Si è svolta oggi l’udienza dinanzi al Gup dr.ssa Vilma Gilli del tribunale di Taranto relativa all’inchiesta per disastro ambientale a carico del vertice e dei dirigenti tarantini dell’ ILVA, che è iniziata con l’interrogatorio di Pierfrancesco Palmisano, un funzionario della Regione Puglia, accusato di rivelazione di segreti d’ufficio per il rilascio all’ILVA dell’ AIA (l’ Autorizzazione integrata ambientale) del 4 agosto 2011. Il funzionario regionale ha chiesto di essere interrogato si è difeso affermando che, all’epoca della Conferenza dei servizi, in cui rappresentava la Regione Puglia in quella sede, egli sostenne il progetto di installazione di barriere per i parchi minerali, e che non intendeva escludere in alcun modo un’ ipotesi di copertura degli stessi parchi, e pertanto il suo comportamento non voleva favorire in nessun modo l’ ILVA.
La Procura della Repubblica di Taranto ha chiesto nell’udienza preliminare odierna al Gup la trasmissione al proprio ufficio degli atti riguardanti alcune morti da presunto inquinamento, non trattate nel procedimento in corso, sulla base della costituzione di parte civile dei famigliari delle persone decedute. Tale iniziativa è stata avanzata in aula direttamente dal procuratore capo della Repubblica di Taranto, Franco Sebastio. Tale richiesta, come ha spiegato Sebastio ai giornalisti durante una sospensione dell’udienza, è stata fatta per verificare l’eventuale sussistenza di estremi necessari per poter aprire un nuovo procedimento penale per delle eventuali responsabilità accertate per i decessi accaduti.
Il pm Raffaele Graziano della Procura di Taranto discutendo nel corso dell’udienza preliminare dell’inchiesta per disastro ambientale a carico dei vertici dello stabilimentoILVA di Taranto ha sostenuto la presenza attiva di “un modello organizzativo insicuro” sia dal punto di vista della tutela ambientale, che della prevenzione di incidenti rilevanti e dell’igiene e sicurezza sul lavoro .
Graziano lo ha affermato facendo riferimento alle violazioni amministrative addebitate dalla Procura della Repubblica alle tre società imputate nel processo, cioè l’ ILVA spa, la RIVA Fire e RIVA Forni Elettrici. Il pm esponendo le proprie tesi accusatori ha ricordato anche delle presunte responsabilità dei vertici aziendali per due morti ‘bianchè, cioè quella dell’operaio Claudio Marsella che il 30 ottobre 2012 rimase schiacciato da un locomotore mentre lavorava nel reparto movimento ferroviario, e quella di Francesco Zaccaria che il 28 novembre 2012,in presenza di un tornado di vento, morì tragicamente restando bloccato all’interno della cabina in cui stava lavorando da un’altezza di circa 60 metri, e che finì in mare.
Il pm dr. Remo Epifani della Procura di Taranto, discutendo anch’egli, nel corso dell’udienza preliminare, svoltasi nel capoluogo ionico per il procedimento per il disastro ambientale causato dal Siderurgico, ha sostenuto che Nichi Vendola, presidente (uscente) della Regione Puglia, nel giugno 2010 sarebbe stato a dir poco “imbestialito” nei confronti di Giorgio Assennato, il direttore generale di Arpa Puglia, per un atteggiamento troppo rigido dell’Agenzia regionale per l’ambiente, adottato nei confronti dell’ ILVA.
Nel procedimento in corso Vendola è imputato di “concorso in concussione aggravata” responsabile secondo la Procura, di aver cercato di “ammorbidire” e quindi condizionare il comportamento rigoroso di Assennato sul dovuto rispetto delle normative ambientali da parte dell’ILVA, che venivano sempre aggirate e disattese dai Riva. Interrogati anche altri esponenti politici e dirigenti, sulle supposte pressioni su Assennato, fra i quali anche gli attuali assessori della Regione Puglia Lorenzo Nicastro (all’Ambiente) e Donato Pentassuglia (alla Sanità), il quale, quest’ultimo all’epoca dei fatti ricopriva la carica di presidente della CommissioneAmbiente regionale. Ascoltato dai giudici anche l’ex assessore regionale Nicola Fratoianni, successivamente eletto deputato di Sel. Tutti hanno negato cercando di sminuire quanto accaduto, ma conseguentemente la Procura ha chiesto nei loro confronti un processo per “favoreggiamento“.
La Procura tarantina ha quindi richiesto il rinvio a giudizio anche per Gianni Florido l’ex presidente della Provincia di Taranto, che venne arrestato nel maggio 2013 con l’ accusa di “concussione” per aver fatto delle minacce e pressioni su due dirigenti dell’ente provinciale per indurli a favorire il rilascio delle autorizzazioni per una discarica per rifiuti speciali in ILVA.
Il pm Epifani ha ricordato che il 22 giugno 2010 Vendola organizzò una riunione con dirigenti regionali, assessori e Girolamo Archinà (allora dirigente ILVA) , incontro al quale avrebbe dovuto partecipare anche Assennato, ma invece costui venne estromesso e lasciato fuori dalla stanza. Secondo l’accusa, Vendola in quella riunione avrebbe detto tra l’altro che “così com’è Arpa Puglia può andare a casa perché hanno rotto…”.
Fu infatti proprio Archinà – ha aggiunto il pm Epifani – ad informare telefonicamente alla direzione dell’ ILVA, venendo intercettato, che Vendola in quella riunione si era “imbestialito con Assennato“. Epifani prima di affrontare la posizione di Vendola, ha discusso sul ruolo dell’ex Presidente della Provincia di Taranto, Gianni Florido il quale risponde di “concussione per induzione“, affermando che negli uffici della Provincia, Girolamo Archinà “spadroneggiava” ed “era di casa“.
Sulla vicenda di presunta corruzione tra Archinà e Lorenzo Liberti all’epoca dei fatti, siamo nel 2010, consulente tecnico della Procura di Taranto, che risulta accusato peraltro di “corruzione in atti giudiziari”, discutendo nell’udienza preliminare svoltasi a porte chiuse per disastro ambientale a carico dei vertici ILVA, il pm Remo Epifani riferendosi al presunto episodio di corruzione, ha detto: “Sia chiaro: Archinà ha consegnato i 10mila euro a Liberti, non all’arcivescovo” .
Secondo la tesi dell’accusa, Archinà consegnò il 26 marzo 2010 a Liberti, in una stazione di servizio ad Acquaviva delle Fonti (Bari) dell’autostrada Taranto-Bari una busta contenente la somma di 10mila euro in contanti come “incentivo” a falsificare il contenuto di una consulenza tecnica affidatagli dalla Procura sulle emissioni di diossina dallo stabilimento ILVA.
Il passaggio di busta, ha precisato il pm, sarebbe stato visto , chiaramente, anche da un’addetta al bar della stazione di servizio, mentre la difesa di Archinà (avv. Gianluca Pierotti) ha sempre sostenuto che in quella busta invece ci fossero solo documenti, e che i 10mila euro che risultavano essere stati prelevati dalle casse tarantine dell’ILVA, in realtà sarebbero stati donati dalla famiglia Riva alla Curia arcivescovile di Taranto.
L’udienza è stata aggiornata al 12 marzo prossimo.