PALERMO – In arrivo un vero e proprio “terremoto” nei clan della mafia siciliana. Francesco Colletti e Filippo Bisconti, componenti della ricostituita Cupola mafiosa, i quali hanno resistito nel carcere, veramente molto poco, meno di un mese, prima di decidersi a collaborare con la giustizia come pentiti, ed hanno svelato i nomi di decine di boss ma sopratutto dei loro complici sino a quel momento insospettabili. Il primo effetto si è avuto all’alba di questa stamattina, intorno alle 4 quando la Procura di Palermo guidata da Francesco Lo Voi ha fatto scattare un provvedimento di fermo disposto dall’ Autorità Giudiziaria. Un vero e proprio “blitz” che ha portato in carcere sette mafiosi della nuova generazione, alcuni dei quali portano cognomi importanti.
Il provvedimento firmato dai sostituti della Direzione distrettuale antimafia Francesco Gualtieri, Amelia Luise, Francesca Mazzocco, Roberto Tartaglia, e dal procuratore aggiunto Salvatore De Luca di fatto apre una nuovo crepa sui segreti dell’associazione mafiosa, che ha cercato negli ultimi mesi di ricostituire la commissione provinciale. Infatti la riorganizzazione è stata bloccata all’inizio di dicembre, dall’ “operazione Cupola 2.0” dei Carabinieri del Comando provinciale di Palermo guidato dal colonnello Antonio Di Stasio, che ha mandato in carcere 47 persone, fra i quali c’erano Colletti e Bisconti.
L’omertà del primo è crollata proprio alla vigilia di Natale; dieci giorni fa ha ceduto il secondo. Entrambi non avevano molte altre possibilità di scelta. Le loro conversazioni intercettate dalle microspie installate in carcere, avevano già causato parecchi danni. Colletti aveva addirittura raccontato al suo autista e guardiaspalla della riunione della Cupola, facendogli tanto di nomi ed indicando i luoghi degli incontri. Un pò troppo per aspirare di poter diventare il “padrino” di un’organizzazione segreta come la Mafia siciliana.
Colletti e Bisconti nelle loro conversazioni intercettate, e successivamente con il loro pentimento, hanno confermato che il 29 maggio scorso i capi dei mandamenti di Palermo si sono riuniti per un’assemblea plenaria. “Lo Piccolo in rappresentanza di Tommaso Natale; Greco per Ciaculli; Mineo per Pagliarelli; Gregorio Di Giovanni per Porta Nuova. Colletti per il paese di Villabate; Bisconti per Misilmeri. Non c’era nessuno per Santa Maria di Gesù e Resuttana”
I Carabinieri del Reparto Operativo di Palermo hanno arrestato Leandro Greco 28 anni è già il reggente del mandamento di Ciaculli, nipote del “Papa” della mafia, cioè Michele Greco ,si chiama Leandro, figlio di Giuseppe, il regista . Diventato reggente come lo era suo nonno. E si faceva chiamare proprio con il nome del nonno: Michele.
In carcere è finito anche Calogero Lo Piccolo, 47 anni, il figlio di Salvatore Lo Piccolo, ritenuto il signore del “racket” rinchiuso in carcere dal 2007 dove sconta una condanna all’ergastolo . I due “rampolli” delle cosche, Greco che risulta incensurato, e Lo Piccolo scarcerato dopo una condanna per mafia, avevano stretto una forte alleanza utilizzando i rispetti i cognomi di “peso” per cercare di rilanciare “Cosa nostra“, organizzazione che è stata duramente colpita negli ultimi anni da blitz e sequestri di beni economici, finanziari e patrimoniali. Tutto sotto il benestare e la benedizione di Settimo Mineo, arrestato all’inizio di dicembre, l’anziano della “Cupola” .
Il blitz della scorsa notte che ha visto operare in collaborazione l’ Arma dei Carabinieri e la Polizia di Stato , ha consentito alla Squadra mobile di Palermo di fermare quattro dei “fedelissimi” di Lo Piccolo: Giuseppe Serio, Erasmo Lo Bello, e gli imprenditori Pietro Lo Sicco e Carmelo Cacocciola.
Agli arresti è finito anche Giovanni Sirchia il capo della “famiglia” di Passo di Rigano, che avrebbe fatto da padrone di casa ai capimafia quando il 29 maggio scorso, dopo la morte del capo dei capi, Salvatore Riina, si erano incontrati per la prima riunione della Commissione provinciale .
Una riunione che non si teneva dal gennaio 1993, cioè dai giorni dell’arresto di Riina. Perché solo al capo dei capi spettava il potere di convocazione. “Se non muoiono tutti e due luce non se ne vede”, diceva un mafioso nei giorni in cui Riina e il suo socio di sempre, Bernardo Provenzano, stavano già male.
Il nuovo corso di Cosa nostra è durato molto poco. I due “pentiti” Colletti e Bisconti hanno però messo in allerta gli inquirenti e gli investigatori sostenendo che l’organizzazione si è infiltrata e radicata in modo pericoloso nel tessuto imprenditoriale che muove l’ economia palermitana. Incredibilmente non sono i mafiosi a fare il primo passo: le indagini svelano che a cercare contatti con i boss sono proprio gli imprenditori, commercianti e professionisti.
Tutto ciò come scrivono colleghi siciliani che si occupano da sempre di mafia, Cosa nostra è tornata alla vecchia attività di un tempo: la mediazione. Per chiudere controversie, rilanciare affari, fare incontrare pezzi di città molto diversi fra loro. E’ questa la Mafia 2.0. Fra tradizione e modernità. Il prototipo del nuovo “boss” è raffigurato da Filippo Bisconti: una laurea in architettura in tasca, faceva l’imprenditore, e lo si incontrava spesso nel locale gestito dai suoi familiari, la “Birroteca Spillo”, uno dei pub più frequentati di Palermo.