ROMA – Il procuratore generale della Corte d’Appello di Roma Giovanni Salvi, nella sua relazione sull’anno giudiziario, ha posto il tema della “questione migratoria” grazie anche alla sua precedente esperienza professionale come capo della procura di Catania, e prende le distanze dalla politica “securitaria” dell’attuale Governo: “La gravità delle conseguenze delle migrazioni non regolate si riflette anche nell’espandersi dell’intervento penale, che dovrebbe restare ultima ratio…Politiche migratorie chiare e rispettose dei principi affermati dalle Convenzioni internazionali potrebbero prevenire il ricorso alla sanzione penale nei settori diversi dalla punizione dei trafficanti di esseri umani” e sui migranti aggiunge “nessuna vera politica di sicurezza e legalità può basarsi sull’esclusione e sulla discriminazione. Nessuna politica di sicurezza degna di questo nome può fondarsi sulla marginalizzazione, sulla spinta alla clandestinità e al lavoro nero, quando non all’illegalità quale mezzo di sostentamento. Solo politiche di inclusione hanno un reale ritorno, rendendo le nostre città sicure e arricchendole del contributo di lavoro e di diversità culturale di centinaia di migliaia di futuri cittadini”.
Salvi ha affrontato anche altri temi affermando: “No a verità di comodo” sui casi Cucchi e Regeni, spiegando che la magistratura romana sta facendo tutto il possibile per riuscire ad individuare i responsabili della morte del ricercatore Giulio Regeni, sequestrato, torturato e ucciso nel 2016 in Egitto al Cairo , e vuole fare chiarezza sulla vicenda di Stefano Cucchi, pestato in una caserma dei Carabinieri e poi morto nel 2009 all’Ospedale Pertini di Roma sei giorni dopo essere stato arrestato per droga.
Il procuratore generale Giovanni Salvi si è soffermato anche su questo: “La procura di Roma ha profuso molti sforzi nel tentativo di assicurare alla giustizia i torturatori e assassini di Giulio Regeni. Essi hanno sin qui ottenuto, quanto meno, che non si accettassero verità di comodo. Con la stessa determinazione – ha aggiunto – la Procura di Roma ha investigato sulla morte di Stefano Cucchi, avvalendosi dell’opera di alta qualità professionale della Polizia di Stato. Anche la Procura Generale ha contribuito a questo impegno, nei giudizi di appello e ricorrendo in Cassazione ove la decisione appariva non soddisfacente ai fini del complessivo accertamento della verità. Su questa strada si andrà avanti in ogni grado di giudizio. Sono condivisibili, segno di un impegno comune, le sofferte parole del Comandante generale dell’Arma, Giovanni Nistri, il quale ha affermato che attraverso la “verità perseguita ad ogni costo” e superando “un silenzio durato troppo a lungo“, i Carabinieri continueranno ad essere un punto di riferimento, esempio di rettitudine, integrità e senso del dovere“.
Il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone nel suo intervento nella sede della Corte di Appello di Roma ha sottolineato che “secondo me, continuo a dirlo, il problema principale di Roma è la corruzione” e parlando dell’attività di contrasto della criminalità organizzata nella Capitale ha aggiunto: “I clan erano ben noti a tutti, secondo me sono importanti le sentenze perchè offrono degli strumenti di contrasto a forme di estrema pericolosità, che se esaminate in modo parcellizzato non consentono di cogliere la pericolosità del fenomeno e di adottate strumenti di contrasto adeguati. Credo che il nostro sforzo debba essere sulla cifra fondamentale della Capitale, la complessità. La procura ha 16 gruppi di lavoro e nessuno può essere lasciato in favore di altri. Il nostro sforzo è stato quello di far fronte a questa complessità“.
Un intervento, quello di Pignatone, seguito con la massima attenzione ed emozione da parte dei presenti , considerazione che il procuratore tra qualche mese lascerà il suo incarico: “Aspettiamo il mese di maggio ma intanto colgo l’occasione per ringraziare i colleghi e il personale di questi uffici. Noi siamo con l’acqua alla gola, è un miracolo che si raggiungono i risultati nelle condizioni date. I buchi del sistema amministrativo sono parte significativa di quello che poi diventa prescrizione. La Procura sente come suo primo obiettivo quello della tutela del cittadino. Il primo di ringraziamento va ai giudici, se la Procura ha raggiunto dei risultati è grazie a loro”.
Roma tra le città più sicure. Crollati gli omicidi : Nella relazione del procuratore generale Salvi emerge il dato che “Roma, lo scorso anno, ha registrato una drastica riduzione degli omicidi volontari, appena 10, quando nel 2015 erano stati 20. Nel circondario di Roma vi è stato negli ultimi anni una drastica diminuzione degli omicidi, che ha portato la Capitale a livelli davvero inimmaginabili qualche anno addietro e che hanno pochi paragoni nelle grandi città del mondo intero. Secondo i dati forniti, si è passati dal già basso numero di venti omicidi volontari nel 2015 a dieci nell’anno 2018. Ancora più rilevante appare, poi, la proporzione con gli omicidi di donne, che rimangono invece sostanzialmente stabili dal 2015“.
Aumentano a Roma i casi di violenze sessuali e gli adescamenti di minori sul web. I procedimenti nell’ultimo anno stati 789 rispetto ai 633 del 2017 e sono cresciuti infatti del 24% . Aumentano anche le ipotesi di violenza sessuale di gruppo: salite da 11 a 19. Permane alto l’allarme anche per la pedopornografia: 200 i casi emersi nel 2018, mentre aumentano gli adescamenti di minori sul web con 117 procedimenti rispetto ai 99 del 2017 (+18%) . Lo stalking è l’ unico fenomeno in calo :nel 2018 vi sono stati 1061 casi rispetto ai 1360 del 2017 (-3 6%)
Il presidente della Corte d’Appello di Roma, Luciano Panzani ha evidenziato nel suo intervento un aumento del sovraffollamento delle carceri di Roma e del Lazio, che “è rilevante ed in linea con gli anni precedenti la quota di detenuti stranieri. Analizzando i dati come risultano dalle elaborazioni nazionali del Dap, aggiornati al 31 dicembre 2018, il rapporto fra detenuti presenti e quelli previsti dalla capienza regolamentare è ulteriormente cresciuto da 117 a 124 e a livello di distretto, è superiore a quello nazionale (124 nel Lazio contro il valore di 118 del territorio nazionale). In dieci su 14 istituti penitenziari del distretto il rapporto è superiore a 112 ed è in peggioramento rispetto al periodo precedente”
Panzani che si è complimentato per la sentenza del processo “Mafia Capitale” arrivata a tempo di record, ed ha inoltre espresso un giudizio positivo sull’impegno del Governo in tema di Giustizia ribadendo però che “l’apparato è fragile e che ogni riforma legislativa, specie quelle che incidono sul rito, impiega qualche anno ad andare a regime prima che si formino interpretazioni consolidate“. Una preoccupazione infine è la prescrizione considerata però “una riforma positiva, perché in linea di principio una volta che vi è stata pronuncia di primo grado, non vi è motivo perché lo Stato rinunci alla pretesa punitiva“.
“Rispetto agli anni precedenti continuano ad aumentare i detenuti presenti, da 5.744 (dato del 30/11/2015) agli attuali 6.534 (+14% in quattro anni), con conseguente peggioramento della capienza regolamentare, da 109,2 a 124,3. Quanto ai detenuti stranieri – ha concluso il presidente della Corte d’Appello della Capitale – “negli istituti laziali erano 2.624 (definitivi e non), e cioè pari a circa il 40% del totale, ed in diversi istituti, rappresentano la maggioranza dei detenuti presenti (Regina Coeli, Civitavecchia NC, Rieti e Viterbo)“,