ROMA – La vicenda del bosco di Massafra era stata sollevata da Pinuccio inviato del programma televisivo Striscia la Notizia e dal CORRIERE DEL GIORNO (leggi QUI) come i nostri lettori (e non solo…) ben ricordano, nel silenzio più totale della stampa locale, ad eccezione del solito giornalista Mimmo Mazza da sempre “vicino” agli interessi di Antonio (detto Tonino) Albanese, presidente e proprietario del Gruppo CISA spa di Massafra.
Fu proprio il giornalista Mazza con un suo “articoletto” sulla Gazzetta del Mezzogiorno ad arrivare persino ad accusare “Striscia” di cercare audience amplificando la storia del boschetto massafrese scomparso, una scomparsa che…piccolo particolare aveva consentito al suo “amico” Albanese di ottenere un’autorizzazione necessaria per il raddoppio dello stabilimento Appia Energy (51% Gruppo Marcegaglia, 49% Gruppo Cisa) . Coincidenze ? Per la Procura di Taranto, sembra proprio più che una coincidenza !
Il fascicolo d’indagine della Procura di Taranto, affidato al pm Mariano Buccoliero, coinvolge a vario titolo l’imprenditore massafrese Antonio Albanese, quale rappresentante legale della società Appia Energy, Luigi Traetta dirigente dell’ufficio di Urbanistica del Comune di Massafra, ed i verificatori Saverio Riccardi e Anna Cecca periti–incaricati dal Consiglio di Stato. Albanese è chiamato a rispondere del reato di “distruzione di bellezze naturali” (art. 734 C.P) e di “falso ideologico” (art. 479 C.P) in concorso con gli altri indagati coinvolti.
Il pubblico ministero Buccoliero della Procura della Repubblica di Taranto, all’esito delle indagini effettuate dagli investigatori dei Carabinieri, ha fatto notificare nei giorni scorsi l’avviso di conclusione delle indagini preliminari ai soggetti coinvolti. Il procedimento penale è relativo al progetto di ampliamento della centrale termoelettrica massafrese, sfociato in un contenzioso dinnanzi ai giudici di Palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato.
Sulla base delle evidenze emerse nel corso delle indagini della procura di Taranto, Antonio Albanese avrebbe fatto scomparire un’area boschiva di circa 2900 metri quadrati, con l’obiettivo di poter ovviare al provvedimento di revoca della precedente Aia che era stata rilasciata dalla Provincia di Taranto e rientrare quindi nelle norme di legge previste e necessarie per sviluppare il progetto di raddoppio della centrale di Appia Energy.
La Procura di Taranto ritiene che il giudizio favorevole sarebbe stato agevolato e reso possibile soltanto a seguito del “sostegno” ricevuto dai periti-verificatori Riccardi e Cecca che avrebbero alterato il contenuto della relazione, sostenendo ed attestando che i nuovi corpi di fabbrica ricadevano al di fuori dell’area annessa al bosco ed a quella dell’adiacente parco delle Gravine. I due verificatori secondo le indagini della procura tarantina hanno anche omesso di segnalare che in precedenza l’area segnalata conteneva circa 2900 metri quadrati di bosco eliminati notte tempore dall’intervento strumentale di qualcuno… Il dipendente del Comune di Massafra, Luigi Traetta, a sua volta nel 2014 avrebbe rilasciato una falsa attestazione alla società sui limiti del bosco agevolando la strategia “furbesca” dell’imprenditore massafrese.
Albanese a seguito dell’avvenuta ricezione della notifica di conclusione delle indagini ha richiesto di essere ascoltato dalla Procura, verbalizzando la propria versione dei fatti , assistito dai suoi legali di fiducia avvocati Antonio Raffo e Carlo Raffo. L’imprenditore massafrese chiaramente si è dichiarato estraneo alla scomparsa dell’area boschiva, ed ha sostenuto la legittimità degli iter amministrativi seguiti per l’ampliamento della centrale. Una giustificazione smentita documentalmente dalle precedenti indagini dei Carabinieri su cui si radica e basa la decisione del pm Buccoliero di chiedere il processo per i 4 indagati. Anche perchè l’autorizzazione “allegra” ottenuta era stata resa possibile proprio grazie alla scomparsa del boschetto.
L’imprenditore massafrese è indagato dalla Procura di Taranto (leggi QUI) anche in un altro procedimento penale accusato del grave reato di “favoreggiamento” nell’ambito della nota inchiesta “Monnezzopoli” che ha portato in carcere il suo caro amico Martino Tamburrano, ex sindaco di Massafra ed ex presidente della Provincia di Taranto, da sempre molto “vicino” ad Albanese come confermato da molte intercettazioni nella mani della magistratura.