TARANTO – E’ stata notificata nei giorni scorsi l’avviso di conclusione d’indagini con relativa richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di Doriana Imbimbo, giornalista pubblicista, ex-staffista del Sindaco di Taranto, e dei due dipendenti comunali Paolo Spano, dirigente della direzione risorse umane, e Marianna Dell’ Erba istruttrice del provvedimento amministrativo . L’atto giudiziario porta la firma in primis del procuratore capo Carlo Maria Capristo e del suo aggiunto Maurizio Carbone.
La Imbimbo stretta collaboratrice del sindaco Rinaldo Melucci, dovrà rispondere dei reati di “falso” e “truffa aggravata“, mentre i due dipendenti comunali dovranno rispondere degli omessi controlli effettuati sul curriculum ed i presunti titoli di studio millantati dall’ex-staffista, quindi di “omissioni in atti d’ufficio“.
Il CORRIERE DEL GIORNO era stato l’unico giornale a fare istanza di accesso agli atti amministrativi del Comune di Taranto, disattesa dai dirigenti comunali , sulla vicenda relativa all’assunzione della “staffista del cuore” di Melucci, Doriana Imbimbo in cui i funzionari comunali non solo hanno ritenuto a suo tempo legittimo l’atto di nomina e l’inquadramento economico (illegale), ma successivamente si sono trincerati in un omertoso silenzio assordante che denota e manifesta la loro correità in tali illegalità.
E’ stato Francesco D’Eri, un militante di Fratelli d’Italia e del sindacato UGL Taranto, il primo a segnalarci l’illegalità di trattamento economico della “staffista” del Sindaco, “autorizzato” dalla Giunta Melucci, dopo che i soliti passacarte comunali che firmano di tutto e di più senza mai verificare nulla, non avevano effettuato alcun dovuto controllo, circostanza di cui dovranno rispondere dinnanzi al Tribunale di Taranto , come richiesto dalla Procura di Taranto che ha fatto seriamente il proprio lavoro applicando compiutamente le Leggi vigenti.
E’ stata proprio la denuncia presentata ai Carabinieri da D’ Eri, assistito dall’ex-procuratore capo di Taranto Franco Sebastio (nella sua nuova veste di avvocato) a dare corso alle indagini della Procura che hanno portato alla richiesta di rinvio a giudizio della Imbimbo, che nel frattempo attraverso il suo legale Avv. Misserini si è rivolta al giudice del lavoro del Tribunale di Taranto per opporsi alla richiesta del Comune di Taranto (che si è costituito parte civile) di restituzione dei 28 mila euro incassati grazie alla “finta” laurea dell’ex-staffista di fiducia del sindaco Melucci. La prima udienza dinnanzi al giudice del lavoro dr. Raffaele Ciquera è stata fissata per il prossimo 8 novembre.
A nulla sono quindi servite le “pressioni” di Melucci sulla dirigente comunale che successivamente aveva predisposto la determina dirigenziale richiedendo alla Imbimbo la restituzione di 28 mila euro, e neanche le rimostranze e lamentele avanzate dal primo cittadino sulla direzione di Poste Italiane società per cui lavora D’ Eri, che addirittura venne convocato dal direttore della Filiale di Taranto Giuseppe Erario e dalla responsabile regionale Pasqualina La Centra. Inutilmente e causando anche l’irritazione dei vertici di Poste a Roma , informati dell’accaduto, che non hanno condiviso e tantomeno apprezzato il comportamento dei propri dirigenti pugliesi, che peraltro ignoravano persino che D’Eri esercitasse le finzioni di sindacalista proprio nel settore delle comunicazioni.
Assordante il silenzio dei soliti scribacchini e pennivendoli tarantini, adulatori della “generosa” giunta comunale, ed in particolar modo delle “mancette” pubblicitarie elargite dalla Giunta Melucci , i quali non si sono mai accorti di nulla…. e quando lo hanno scoperto (ad eccezione di Taranto Buona Sera e Telenorba) hanno tutti taciuto sulla vicenda ? Non ci resta che stendere un velo pietoso di sdegno su questa “omertà” , perchè questo comportamento per noi del CORRIERE DEL GIORNO non è “giornalismo”. Certi “pennivendoli” infatti sono bravi solo a pubblicare notizie (o meglio fotocopie) giudiziarie, dilettandosi nella solita saccente ed ignorante analisi tecnico-legale. Loro vivono solo di “mancette” pubblicitarie
L’indimenticabile magistrato Giovanni Falcone sosteneva che “il silenzio è mafia“. Ed aveva ragione. E la “mafia” più pericolosa nei nostri tempi è proprio quella politica che conta sull’omertà della stampa e la connivenza dei dipendenti pubblici. Come i fatti di Taranto dimostrano ancora una volta nel loro squallore.