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22 Novembre 2024 09:44

Arcelor Mittal: 14mila operai nelle mani della crisi di Governo. E di un microchip nella tuta

Di Maio, che ha dimostrato di non essere capace di risolvere quelle emergenze per un anno intero,  adesso le usa come ricatto dell’ultim’ora per attaccare il suo ex dirimpettaio di Palazzo Chigi Matteo Salvini. E nello stesso tempo fonti governative della Lega fanno sapere che ci sarà bisogno di un Consiglio dei ministri straordinario che per l’approvazione definitiva del decreto che potrebbe riunirsi la prossima settimana.

ROMA – 14mila operai dell’ex-Ilva, ora Arcelor Mittal,  compresi quelli dell’indotto, stanno trascorrendo un’estate da prigionieri della crisi di Governo. che si è affiancata. Operai finiti in cassa integrazione per la stagnazione del mercato siderurgico europeo. Gli abitanti  del quartiere Tamburi di Taranto che confina con il parco minerali dello stabilimento siderurgico angosciati dalla disoccupazione e alle malattie. E ora anche di un microchip nella tuta da lavoro.

Il colpo nello stomaco è arrivato in diretta dalla televisione, dove hanno visto Luigi Di Maio uscire dallo studio degli Specchi al Quirinale e  davanti a centinaia di giornalisti dichiarare queste parole : «A causa di questa crisi di governo, il Consiglio dei ministri non riesce ad approvare le leggi che servono a salvare il lavoro a migliaia di italiani: Whirlpool a Napoli con 400 operai rischia di chiudere, la ex Ilva di Taranto con migliaia e migliaia di lavoratori è sospesa in un limbo, la ex Alcoa in Sardegna non può riaprire, i rider non avranno le tutele che hanno gli altri lavoratori»”. Senza confessare che il vero artefice dei problemi attuali dell’ ex-Ilva di Taranto e della Whirlpool di Napoli , sono stati causati dalla scellerata gestione delle rispettive crisi aziendali da parte del capo del M5S, Di Maio il quale prima di assumere la guida dei ministeri dello Sviluppo Economico e del Lavoro non ha mai lavorato in vita sua e tantomeno gestito un’azienda, un assessorato, un condominio !

Luigi Di Maio

Dalle parole e dei soliti proclami  televisivi dell’ex-vice premier Di Maio,  a Taranto hanno capito che il Decreto imprese varato a Palazzo Chigi il 6 aprile “salvo intese” (oltre 31mila lavoratori coinvolti), è rimasto bloccato dalla crisi di governo causata dalle dimissioni del premier “grillino” Giuseppe Conte. Di Maio, che ha dimostrato di non essere capace di risolvere quelle emergenze per un anno intero,  adesso le usa come ricatto dell’ultim’ora per attaccare il suo ex dirimpettaio di Palazzo Chigi Matteo Salvini . E nello stesso tempo fonti governative della Lega fanno sapere che ci sarà bisogno di un Consiglio dei ministri straordinario che per l’approvazione definitiva del decreto che potrebbe riunirsi la prossima settimana.

In realtà un governo in carica per l’ordinaria amministrazione può trasmettere senza ulteriori passaggi  un decreto legge al Quirinale  (già esaminato a Palazzo Chigi)  per la successiva pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, a meno che nel frattempo non sia stato modificato, come è accaduto nel caso del Decreto imprese, dove sarebbe stato aggiunto un punto relativo ai profili previdenziali del settore costruzioni. Gli uffici tecnici del Mise, che non brillano per grandi capacità istituzionale dopo le nomine volute dal ministro Di Maio, sono convinti che adesso basterebbe ripristinare il testo originario del decreto per sbloccarlo e consentirne la pubblicazione, ma è evidente che il provvedimento vuole essere utilizzato dal M5S come “arma” negoziale di una trattativa di potere politico che non tiene minimamente in considerazione i contenuti.

Il disegno di legge previsto inizialmente interveniva su alcune crisi industriali e problematiche occupazionali,  reintroducendo un’immunità penale parziale per i proprietari ed i manager di Arcelor Mittal ( ex-Ilva)  di Taranto; stanziando circa 17 milioni per consentire la decontribuzione dei contratti di solidarietà alla Whirlpool; 3,5 milioni per le emergenze in Sardegna (Portovesme con la ex-Alcoa e Porto Torres); 30 per la Sicilia (Termini Imerese con Blutec in primis); un milione per Isernia; introduce agevolazioni tariffarie per le industrie energivore (di nuovo la ex-Alcoa); prevedeva nuovi tutele per i “rider”; la proroga delle retribuzioni dei lavoratori socialmente utili e la stabilizzazione dei precari dell’Anpal.

La norma sull’ex-Ilva è essenziale per la più grande acciaieria d’Europa, dove il prossimo 6 settembre scade la precedente immunità penale complessiva per i proprietari e gli amministratori della ex Ilva, cioè ArcelorMittal, e senza il decreto che la reintroduce limitatamente  ai tempi di attuazione del piano ambientale, il gruppo franco-indiano ha reso noto che restituirebbe lo stabilimento all’ ILVA in amministrazione straordinaria, con conseguente causa miliardaria allo Stato italiano. ArcelorMittal lo ha anticipato apertamente ed il 6 settembre è sempre più vicino.

La fuga dall’ Italia potrebbe essere stimolata anche dalla crisi del mercato europeo dell’acciaio, per il quale ci sono attualmente  1400 lavoratori Arcelor Mittal  in cassa integrazione, ed una conseguenza  della prossima chiusura dell’altoforno AFO2 imposta dalla magistratura a causa dei mancati adeguamenti alle norme ambientali, trascurate dall’ Amministrazione Straordinaria ILVA,  provvedimento quest’ultimo inatteso e “pesante” considerato che l’Afo2 è uno dei tre impianti attualmente in esercizio e da solo produce  1,5 milioni di tonnellate di acciaio all’anno, cioè quasi un terzo dei 5 milioni della produzione complessiva.  questo allungherebbe di parecchio il break-even del piano economico-finanziario

Incredibilmente a causa della crisi di governo in corso  l’incontro tecnico al Mise previsto inizialmente per lunedì  tra i rappresentanti del gruppo Arcelor Mittal e i sindacati, potrebbe slittare. Nel frattempo, un nuovo problema sta alzando la tensione a Taranto  tra gli operai e l’azienda. Il sindacato di base Usb ha proclamato un giorno di sciopero per il 2 settembre, dopo la distribuzione agli addetti della fabbrica di una tuta da lavoro dotata di microchip, la cui presenza era stata comunicata ai sindacati il 17 giugno scorso in una riunione in cui ArcelorMittal aveva spiegato che lo scopo era solamente la “tracciabilità” del ciclo di vita della tuta, strumentale al lavaggio e alla sua sanificazione, nel rispetto delle norme di legge. L’Usb è stato l’unico sindacato che non aveva firmato il documento finale di quella riunione ed adesso annunciando lo sciopero, ha ricordato che proprio le norme prevedono la necessità di un accordo preventivo con i sindacati. mentre la Fiom-Cgil, che però  pur firmando il documento, non lo aveva però considerato un verbale di accordo e aveva diffidato l’azienda a partire con il sistema di chippatura.

 

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