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22 Novembre 2024 04:36

Scandalo Csm, Luca Lotti conferma: il complotto c’è stato

L’ex braccio destro di Renzi all' inizio dell' estate è stato interrogato dai magistrati della Procura di Milano. In veste di testimone, ed ha ammesso di aver chiesto all’Eni documenti riservati da usare contro la toga romana. Il deputato Pd ha tira in ballo Palamara ed il collega Ferri, discolpando il manager Descalzi e l’Eni: alla fine da loro non ha ottenuto nulla, E' molto probabile che adesso i verbali dell’interrogatorio di Lotti vengano trasferiti a Perugia, dove  i magistrati hanno chiesto una proroga dell’indagine che ha finito per devastare tutta la magistratura italiana.
Luca Lotti

ROMALuca Lotti, ha le idee chiare. sulla responsabilità individuale dei politici, qualche giorno fa in una lettera pubblica al Foglio: “Di ogni azione il politico risponde non solo a se stesso, ma a un’intera comunità di persone che rappresenta e che gli danno fiducia, lo sostengono, lo incoraggiano”   spiegando i motivi per cui  ha deciso di restare nel Pd  invece di seguire l’amico e mentore Matteo Renzi.

Adesso, è difficile prevedere come gli elettori giudicheranno la sua scelta politica. Né tantomeno come Lotti posizionerà la sua “Base Riformista“, la corrente interna al Pd composta da oltre cinquanta parlamentari della quale è leader insieme a Lorenzo Guerini. E’ molto probabile che molti simpatizzanti fra i quali il segretario Nicola Zingaretti  gli chiederanno spiegazione di alcune sue azioni extrapolitiche,  dopo le dichiarazioni rilasciate dallo stesso Lotti in un interrogatorio reso in gran silenzio davanti ai pm di Milano qualche mese fa .

L’ex sottosegretario del Governo Renzi è stato travolto lo scorso giugno  dal ciclone che ha destabilizzato il Consiglio superiore della magistratura, quando è stato  intercettato dai finanzieri delegati dalla procura di Perugia mentre chiacchierava con il magistrato Luca Palamara e l’allora deputato-magistrato del Pd Cosimo Ferri,  di nomine di importanti uffici giudiziari .  Lotti s’è dovuto addirittura autosospendere dal partito. “Almeno fino a quando la vicenda non sarà chiarita”.

Il settimanale L’Espresso ha però scoperto che anche i magistrati milanesi hanno cominciato ad indagare seriamente, e che Lotti è stato interrogato da loro  all’inizio dell’estate in gran segreto . I pubblici ministeri Laura Pedio e Paolo Storari della procura di Milano lo hanno convocato per ascoltarlo in merito ad alcune frasi che i colleghi di Perugia avevano considerato rilevanti, e che avevano inviato per i dovuti accertamenti alla procura guidata da Francesco Greco .

Al setaccio della procura milanese sono finiti in particolare quei passaggi in cui Lotti, Ferri e Palamara discutono di alcune “carte dell’Eni” da usare per un dossier contro Paolo Ielo procuratore aggiunto della Procura di Roma,  il magistrato che ha chiesto a fine 2018 il rinvio a giudizio di Lotti per favoreggiamento in merito alla fuga di notizie sul “Caso Consip“, e che aveva dato il via all’inchiesta contro il magistrato Palamara e l’imprenditore Fabrizio Centofanti, trasmessa poi a Perugia per dovuta competenza.

I due magistrati milanesi Pedio e Storari, coordinati dall’aggiunto Fabio De Pasquale,  hanno contestato in particolare a Lotti che era stato convocato non come indagato ma in qualità di testimone e quindi l’ex ministro aveva l’obbligo di dire tutta la verità, rischiando contrariamente un’imputazione di falsa testimonianza, su un dialogo chiave cioè quello in cui il politico del Pd e Palamara discutono di un esposto che il magistrato capitolino Stefano Fava aveva spedito al Csm, Una denuncia strumentale durissima nella quale Fava che attualmente è indagato a Perugia per “favoreggiamento” e “rivelazione di segreto d’ufficio”  criticava duramente sia l’ ex capo della procura romana Giuseppe Pignatone,  andato in pensione, ma anche l’aggiunto Paolo Ielo, accusandolo di avere un conflitto d’interessi in merito ad alcune inchieste penali per via di alcune consulenze professionali ottenute dal fratello Domenico, avvocato,  che ha lavorato anche con l’Eni.

Come rivelato a giugno dal settimanale L’ Espresso, le intercettazioni erano state spedite a Milano perché Lotti, in una affermazione, aveva coinvolto  l’amministratore delegato dell’ ENI Claudio Descalzi, già imputato a Milano per una presunta corruzione internazionale. L’ex ministro dello Sport, il 21 maggio 2019, mentre parla di Ielo e dell’esposto di Fava con Palamara e Ferri, rivela agli amici che lui ha già le carte sul fratello Domenico Ielo,  aggiungendo che i documenti gli sarebbero stati consegnati proprio da Descalzi in persona.

Davanti ai pm milanesi che gli domandavano il significato delle frasi registrate, Lotti non ha potuto negare le parole cristallizzate dal trojan inoculato dal Gico della Guardia di Finanza nel cellulare di Palamara. L’ex ministro del Pd, secondo quanto risulta all’Espresso, ha dichiarato di aver ricevuto l’indicazione di cercare attraverso l’Eni carte potenzialmente compromettenti su Domenico Ielo, da usare poi contro il fratello Paolo. dallo stesso Palamara, allora “leader” della corrente Unicost , e da Ferri magistrato – deputato eletto anch’egli nelle liste del Pd e da sempre “leader” della corrente di  Magistratura Indipendente.

Lotti in pratica ha confermato ai magistrati che la preparazione di un dossier contro il procuratore aggiunto di Roma Paolo Ielo,  fu avviata realmente. Mentre ha tirato in ballo come presunti mandanti del complotto Palamara e Ferri, ha “scagionato” l’Eni e il suo amministratore delegato De Scalzi. L’ex-braccio destro di Renzi ha infatti ammesso a verbale di aver cercato i contratti del fratello di Ielo (risulta abbia contattato Claudio Granata, un dirigente di primo piano estraneo all’inchiesta, ritenuto  “vicinissimo” a Descalzi,  ) ma ha aggiunto che dai piani alti dell’ ENI non gli sarebbe mai arrivato nulla.

 L’ex ministro renziano ha spiegato di aver parlato di Descalzi  che venne nominato amministratore delegato dell’Eni nel 2014 dal governo Renzi, nelle conversazioni intercettate a maggio, in cui sosteneva di avere già in tasca “la carta dell’Eni“solo per mostrarsi influente agli occhi dei suoi sodali. In poche parole, avrebbe compiuto un millantato credito. L’estraneità del top manager del colosso petrolifero al “dossieraggio” su Paolo Ielo ha avuto comunque riscontri indiretti dai controlli della Guardia di Finanza, che ha effettuato i dovuti accertamenti sull’entità effettiva degli incarichi professionali ottenuti dal fratello Domenico Ielo con l’Eni, riscontrando che  le parcelle sono più basse rispetto a quelle riferite da Lotti nell’intercettazione. È quindi ipotizzabile che il gruppetto i veri contratti non li abbia mai avuti in mano.

I congiurati del Csm sembrano avere un vero assillo verso Paolo Ielo . Si parla del magistrato non solo nell’incontro del 21 maggio, ma anche in altre riunioni . Infatti nell’informativa del Gico della Guardia di Finanza viene dedicato un intero paragrafo dei dialoghi sul pm intercettati  : “L’attività di ascolto del colloqui fra presenti della notte del 9 maggio 2019 permetteva di rilevare l’esistenza di un esposto presente alla I Commissione del Csm di interesse da parte dei soggetti presenti“, spiegano gli uomini della Fiamme Gialle.

Per la precisione è della notte in cui Lotti, Ferri, Palamara ed i cinque membri togati del Csm, successivamente dimessisi a seguito della pubblicazione sui giornali delle trascrizioni delle intercettazioni,  discutevano in una saletta riservata dell’anonimo hotel romano “Champagne” adiacente a Palazzo dei Marescailli, sede del Consiglio Superiore della Magistratura, delle nomine, accordi e cordate per “piazzare” magistrati di fiducia e sopratutto controllabili ai vertici delle procure italiane.

 I “carbonari con la toga” quel 9 maggio pianificavano anche  su come azzoppare il procuratore aggiunto Paolo Ielo del pool anticorruzione della Procura romana, con l’intento dichiarato da favorire una “discontinuità” nella procura della Capitale dove Palamara e compagni speravano potesse “piazzare” Marcello Viola, il procuratore generale di Firenze che per i “carbonari” è l’uomo giusto, da preferire  più degli altri candidati Giuseppe Creazzo e Francesco Lo Voi per cambiare la politica di rigore ed indipendenza applicata per anni da Pignatone ed i suoi “fedelissimi”.

Dopo l’esplosione dello scandalo il Csm ha revocato la decisione precedentemente assunta della Commissione che aveva votato la terna, ed adesso per la successione di Giuseppe Pignatone alla guida della Procura di Roma, sono tornati in gioco tutti e tredici i candidati iniziali, compreso l’attuale procuratore aggiunto Michele Prestipino.

da sx, Cosimo Ferri, Luca Lotti e Luca Palamara

Lotti quella sera parlando del dossier anti Ielo interviene più volte e  chiede agli altri “carbonari”  “che cosa deve arrivare al presidente della situazione a Roma“, millantando che le informazioni che screditano il pm grazie a lui possano arrivare direttamente alle orecchie del Capo dello Stato. A notte fonda, l’ex- renziano spiega di nuovo a Palamara: “Luca, la roba che c’è in prima ( cioè la 1a Commissione del Csm, dove il pm Fava ha depositato il suo esposto contro Ielo – ndr)… su Roma… è pesante… sia il Quirinale, sia David (Ermini, il vicepresidente del Csm ndr) lo vogliono affossare… a noi la decisione Luca. Che si fa? Si spinge? Una volta che si è fatto anche gli aggiunti“. E poco dopo, sempre rivolgendosi all’amico Palamara : “Poi il fratello di Ielo… c’ha na consulenza all’Eni“. Ed aggiunge: “Che si fa? Si fa uscire poi? Dopo che s’è fatto gli aggiunti…“. Palamara è d’accordo , spiegando che sarà il magistrato Stefano Fava, con il suo esposto depositato ed agli atti della Prima Commissione (la “disciplinare” n.d.r.) , a fare scoppiare lo scandalo. Ma Lotti teme che il pm possa alla fine fare un passo indietro: “E fai uscire anche un po’ i fratelli… voglio vedé, voglio sentirlo Fava che dice… i fratelli, le cose… non sarà così pazzo“.

Le azioni del gruppetto dei “carbonari” sembrano lontane da qualsiasi regola istituzionale e deontologica, lasciando da parte la rilevanza penale  delle loro azioni che è da comprovare  . Sia   perché Lotti e Palamara potrebbero avere più di un motivo per vendicarsi dell’operato di Ielo, ed anche perché  il magistrato Ferri ,  attualmente  in aspettativa passato alla politica come deputato del Pd, continua ad occuparsi ancora di nomine e poltrone delle procure italiane. Come hanno scritto i pm di Perugia in merito alla denuncia di Fava, il dossier contro Ielo è di fatto meramente strumentale: risulta infatti  inconfutabile  che Ielo quando la Procura di Roma aprì l’inchiesta sull’ ENI, che ha poi portato all’arresto degli avvocati Piero Amara e Giuseppe Calafiore,  dichiarò immediatamente ed in anticipo rispetto ai fatti il potenziale conflitto d’interessi legato agli incarichi professionali del fratello, e con grande tatto e deontologia professionale decise di astenersi dall’occuparsi dell’ indagine sull’Eni.

Analoga decisione adottata per l’inchiesta aperta dalla procura di Roma su Condotte, l’ azienda di costruzioni finita sotto commissariamento,  che si avvale di alcune consulenze dell’ avvocato fratello del magistrato Paolo Ielo  che quell’occasione scrisse una lettera al procuratore capo  Pignatone con la quale spiegava i motivi che lo inducevano a non potersi occupare dei fascicoli.

Luca Lotti esce dalla Procura di Roma

E’ molto probabile che adesso i verbali dell’interrogatorio di Lotti vengano trasferiti a Perugia, dove  i magistrati qualche giorno fa hanno chiesto una proroga dell’indagine che, partita per una presunta corruzione di Palamara e di Centofanti, ha finito per devastare tutta la magistratura italiana.

La questione Lotti potrebbe creare delle ripercussioni anche sulla politica: è notizia di qualche giorno fa  che il capocorrente Lotti, ha annunciato di lavorare costantemente all’organizzazione ed espansione “su tutto il territorio nazionale”  della corrente Base Riformista interna al Pd, abbia anche ammesso ai magistrati milanesi nel corso del suo interrogatorio-testimonianza di aver provato a ottenere documenti per danneggiare un  magistrato (cioè Ielo)  che aveva richiesto il suo rinvio a giudizio. “Su indicazione”, ha aggiunto, “di Palamara e Ferri, quest’ultimo fuoriuscito dal Pd e passato qualche giorno fa con  “Italia Viva” il movimento fondato da Matteo Renzi .

Un’ammissione che sicuramente verrà fatta “pesare” da più di uno dei vertici del Pd . Il tesoriere Luigi Zanda a giugno fu durissimo con Lotti, mentre il segretario nazionale Nicola Zingaretti lo ringraziò  “per essersi autosospeso dal partito, un gesto non scontato che considero di grande responsabilità“, ma eticamente inaccettabile per i nuovi “soci” di governo del Movimento 5 Stelle. che presto dovranno occuparsi della riforma della giustizia insieme al Pd ed i renziani . E tutta questa vicenda difficilmente non avrà peso sugli equilibri del governo giallorosso.

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