TARANTO – “Non ho più niente, mi hanno portato via la mia masseria, la mia vita. Mi incatenerò davanti al ministero della Giustizia, non ho più nulla da perdere”. Lo racconta con le lacrime agli occhi Enzo Papa, 52 anni, nel vedere i sigilli giudiziari apposti alla Masseria Galeota, che era anche la casa dove abitava con la sua compagna e la figlia , sulla litoranea jonico-salentina, a Leporano, ad appena 8 chilometri da Taranto, ubicata ai piedi del Parco archeologico di Saturo
Una vicenda che coinvolge il commercialista Mario Turco, eletto senatore del MoVimento 5 Stelle a Taranto, prendendo in giro gli elettori promettendo la chiusura mai avvenuto dello stabilimento ex-Ilva di Taranto – senza aver mai fatto alcuna attività politica sino alla sua candidatura. Questi i fatti: Enzo Papa ha acquistato nel 2002, quello che era un rudere la Masseria Galeota per 300 mila euro, contando anche alla buonuscita del padre .
Papa si rivolge ad una banca accendendo un mutuo di 200 mila euro per trasformare il rudere in una masseria con bed & breakfast, un oleificio, ed un ristorante, con 850 mila euro di costo finale della ristrutturazione .
L’attività va molto bene, fino all’arrivo della crisi economica, ed a causa delle le foto ed immagini dei camini dell’Ilva che inquinavano e che hanno il giro del mondo, i turisti iniziano a diminuire ed Enzo Papa non ce la fa più a pagare le rate del mutuo. La banca erogatrice del mutuo, pignora la masseria nel 2012 che viene messa all’asta.
Le prime aste del tribunale fallimentare vanno deserte e quindi prezzo d’asta scende fino a 375mila euro. Enzo Papa raggiunge un accordo il 17 gennaio 2019 con la società Kanapa srl per presentarne una, versa 75mila euro (pari al 20% del prezzo minimo di acquisto) ma quando il Giudice di Taranto, Andrea Paiano, apre l’asta, sul portale delle aste fallimentari è presente una sola offerta: quella del senatore del M5S Mario Turco, ma incredibilmente se i bonifici sono due : uno di Turco ed uno della società Kanapa. Solo che però dell’offerta di Kanapa non si trova traccia. Quindi il sito “Aste telematiche” invia al delegato una comunicazione via email: l’offerta di Kanapa srl non era stata inviata dal Ministero di Giustizia al portale delle aste, perché il file generato all’atto della registrazione era stato rinominato. E l’assurdo è che dal Ministero era arrivata via Pec la ricevuta dell’avvenuta ricezione e registrazione dell’offerta.
Ma quando la delegata del Giudice fallimentare apre l’asta, sul portale delle vendite giudiziarie risulta soltanto un’offerta, quella presentata dal senatore “grillino” Mario Turco che si aggiudica la masseria per appena 375mila euro. nonostante i bonifici fossero due, uno della società Kanapa srl e l’altra del senatore Turco.
La dottoressa Macripò delegata del giudice Paiano, omette però qualcosa, cioè di indicare nel verbale di aggiudicazione l’esistenza di un secondo bonifico, cioè quello della Kanapa srl. Viene presentata un’istanza di revoca, alla quale il senatore Turco si oppone ed il giudice incredibilmente la respinge, sostenendo che il bene non è detto che sarebbe stato aggiudicato ad un prezzo più alto anche se si fosse svolta. Una teoria astrusa che sarebbe interessante capirne la provenienza e sopratutto la legittimità.
La società Kanapa srl, attraverso il suo legale Avv. Stefania Maselli, deposita un reclamo formale al Tribunale di Taranto, attualmente retto pro-tempore proprio dal giudice dr.ssa De Simone, che peraltro presiede proprio la sezione fallimentare. L’udienza è fissata per il 26 giugno prossimo. Ma ciò nonostante lo scorso 3 aprile il giudice Paiano firma il decreto di trasferimento a favore del senatore Turco, ed il 29 aprile (peraltro senza alcuna notifica al Papa) immette il bene nel possesso di Mario Turco.
Con una velocità a dir poco inusuale, lo stesso giorno dell’aggiudicazione, si presentano presso la Masseria Galeota il funzionario (senza delega !) dell’Istituto Vendite Giudiziarie Paolo Annunziato, accompagnato da due Carabinieri, e la signora Grazia Peluso, madre del senatore Turco, accompagnata dal legale di suo figlio. L’inventario dei beni esistenti dura otto ore, con tanto di paste e cappuccino bene auguranti offerti dalla mamma del senatore, che provvede a cambiare le serrature consegnando le chiavi ad un incaricato di Turco.
La collega Sandra Amurri del Fatto Quotidiano ha telefonato al senatore del M5S Mario Turco il quale tiene ad avvisare la giornalista subito che sta registrando la telefonata: “Se non trascrive testualmente la querelo”.
AMURRI – Senatore una famiglia è finita in mezzo alla strada….
TURCO – Io non ho fatto finire nessuna famiglia sulla strada, non conosco questo Enzo Papa, all’asta ha partecipato una società con scopo di lucro (come se questo fosse un reato –n.d.r. CdG) che svolge attività commerciale e che aveva una procedura esecutiva dal 2012. Inoltre ho partecipato ad un asta pubblica come Mario Turco , un comune cittadino. Acquistare una masseria era il mio sogno. Fin da bambino quando andavo da mio nonno a Cisternino, ma i prezzi sono sempre stati troppo alti. Quando ho visto che c’era un’opportunità ho presentato una normale domanda. E’ un reato ?
AMURRI – Non conosce la famiglia Papa? La sua villetta è proprio di fronte alla Masseria Galeota dei Papa, tant’è che ci sarebbe andato anche diverse volte a cena. Il Movimento ha sempre fatto battaglie a favore degli esecutati, fino a ricomperare all’asta una casa pignorata alla figlia del proprietario che si era dato fuoco. Non prova imbarazzo?
TURCO – È un caso diverso. Ripeto, all’asta ha partecipato una società e non una famiglia, che ha fatto debiti anche con altri soggetti oltre alla banca, ha creato diseconomia nel mondo reale. L’avvocato della controparte ha sbagliato a cambiare il file, lo ha detto il giudice, ed io sono risultato il solo partecipante. C’è una sentenza definitiva. (che in realtà non è assolutamente definitiva (n.d.r. CdG)
AMURRI – Non c’è ancora una sentenza definitiva, tant’è che pende un reclamo presso il Tribunale di Taranto con udienza fissata il 26 giugno. E il giudice non motiva il rigetto sulla modifica del nome del file con cui è stata registrata l’offerta. È vero che anche il suo avvocato le ha chiesto di concedere una proroga a Enzo Papa?
TURCO – Sì, ma io che c’entro, decide il custode giudiziario che ha le chiavi.
AMURRI – Ma la chiave da verbale, è stata consegnata al suo delegato…
TURCO – Ripeto, io sono solo Mario Turco, un comune cittadino.
Un comportamento a dire poco, anomalo quello del Senatore Turco, e molto ma molto “diverso”… da quello “garantista” adottato da Luigi Di Maio, leader del M5S , in favore di Sergio Bramini, l’imprenditore brianzolo reso celebre un pò troppo “generosamente” (leggi QUI) dalla trasmissione televisiva “Le Iene” perché “fallito e sgomberato da casa”, il quale dopo la formazione del governo gialloverde, il vicepremier grillino Di Maio è stato “sistemato” come suo consulente al ministero a 46.800 l’anno per studiare norme a tutela degli imprenditori come lui !
“Mi chiami professore !”
Abbiamo quindi contattato telefonicamente questa sera il Sen. Mario Turco il quale si ostina anche con noi a pretendere di essere chiamato “professore” (dimenticandosi di essere solo “aggregato“ – leggi QUI ). senza cioè essere titolare di cattedra. Infatti il Sen. Turco , in realtà altro non era ed è che un Ricercatore Universitario. Il titolo di “professore aggregato”, ai sensi dell’art. 1 comma 11 della legge 4/11/2005, n. 230, viene attribuito a tutti coloro ai quali sono affidati, con il loro consenso, corsi e moduli curriculari, compiti di tutorato e di didattica integrativa se rientrano nelle sottoindicate categorie di personale:
- ricercatori
- assistenti del ruolo ad esaurimento
- professori incaricati stabilizzati
- tecnici laureati di cui all’art. 50 del D.P.R. 382/80, in servizio alla data di entrata in vigore del D.P.R. 382/80, che entro l’anno accademico 1979/80 abbiano svolto tre anni di attività didattica e scientifica, comprovata da pubblicazioni edite, documentate da atti della Facoltà risalenti al periodo di svolgimento delle attività medesime.
Il titolo di “professore aggregato” in realtà è temporaneo, e viene attribuito esclusivamente per tutto il periodo di svolgimento degli incarichi affidati al quale “non corrisponde uno specifico status“, in quanto non comporta mutamento dell’inquadramento e del trattamento giuridico ed economico, anche per quanto attiene la partecipazione agli organi collegiali.
L’entrata in vigore del regolamento per la formazione continua che prevede diverse ipotesi di esonero nel caso di insegnamento, rende necessario puntualizzare che l’uso sistematico e durevole nel tempo del titolo accademico di “professore”, senza alcuna specificazione, da parte di chi, a vario titolo, – ricercatore, ricercatore confermato, docente “a contratto”, incaricato stabilizzato, assistente ad esaurimento…. – siano incaricati dalle Università di tenere corsi didattici, può ingenerare il rischio di incorrere in violazioni delle norme deontologiche sia per quanto attiene l’uso di titoli inesistenti (art. 21) sia per quanto attiene la corretta acquisizione di rapporti di clientela (art. 19).
Se, infatti, il titolo di “Professore”, usato nello svolgimento del rapporto di servizio con l’Università, può anche non abbisognare di ulteriori specificazioni, data la connessione esistente tra quell’uso ed il rapporto nel cui ambito avviene, l’uso del titolo “anche nella vita privata” da parte dell’impiegato, come espressamente consentito dall’art. 31 del TU n. 3/1957, rende invece necessarie tali specificazioni, segnatamente nelle relazioni libero professionali, ove, tra l’altro, maggiore può essere la suggestione del titolo accademico nell’acquisizione dei rapporti di clientela.
In tale contesto è bene che qualcuno ricordi al Sen. Turco la sentenza n. 870 del 29.9.1991, emanata dalle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, la precedente deliberazione 3 dicembre 1996, e la decisione n. 209 del 27.6.2003 del C.N.F., l’art. 1 comma 11 della L. 4.11.2005 n. 230 (“Nuove disposizioni concernenti i professori ed i ricercatori universitari”) richiama gli iscritti che in virtù di rapporti vari “con la Università” si avvalgano nell’attività professionale del titolo accademico di “Professore” alla necessità di specificare – in totale aderenza alle modalità e alle caratteristiche individuate e disciplinate dall’atto di nomina, o dalla legge – qualifica, materia di insegnamento, facoltà e, in caso di docenza sottoposta a termine, i limiti temporali dell’incarico.
Ciò vale anche per i ricercatori (come Turco) , gli assistenti di ruolo ad esaurimento con tre anni di insegnamento, i professori incaricati stabilizzati, cui siano affidati corsi di docenza e moduli curriculari, compiti di tutorato e didattica integrativa, ai quali l’anzidetta legge n. 230/2005, prevede sia“attribuito il titolo di professore aggregato”, ma unicamente “per il periodo di durata degli stessi corsi e moduli”.
Forse è quindi bene che Turco si faccia chiamare soltanto Senatore, che forse è già troppo per un commercialista che prendeva soldi da società pubbliche tarantine di fatto inattive o messe in liquidazione (vedi Agromed e Distripark) !
Sulla vicenda della Masseria Galeota e sulle incongruità e ridicole giustificazioni del Sen. Turco ne riparleremo nella diretta-streaming di lunedì prossimo in cui il nostro Direttore Antonello de Gennaro vi farà ascoltare in versione integrale la registrazione dell’intervista telefonica avuta questa sera con il Sen. Mario Turco.
Ed allora si che ci sarà da ridere…. !