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23 Novembre 2024 01:28

Giulia Ligresti: “Mi mancano lo yoga e le compagne di cella. Quanta umanità in carcere. Aiuterò i bimbi in India”

Pochi giorni dopo la sentenza che l'ha assolta dalle accuse di falso in bilancio e aggiottaggio, Giulia Ligresti si è raccontata parlando della sua vita in carcere, un fiume in piena di emozioni e sentimenti

di Antonello de Gennaro

Giulia Ligresti

Ci sono casi  in cui la fallibilità della giustizia diventa eclatante se non vergognosa. Per 6 anni Giulia Ligresti, figlia dello scomparso costruttore Salvatore, è stata ritenuta colpevole con sentenza definitiva, con cui un giudice di Torino ha accolto la sua richiesta di patteggiare 2 anni e otto mesi nell’ambito del crac della Fonsai, la compagnia assicurativa di famiglia.

Nel 2017 Giulia Ligresti chiese alla Corte d’appello di Milano la revisione della sentenza di patteggiamento affermando che l’intreccio dei procedimenti giudiziari sul caso Fonsai aveva portato a pronunce da considerare favorevoli alla donna. La difesa, a questo proposito, sottolineava che nel capoluogo lombardo ci sono stati dei proscioglimenti, ma la Cassazione ha respinto il ricorso.

La corte d’appello di Milano adesso ha revocato quel verdetto,  cancellandolo di fatto, perché lo scorso 29 ottobre 2018,  suo fratello Paolo Ligresti è stato assolto per gli stessi fatti dalla Corte di Cassazione. Nel nostro ordinamento non possono essere tollerati un innocente e una colpevole per le stesse accuse,  e quindi un mese dopo appurato il contrasto della sua sentenza con quella favorevole a suo fratello Paolo ai magistrati non è restato altro che prenderne atto restituendo a Giulia una fedina penale” cristallina”. ed ha quindi potuto lasciare il carcere femminile di San Vittore.

Non è l’unica assurdità in questo vicenda giudiziarie perché il 19 ottobre, dieci giorni prima della sentenza favorevole a suo fratello, Giulia era finita in carcere diversi anni  dopo la sentenza,  per quella prassi dei tribunali di Sorveglianza a metterci mesi, anni prima di fissare le udienze. Il giudice di Torino aveva respinto l’istanza di messa alla prova presentata dai suoi avvocati Gian Luigi Tizzoni e Davide Sangiorgio nonostante Giulia Ligresti potesse avere accesso in teoria a misure alternative alla detenzione .

Giulia Ligresti, pochi giorni dopo la sentenza che l’ha assolta dalle accuse di falso in bilancio e aggiotaggio nel caso Fonsai , per le quali ha trascorso 62 giorni di carcere, Giulia si è raccontata del Corriere della Sera parlando della sua vita in carcere, un fiume in piena di emozioni e sentimenti .”A San Vittore, ho trovato un’umanità incredibile, dalle compagne al direttore, la vicedirettrice e gli assistenti – ha raccontato alla brava collega Paola Pollo –  Quando mi hanno detto che sarei andata via, ho pensato: come faccio con la partita di pallavolo contro il maschile? E le mie allieve del corso di yoga? È stato un secondo, poi è esplosa la felicità di riabbracciare i miei. Però ho promesso a tutte che le lezioni le farò“. 

“Quando sono uscita c’era la ola. Non ho mai smesso di crederci e ho impegnato tutto il tempo di cose. Mie e delle altre. Sempre attenta a non urtare nessuno. Una legge che devi imparare: il rispetto degli spazi che lì sono soggettivi. C’è tanta aggressività e violenza, tanta energia compressa. Il carcere non è solitudine, come erroneamente si pensa. È invece condivisione, più di qualunque altro luogo. È solidarietà, comunione, sopravvivenza, ossessione. Ogni discorso è ripetuto all’infinito, ogni novità vissuta come un evento speciale. E ogni cambiamento fa paura“.

Paolo, Giulia, Salvatore e Jonella Ligresti

“La sentenza di Milano restituisce piena dignità a Giulia Ligresti –  hanno commentano i suoi avvocati – bersaglio di un’ingiusta carcerazione e ristabilisce la verità su un’operazione finanziaria la cui reale storia inizia finalmente a essere scritta. Non ci fu nessun crac e nessuna responsabilità da parte della famigliaGiulia Ligresti era stata arrestata insieme alla sorella Jonella e al padre, a cui si deve la skyline della ‘Milano da bere‘,  il 17 luglio 2013 con le accuse di aggiotaggio e falso in bilancio. In seguito a una perizia medica, che aveva accertato la sua profonda prostrazione psicologica, aveva lasciato il carcere un mese dopo. Ora potrà chiedere un risarcimento per ingiusta detenzione anche se lei, nel giorno della vittoria, preferisce non infierire: “Ho sempre avuto fiducia nella giustizia senza smettere di lottare, nemmeno quando sono finita in carcere da innocente”.

A me non resta che dire “bentornata Giulia e gioire per la sua ritrovata sacrosanta libertà. Forse è ora che chi fa delle indagini sbagliate, sia responsabile dei propri errori. Non si gioca con la vita delle persone. Ed un Paese civile non può consentire un’immunità per i magistrati che non si rendono conto di disporre della vita altrui. Anche perchè negli ultimi tempi la magistratura italiana dovrebbe solo vergognarsi di quanti magistrati hanno infangato la propria toga. E lo Stato (che siamo tutti noi cittadini) non può e non deve pagare per l’errore di chi si sente “intoccabile”.

La domanda che mi pongo è: chi chiederà scusa adesso ai fratelli Ligresti ? Purtroppo, dubito nessuno. La “casta” delle toghe non ama riconoscere i propri errori…

 

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Grazie, Antonello de Gennaro

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