo. Tu sei il ministro dello Sviluppo economico: non sai se c’è qualcuno che ha un interesse per Ilva? Dai l’ok alla gara, che tu dici essere irregolare, e poi dici “se c’è qualcuno che passa..? “Ma siamo seri”.
Insomma, alla fine Di Maio chiuderà con Mittal.
“Ma certo”.
Il ministro ha invitato Mittal e i sindacati a incontrarsi nuovamente e arrivare a un accordo. I contatti, informali, nei giorni di Ferragosto però sono stati tutt’altro che positivi. Perché si dovrebbe arrivare ora a un accordo?
“I sindacati sanno benissimo che Mittal non può assumere 13.600 persone perché ritiene di gestire l’Ilva con 9.500-10.000 persone dopo gli investimenti. Il tema è come garantire 3.600 persone, e noi avevamo fatto una proposta che raggiungeva l’obiettivo, ma su questo ho assistito a un cambio di posizioni davvero sorprendente”.
Di chi sta parlando?
“La segretaria della Fiom tuonava contro gli incentivi all’esodo quando guidavamo noi la trattativa. Ora dice che è favorevole. Alla fine faranno più di duemila esodi incentivati, che era la nostra proposta e la garanzia finale la darà Mittal in cambio di uno sconto sul prezzo, invece di Invitalia, che peraltro essendo azienda pubblica garantiva di più senza bisogno di sconti. La Fiom e la Cgil si sono rifiutati di negoziare dicendo che non eravamo più legittimati, perché quello era il loro regalo al governo che nasceva. Ora sono con la penna in bocca, pronti a firmare”.
*intervista tratta dal quotidiano Huffington Post