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24 Novembre 2024 18:42

Da dove sono arrivati i 40 mila euro per l’amica del pm Palamara ?

La ristrutturazione effettuata da una ditta che lavorava nel Palazzo di Giustizia di Roma. Coincidenze ? Le dichiarazioni del pm Palamara non hanno convinto i pm di Perugia,  anche perché dai colloqui intercettati sono emersi numerosi pagamenti in contanti, compresi quelli di viaggi e soggiorni. Quanto emerso smentisce quanto lo stesso magistrato aveva raccontato a verbale nel primo dei due interrogatori sostenuti con i pm di Perugia.
ROMA — L’inchiesta per corruzione dei pm Gemma Miliani e Mario Formisano della Procura di Perugia nei confronti del pm calabro-romano Luca Palamara non si è fermata il giorno in cui è stato scollegato lo spyware Trojan nello smartphone del magistrato. E’ emersa infatti una nuova circostanza che i due pm della procura umbra contestano all’ex Presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati ed ex-consigliere del CSM,  per sostenere l’accusa di essersi fatto corrompere dal “lobbysta” Fabrizio Centofantimettendo a disposizione la propria funzione di magistrato“.
Dalle indagini della Guardia di Finanza è emerso che non si tratta soltanto della “leggerezza” di un anello o di viaggi a spese di altri in Toscana o a Dubai in località di lusso, insieme alla donna per cui aveva preso più che una sbandata. Dalla documentazione sequestrata durante le varie perquisizioni effettuate dalle Fiamme Gialle sono emersi lavori di ristrutturazione per un valore di circa 40 mila euro effettuati nell’abitazione sulla collina Fleming (uno dei quartieri “bene” a Roma Nord della Capitale ) della docente scolastica e personal trainer Adele Attisani , l’ “amica” del magistrato già felice in precedenza grazie alla “generosità” di Centofanti, lavori edili che a quanto risulta sono stati saldati da tutti fuorchè dall’ Attisani o dal suo “amico del cuore” Luca Palamara,  che  secondo gli accertamenti che delegati dalla Procura alla Guardia di Finanza .
mentre la tempesta infuria sul Palamara, Adele Attisani è in vacanza a Locri in Calabria….
Secondo quanto ricostruito dagli accertamenti disposti dalla Procura, quei lavori di ristrutturazione, vennero realizzati da una ditta messa a disposizione da Centofanti che era impegnata anche nella realizzazione di opere edili nel Palazzo di Giustizia di Roma a piazzale Clodio. La questione, che adesso è al centro delle verifiche, è di capire se quei 40 mila euro che non vennero saldati dalla Attisani o dal pm Palamara, siano stati caricati dalla ditta sul costo delle opere di manutenzione svolte dall’impresa nel Palazzo di Giustizia, attraverso la mediazione di Centofanti o addirittura su indicazione di Palamara.
Il 30 maggio, quando Palamara viene interrogato per la prima volta dai pm di Perugia gli vengono chiesti dei chiarimenti sulle spese pagate da Centofanti: viaggi in montagna e la mare, vacanze a Dubai, un anello. Dopodichè arriva la domanda da “Ko” tecnico: “Sa se siano stati fatti dei pagamenti di lavori alla Attisani?“. Palamara capisce che gli conviene parlare e dice: “Sì, sono stati fatti lavori nella casa di Adele e lei si è organizzata con Centofanti, ma una parte li ho pagati io“.
Il pomeriggio sempre dello scorso 30 maggio, di fronte a una domanda diretta : “Sa se siano stati fatti dei pagamenti di lavori alla Attisani?”  il magistrato aveva cercato di aggirare l’ostacolo con una spiegazione che non lo impiccasse all’obbligo di fornire evidenze che, evidentemente, non era in grado di dare. “Si sono stati fatti dei lavori nella casa di Adele” .
Il giorno dopo Palamara fornisce altri dettagli in un nuovo interrogatorio: “Sui lavori mi riferivo alla casa di Adele rispetto ai quali ho cercato di aiutarla, non sono in grado di quantificare, ogni tanto le davo 400, 500 euro e ho chiesto a Centofanti di aiutarla nel limite del possibile, nel senso di mandarle degli operai e trovare qualcuno per i lavori. Le ho dato ogni tanto delle somme, che non so quantificare, non so nulla delle fatture, io non volevo comparire sui lavori“. A quanto pare, il contributo di Palamara ai lavori  di casa Attisani non sarebbe andato oltre qualche migliaio di euro versati direttamente alla donna, soldi di cui è difficile trovare traccia degli strumenti di pagamento utilizzati.
In realtà  i controlli disposti dai magistrati di Perugia arrivano ad una ricostruzione diversa. Viene alla luce che l’appartamento di Adele Attisani era stato svaligiato e poiché i ladri avevano causato alcune migliaia di euro di danni, Centofanti si sarebbe messo a disposizione del pm Palamara per aiutare la sua “amica” che gli stava particolarmente a cuore. Per questo motivo il lobbysta-faccendiere Centofanti avrebbe contattato un costruttore che stava già effettuando lavori negli uffici giudiziari di piazzale Clodio chiedendo di occuparsi della ristrutturazione.
il Consiglio Superiore della Magistratura

Anche la ristrutturazione da 40 mila euro, rientra nella lista dei “regali” che secondo gli inquirenti umbri,  Centofanti avrebbe sborsato per garantirsi gli interventi di Palamara quando si trattava di orientare alcune indagini oppure favorire il trasferimento e la concessione di incarichi ad altri magistrati indicati proprio da lui. Nel suo interrogatorio, ed anche di fronte al Csm, Luca Palamara ha dichiarato: Centofanti mi ha consentito in alcuni momenti di concedermi momenti di svago, ma non gli ho mai consentito di vendersi l’amicizia per me“. Dopo aver ammesso che “essendo amici, a volte pagava lui, a volte pagavo io“, ha negato di aver mai favorito persone che lui indicava: “Gli chiedevo sempre di stare attento a non mettermi in difficoltà e avevo un rapporto solo con lui“.

Dichiarazioni che non hanno convinto i pm di Perugia,  anche perché dai colloqui intercettati sono emersi numerosi pagamenti in contanti, compresi quelli di viaggi e soggiorni. Nella recente storia di “malagiustizia”  non sarebbe una prima volta che la corruzione passa per il gusto della casa lussuosa, per cui la nuova contestazione mossa dalla Procura complica la posizione processuale di Palamara, peraltro già precaria ed imbarazzante per un magistrato.  Quanto emerso infatti smentisce quanto lo stesso magistrato aveva raccontato a verbale nel primo dei due interrogatori sostenuti con i pm di Perugia.

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