TARANTO – La Polizia di Stato in esecuzione di un provvedimento emesso dal Dr. Benedetto Ruberto Giudice delle indagini Preliminari del Tribunale di Taranto, su richiesta del Dr. Remo Epifani Sostituto Procuratore della Repubblica di Taranto, alle prime luci dell’alba ha dato esecuzione a otto ordinanze di custodia cautelare (di cui tre in carcere e cinque ai domiciliari), emesse a carico di altrettanti soggetti, tutti di Grottaglie, i quali, al termine di una complessa e lunga attività d’indagine, denominata “Dirty Money” condotta dal Commissariato P.S. di Grottaglie, sono stati ritenuti indiziati, a vario titolo, dei reati di usura, estorsione e rapina commessi, in concorso tra loro, dal 2015 ad oggi, ai danni di un imprenditore agricolo della città delle ceramiche in provincia di Taranto.
La misura della custodia cautelare in carcere è stata applicata nei confronti degli indagati Francesco Vitale e due suoi figli, Alessio e Riccardo. Altri due figli del Vitale, Marco e Ciro, sono invece ai domiciliari, come anche Ciro D’Angello, Francesco Marinelli e Diego Vestita. “La forza intimidatoria del gruppo – scrive il giudice Benedetto Ruberto nella sua ordinanza di perquisizione e custodia cautelare – derivava anche dalla disponibilità, in capo ai membri della famiglia Vitale, di armi da fuoco che alcuni di essi, in particolare Vitale Riccardo e Vitale Alessio, non avevano avuto remore a mostrare alla vittima, per soggiogarne la volontà“.
Alle operazioni di esecuzione hanno partecipato oltre 40 agenti, con il supporto del personale della Questura di Taranto, di Unità Cinofile della Polizia Frontiera di Brindisi e del Commissariato di Anzio Nettuno, in provincia di Roma dove si trova uno degli arrestati. Nel corso delle attività sono state eseguite anche numerose perquisizioni nei luoghi utilizzati dagli indagati.
Al dell’indagine un grottagliese di 57 anni Francesco Vitale, noto alle forze dell’ordine e conosciuto in paese con il soprannome di “Tiaulicchio” nei cui confronti è arrivata la denuncia di quell’imprenditore agricolo che stanco dei soprusi, vessazioni ed emorragie continue di denaro che hanno ulteriormente complicato la crisi di liquidità che lo aveva convinto a rivolgersi al mondo dell’usura per reperire dei finanziamenti più veloci, si è deciso a chiedere aiuto alla Polizia dopo aver vissuto mesi di angosce e minacce,
La vittima degli usurai chiese e ottenne dal Vitale un prestito di 14.000 euro , impegnandosi a restituirne 20.000 dopo solo sei mesi . Un accordo usuraio con il quale sperava di riuscire a risalire la propria crisi economica, ma che invece lo ha fatto sprofondare nel girone dell’usura con interessi esagerati che hanno fatto da moltiplicatore al prestito ricevuto, non soltanto per il denaro da restituire, ma sopratutto per i guai conseguenti .
La vittima infatti sarebbe stata aggredita in due occasioni in cui gli venne sottratta anche un auto, peraltro non sua, che gli era stata prestata da una coppia di amici. Nel tempo, a nulla sono serviti gli sforzi fatti per soddisfare le richieste del’usuraio, in quanto dopo l’arresto Francesco Vitale , per un’altra vicenda, le minacce ed attività usuraie di intimidazione vennero intraprese dai suoi figli.
Da qui la saggia decisione di denunciare il tutto, da cui sono partite le indagini della Polizia di Stato culminate negli arresti di ieri mattina. Durante l’operazione gli agenti hanno sequestrato 22.000 euro in contanti, diversi oggetti preziosi, alcuni Rolex e una rigogliosa pianta di marijuana, alta già due metri, che uno degli indagati aveva nella sua abitazione. Il dr. Rosato dirigente del commissariato di P.S. Grottaglie ha spiegato durante la conferenza stampa di ieri mattina in Questura che “ inizialmente è stato imposto alla vittima un tasso di interesse superiore all’80% annuo. che è gradualmente successivamente arrivato schizzato al 120% all’anno“.
Il questore di Taranto Giuseppe Bellassai ha aggiunto che “purtroppo indagini di questo genere rappresentano casi più unici che rari. L’usura è un fenomeno radicato fortemente nel territorio jonico e non solo. La lotta a questa piaga è particolarmente ardua perché le vittime non hanno la forza ed il coraggio di denunciare. Lo “strozzino” il più delle volte viene percepito come un salvatore e non come un delinquente, venendo ritenuto come chi che aiuta a superare un momento difficile, mentre in realtà altro non è uno che specula sulle crisi finanziarie, inquinando il tessuto economico della comunità“.