ROMA – L’azione moralizzatrice attuata nei giorni scorsi dal vicepresidente del Csm David Ermini, sostenuta dal Capo dello Stato, principale argomento dell’ incontro di ieri avuto con i consiglieri autosospesi Corrado Cartoni, Paolo Criscuoli, Antonio Lepre e Luigi Morlini, sembra destinata a non essere accolta a seguito della presa di posizione dei magistrati che hanno dimostrato di avere più sete di potere che senso dello Stato e rispetto per la legalità.
I consiglieri togati del Csm coinvolti nell’inchiesta di Perugia , che si erano autosospesi non si dimetteranno e quindi torneranno a esercitare le loro funzioni ritenendo “infondata” la richiesta di dimissioni avanzata dall’ Associazione Nazionale Magistrati.
Ieri mattina il vice presidente del Csm, David Ermini durante l’incontro avuto con i quattro consiglieri autosospesi, aveva nuovamente rivolto loro un appello alla massima responsabilità istituzionale, invitando i quattro togati a prendere presto una decisione, perché l’autosospensione non è prevista da nessuna legge e quindi non poteva protrarsi oltremodo. Ermini non ha chiesto formalmente le loro dimissioni, non avendo mai proferito le parole: “mancano le condizioni“, in quanto a carico dei quattro magistrati togati del Csm al momento non c’è un’indagine penale, né un procedimento disciplinare, che a questo di certo arriverà . Un concetto sottinteso, sopratutto dopo la presa di posizione di tutte le altre correnti ed in particolare dell’ Associazione Nazionale Magistrati.
Magistrati contro magistrati
Soltanto Luigi Spina, che è indagato dalla Procura di Perugia si è dimesso. La decisione dei magistrati apre un nuovo capitolo della bufera giudiziaria che ha travolto le stanze ovattate del Csm, sopratutto a seguito della pubblicazione delle intercettazioni degli incontri notturni a cui hanno partecipato i cinque consiglieri “carbonari” con i parlamentari del Pd Cosimo Ferri e Luca Lotti, riunioni durante le quali si analizzavano e contavano i voti che avrebbero consentito in sede di votazione nel plenum la nomina dell’attuale procuratore generale di Firenze, Marcello Viola, a capo della Procura di Roma.
La presa di posizione di non dimettersi, e di rientrare nelle proprie funzioni al Csm, è avvenuta ieri sera. Determinante l’appoggio pieno della corrente, per i tre consiglieri espressione di Magistratura Indipendente al termine di una lunga riunione di tutti gli iscritti che , dopo aver ascoltato la loro ricostruzione dei fatti ha ribadisce la propria “fiducia“, mentre invece la corrente di Unicost, ha chiesto al proprio rappresentante Morlini le sue dimissioni. Secondo la versione dei cinque magistrati in questione, sarebbe stata del tutto casuale l’incontro con il politico (peraltro indagato) Luca Lotti, sostenendo che avrebbero dovuto incontrare solo vedere solo Cosimo Ferri, magistrato in aspettativa, ( a lato nella foto) dimenticando che si tratta comunque di un parlamentare, esponente politico del Partito Democratico
“Nessuno di noi sapeva che Lotti sarebbe venuto, si è palesato all’improvviso” questa la risibile giustificazione che non trova però riscontro nelle intercettazioni captate dal trojan della Guardia di Finanza nel telefono del pm Luca Palamara, candidatosi alla nomina di procuratore aggiunto alla procura di Roma. Di fatto il plenum del Consiglio Superiore della Magistratura è diviso e siamo in presenza di una profonda ed imbarazzante crisi istituzionale senza precedenti .
La corrente di Magistratura Indipendente nel documento approvato “all’esito di un’ampia e partecipata assemblea, afferma l’esigenza del rigoroso rispetto dei profili etico professionali nell’esercizio delle funzioni di magistrato e di consigliere nonché l’impegno ad evitare, in futuro, ogni contatto con qualunque esponente politico estraneo al Csm, ancorché magistrato” con un chiaro riferimento a Cosimo Ferri, il leader ombra della corrente e “ribadisce la centralità del Csm quale unico luogo di confronto istituzionale“.
Affermazioni con cui la corrente sembra prendere per la prima volta le distanze da Cosimo Ferri, il deputato del Pd che è sempre stato il punto di riferimento dei magistrati di Mi. Nel documento si legge anche : “all’esito della ricostruzione dei fatti fornita oggi dai consiglieri Lepre, Cartoni e Criscuoli rinnova loro la fiducia ed auspica pertanto la pronta ripresa delle loro attività consiliari. Il documento stigmatizza l’impropria campagna mediatica originata da un procedimento penale a carico di magistrati estranei a Magistratura Indipendente. Sottolinea la propria contrarietà a decisioni basate su giudizi sommari non suffragati dalla compiuta conoscenza degli atti“. Ed ancora una volta si cerca di dare la responsabilità ai giornalisti, che invece hanno consentito all’opinione pubblica di prendere conoscenza della mancanza di etica (e spesso di legalità) di alcuni magistrati.
La posizione di Pasquale Grasso, giudice civile e presidente dell’ ANM, esponente di Magistratura Indipendente che ieri in assemblea si è astenuto, è risultata più che imbarazzante, in quanto proprio da presidente dell’Anm, nel corso del comitato direttivo centrale di mercoledì scorso dell’ Associazione Nazionale Magistrati , aveva chiesto le dimissioni dei tre consiglieri, posizione questa formalizzata nel documento finale votato dal parlamentino del sindacato delle toghe, che non è coerente ed allineata con quella espressa dalla sua “corrente”.
Per questo motivo Grasso ha lasciato Magistratura Indipendente con una lettera “perchè ormai la casa natale mi sta stretta” ringraziando i colleghi “persone serie, per bene. ottimi magistrati”. In un’intervista ad un quotidiano della Capitale, Grasso ribadisce però che la sua ormai ex-corrente ha torto perchè “soggetti che hanno interloquito con un imputato (Lotti n.d.a.) per trattare il destino della Procura di Roma devono dimettersi“, concludendo “in questo incarico ci ho creduto ma non si può rimanere ad urlare nel deserto”. Una metafora che dice tutto sulla spaccatura interna alla magistratura, che vede il suo primato dell’indipendenza dalla politica, sbandierato da sempre come vessillo della legalità ormai lacerato definitivamente.
Sullo sfondo della crisi istituzionale del Csm incombe lo spettro di una riforma del Consiglio che non convince le toghe né tanto meno alcuni costituzionalisti. Solo che i magistrati dimenticano di essere servitori dello Stato, e che le Leggi dello Stato le fanno ancora i parlamentari….