ROMA – La Procura di Roma ha chiesto il rinvio a giudizio per 7 persone indagate nell’ambito dell’inchiesta Consip, fra i quali l’ex ministro dello Sport, Luca Lotti; l’ex comandante generale dell’Arma, Tullio Del Sette; il comandante della Legione Toscana dei Carabinieri, Emanuele Saltalamacchia; e di Gianpaolo Scafarto ex-ufficiale dei Carabinieri del Noe ed oggi assessore alla Sicurezza di Castellammare di Stabia, accusato di aver “truccato e depistato” l’inchiesta al fine di “incastrare” Tiziano Renzi, papà dell’ex segretario del Pd, ed ora senatore, Matteo Renzi.
Proprio per Tiziano Renzi il procuratore Giuseppe Pignatone, l’aggiunto Paolo Ielo e il pm Mario Palazzi hanno chiesto l’archiviazione perché “a prescindere dalla sua inverosimile ricostruzione dei fatti (…) non vi sono elementi per sostenere un suo contributo nel reato” di traffico illecito di influenze.
Sul traffico di influenze illecite che coinvolgeva Tiziano Renzi rischia il processo anche il faccendiere di Scandicci, Carlo Russo il quale secondo la procura romana avrebbe “abusato del cognome di Renzi” mentre parlava al telefono di appalti e mazzette con l’imprenditore Alfredo Romeo . Russo per questo motivo viene accusato di millantato credito. L’ex ministro Lotti, il generale Saltalamacchia, e Filippo Vannoni l’ex presidente di Publiacqua Firenze, vengono invece accusati di favoreggiamento.
L’iscrizione di Lotti sul registro degli indagati risale al 21 dicembre del 2016, il giorno dopo l’audizione, davanti ai pm di Napoli, John Woodcock e Celeste Carrano, nella quale l’ex ad di Consip Luigi Marroni, il grande accusatore dell’inchiesta, aveva ammesso di aver saputo dall’allora ministro dell’indagine in corso sulla centrale acquisti della pubblica amministrazione. Il fascicolo passò subito a Roma per competenza e il 27 dicembre Lotti si presentò a Piazzale Clodio per essere sentito dagli inquirenti.
Il generale Del Sette è accusato di rivelazione del segreto istruttorio. L’ex presidente Consip, Luigi Ferrara, è accusato invece di false informazioni ai pm per aver mentito durante un’audizione. Ad incastrarli la testimonianza , secondo i magistrati, di Luigi Marroni, l’ ex amministratore delegato della Centrale acquisti della pubblica amministrazione che ha ammesso di aver fatto rimuovere le cimici dagli uffici della Consip “perché ho appreso in quattro differenti occasioni da Vannoni, dal generale Saltalamacchia, dal presidente di Consip Ferrara e da Lotti di essere intercettato“.
Marroni poi elenca dettagliatamente, date, nomi e cognomi: “A luglio 2016 durante un incontro Luca Lotti mi informò che si trattava di un’indagine che era nata sul mio predecessore Domenico Casalino e che riguardava anche l’imprenditore campano Romeo. Delle intercettazioni ambientali nel mio ufficio l’ho saputo non ricordo se da Lotti o da un suo stretto collaboratore“. I pm hanno ritenuto credibili le dichiarazioni di Marroni e per questo tutti i citati rischiano di finire a processo.
Secondo il capo d’imputazione, Gianpaolo Scafarto ex-ufficiale dei carabinieri del Noe avrebbe rivelato al giornale “Il Fatto Quotidiano” notizie coperte da segreto, Inoltre su richiesta del colonnello Sessa “al fine di non rendere possibile ricostruire le chat WhatsApp provvedeva a disinstallare sul cellulare di Sessa l’applicazione“.
Nell’ultimo capitolo delle indagini concluse dai magistrati romani figurano gli ex Noe, Gianpaolo Scafarto ed Alessandro Sessa. A Scafarto la procura ha contesta i reati di “falso”, “rivelazione di segreto” e “depistaggio” , a Sessa il solo “depistaggio”. Scafarto secondo i pm avrebbe redatto un’informativa “alterata” con l’obbiettivo di “arrestare” Tiziano Renzi a cui fu attribuita una telefonata con Romeo nella quale, in realtà, al telefono era il suo consulente ed ex-deputato Italo Bocchino. Lo stesso Scafarto all’epoca dei fatti maggiore dei Carabinieri del NOE avrebbe dato conto, senza alcuna prova, di un’intromissione dei Servizi Segreti nell’indagine.
Anche qui lo scopo voluto era sempre lo stesso: provare il coinvolgimento nell’indagine della famiglia Renzi . All’epoca Matteo Renzi guarda caso…era presidente del consiglio.