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23 Novembre 2024 08:51

Omicidio di Noemi Durini: il fidanzato Lucio Marzo condannato a 18 anni e 8 mesi

Una pena che sfiora il massimo di quelle che possono infliggersi ad un minore, come spiegato nel dispositivo della sentenza letto ieri mattina dal giudice per l’udienza preliminare Aristodemo Ingusci che all’omicida oggi 18enne, di Alessano, che ha compreso anche tutte le aggravanti della crudeltà, dei futili motivi e della premeditazione nell’omicidio volontario avvenuto il 3 settembre dell’anno scorso nelle campagne di Castrignano del Capo nella provincia salentina.

LECCE –  Lucio Marzo, il 18enne di Montesardo Salentino (Lecce) reo confesso dell’omicidio della sua fidanzata sedicenne Noemi Durini,15 anni, di Specchia (Lecce), uccisa il 3 settembre del 2017, è stato condannato a soli 18 anni e 8 mesi di reclusione, che sarebbero stati 28 anni senza la riduzione di un terzo della pena prevista dal rito abbreviato. Lo ha deciso ieri il Tribunale dei Minorenni di Lecce dinnanzi al quale si è celebrato il processo  con rito abbreviato.  Una pena che sfiora il massimo di quelle che possono infliggersi ad un minore,  come spiegato nel dispositivo della sentenza letto ieri mattina dal giudice per l’udienza preliminare Aristodemo Ingusci che all’omicida oggi 18enne, di Alessano, che ha compreso anche tutte le aggravanti della crudeltà, dei futili motivi e della premeditazione nell’omicidio volontario avvenuto il 3 settembre dell’anno scorso nelle campagne di Castrignano del Capo nella provincia salentina.

il ritrovamento del corpo di Noemi uccisa e seppellita selvaggiamente

I reati che hanno visto processato Lucio Marzo, che per sua stessa ammissione tramortì Noemi a colpi di pietra e successivamente la seppellì sotto alcuni massi quando la giovane ragazza moribonda respirava ancora: la soppressione del cadavere ed il porto abusivo del coltello con cui ferì alla testa la giovane ragazza. Nel processo sono confluiti anche altri tre fascicoli,  uno dei quali direttamente legato alla tragedia di Noemi: la sfuriata del suo assassino del 9 settembre, nei confronti di una macchina e di una donna dopo che il padre di Noemi lo aveva picchiato . Gli altri due fascicoli per dei reati di danneggiamento e minacce, di un furto in un centro commerciale, ed una ricettazione nonché del danneggiamento della macchina e delle minacce alla donna del 9 settembre, dopo lo scontro con il padre di Noemi  reati  per i quali il pm Carbonara aveva chiesto un anno e cinque mesi di reclusione. Una sentenza che che quindi  ha leggermente portato in ribasso le richieste della pubblica accusa.

L’accusa ha tirato fuori un’ intercettazione shock. Una frase del colloquio del 19 ottobre dell’anno scorso nell’istituto di pena per minori fra Lucio e suo padre. L’ammissione che Noemi Durini era ancora viva e respirava quando lui, allora 17enne, la seppellì la mattina del 3 settembre con le pietre prese del muretto a secco della campagna teatro degli ultimi istanti di vita della ragazza di 15 anni: “Ma il colpo…e poi i sassi che gli davo in testa…ma dopo che io ho fatto tutto…io ho messo le pietre ma lei…cercava di muoversi….però c’erano talmente tante pietre che non riusciva a muoversi. Quindi è morta direttamente“.

La frase è stata intercettata ancora prima che la tragica fine di Noemi emergesse prima dai colloqui avuti da Lucio Marzo con i consulenti incaricati dal Tribunale per i minorenni per stabilire se fosse capace di intendere e di volere al momento dell’omicidio e se fosse in grado di stare in giudizio: “Lucio conferma che Noemi era caduta. E, nuovamente, dichiara che mentre poneva le pietre sopra alla ragazza, lei diceva: Che c… stai facendo?“. Ed ancor prima che la consulenza del medico legale Roberto Vaglio spiegasse il decesso con la cosiddetta soffocazione indiretta causata dal peso delle pietre sul corpo.

La confessione al padre che Noemi era ancora viva è stata citata dal pubblico ministero della Procura per i minorenni,  nel corso della requisitoria conclusasi con la richiesta di condanna a 18 anni di reclusione. Citata per sostenere che Lucio era perfettamente consapevole che stava ammazzando la sua fidanzata,  escludendo quindi di fatto la circostanza secondo cui non è vero che non fosse capace di capire la gravità del gesto. Ma non solo nella sequenza di colpi di pietra e con la ferita in testa con la punta di un coltello che tramortirono Noemi. Ma anche nascondendole il corpo.

Il contenuto di questa intercettazione riveste un ruolo fondamentale perché consente di ritenere provata, oltre ogni ragionevole dubbio, la circostanza che Lucio fosse consapevole di provocare la morte di Noemi proprio mentre ricopriva il suo corpo di pietre” questa la tesi fornita dal pubblico ministero Carbonara al giudice del processo in abbreviato, il giudice per l’udienza preliminare Aristodemo Ingusci. ” La condotta di ricoprire il corpo di pietre – ha sostenuto  l’accusa – era sì diretta a nascondere il corpo medesimo, ma al contempo era diretto consapevolmente e dolosamente anche a cagionarne la morte. Nella piena consapevolezza che la giovane ragazza fosse ancora viva. L’imputato tuttavia cerca ripetutamente di alleggerire la propria posizione processuale, sin dal giorno in cui decideva di confessare l’omicidio e consentire il ritrovamento del cadavere. Purtroppo però gli esiti dell’autopsia fanno emergere incontrovertibilmente la chiara volontà omicida di Lucio che non si limita a rispondere agli schiaffi e ai graffi di Noemi (peraltro mai riscontrati), ma con assoluta determinazione e plurime azioni lesive ne cagiona la morte“.

Nelle tre ore della sua requisitoria  il magistrato che ha condotto le indagini avvalendosi dei Carabinieri del Nucleo investigativo della Compagnia di Tricase e della stazione di Specchia, ha ricostruito il contesto sociale e familiare in cui è maturato il delitto, ed ha così ricostruito il rapporto controverso dell’imputato con suo padre , soffermandosi sia sulla ostilità mostrata pubblicamente alla relazione con Noemi che sui tentativi che il genitore avrebbe fatto per convincere il figlio a scaricare su altri le responsabilità del delitto.

Il Tribunale ha quindi accolto le richieste del pm Anna Carbonara che aveva chiesto 18 anni per l’omicidio e un altro anno e mezzo per reati collaterali. Non sono state riconosciute le attenuanti generiche e la diminuente della minore età è stata ritenuta equivalente alle aggravanti. L’avvocato Luigi Rella difensore dell’omicida reo confesso , aveva giudicato alta la pena richiesta e chiesto una nuova perizia psichiatrica, con la nomina di nuovi consulenti, il riconoscimento delle attenuanti generiche, l’esclusione dell’aggravante della premeditazione nonché la riqualificazione del reato per cui si procedeva da soppressione del cadavere in semplice occultamento. Richieste che però non sono state accolte. Sostenendo che “Lucio sta male e ha bisogno di aiuto”  il legale ha aggiunto “leggeremo le motivazioni e capiremo“.

Lucio Marzo, 18 anni, e la sedicenne Noemi Durini
In aula alla lettura della sentenza era  presente l’imputato Lucio Marzo , ed anche Umberto Durini il padre di Noemi e sua moglie Imma Rizzo,  assistiti dagli avvocati Mario Blandolino e Francesco Zacheo. Nessuno ha gioito alla lettura del dispositivo della condanna. Il  dolore per la scomparsa di una ragazza vittima, come ha ha detto il pubblico ministero nella sua requisitoria è ancora troppo forte.  Così come troppo forte era la gelosia del fidanzato-omicida e dell’influenza negativa subita da quest’ultimo a causa dell’ostilità mostrata dal padre  della ragazza per questa relazione. Una storia assurda finita male.

La mamma di Noemi: “nessuna soddisfazione, lei non c’è più”  

Non c’è soddisfazione di nulla. Mia figlia non c’è più. Ora il suo assassino resterà in carcere per 18 anni e 8 mesi, spero che rifletta su quello che ha fatto” ha detto Imma, la mamma di Noemi. “Mi aspettavo anche 30 anni, non basta una vita per un gesto come questo“, ha commentato dopo la lettura della sentenza lasciando l’aula .

al centro Imma Rizzo la mamma di Noemi

“C’è da lavorare ancora per portare alla luce altro…“, ha detto ancora la mamma di Noemi rispondendo ai giornalisti dopo la lettura della sentenza. I genitori della ragazza, infatti, non credono fino in fondo alla versione fornita dall’ex fidanzato della figlia e ritengono che altri lo abbiano aiutato. “Io non mi arrenderò mai finché giustizia non sarà fatta – ha detto – perché ora è una giustizia a metà strada“. Le è stato chiesto se pensa che ci siano altri responsabili: “non lo sappiamo ma è tutto ancora da vedere“. è stata la risposta.

A starle accanto e sostenerla nella sua disperazione, numerose di amiche di Noemi, che ieri per ore hanno aspettato davanti al Tribunale, alcune di loro indossando delle magliette  con il volto della loro amica stampato.  “Ho ricevuto da loro tanto affetto, e tanta solidarietà mi è stata espressa anche attraverso i social. Soprattutto dalle mamme, che possono un pochino capire quello che sto passando. Io non lo auguro a nessuno, ma sono cose che purtroppo sono all’ordine del giorno. Vediamo se riusciamo a cambiare un po’ le cose“.

L’ultimo pensiero è dedicato alla figlia scomparsa.In questo momento vorrei a mia figlia Noemi che la amo. Come lei diceva sempre a me: mamma, non ti arrabbiare perché io ti amo” dice mamma Imma all’uscita del Tribunale e corre ad abbracciare le amiche della figlia, e sembra avere un forte bisogno di calore umano e sincero. Noemi non c’è più.

 

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