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22 Novembre 2024 03:01

La Morselli “commissariata” a Roma dalla famiglia Mittal. Ora rischia anche lei il posto

Alcune voci  circolanti già dalla settimana scorsa provenienti dagli uffici di Londra del gruppo Arcelor Mittal da Londra stavano accarezzando l'idea di mettere in disparte la Morselli se non di darle addirittura il benservito mandandola a casa dopo meno di un mese dalla sua nomina avvenuta nel pieno di una vertenza delicatissima che ha fatto scendere in campo magistrati di "peso", quali appunto i  due  capi delle procure di Milano e Taranto, e persino il Presidente della Repubblica Mattarella
Aditya Mittal

ROMAAditya Mittal anche ieri è rimasto a Roma  per continuare la trattativa con il Governo in preparazione dell’incontro a Palazzo Chigi di venerdì, ma sopratutto per condividere con gli avvocati italiani del gruppo  la propria difesa per difendersi dell’offensiva congiunta delle procure. C’è, in questa decisione di restare a Roma, però anche una sorta di “commissariamento” dell’ad del gruppo in Italia Lucia Morselli. È trascorso poco più di un mese, dal 15 ottobre quando la multinazionale ha deciso un improvviso cambio alla guida del gruppo in Italia, affidando la guida alla top manager nota per il suo carattere  di “dura”.

Troppo d’acciaio, forse. Di certo da quel dì la situazione è precipitata. La Morselli aveva l’incarico di intrecciare rapporti con i politici e le istituzioni in modo da evitare quello che il colosso temeva più di tutto: l’abolizione definitiva dello scudo penale. Obiettivo fallito: l’immunità, è ancora “sub judice” sulla graticola delle lotte interne e dei rancori presenti fra le correnti del Movimento Cinquestelle. E la Morselli non è riuscita ad ottenere alcunchè dalla politica. In queste ore infatti, continua il lavoro dei “tecnici”dei ministeri coinvolti  sugli altri punti di un possibile accordo: sconto sull’affitto, risoluzione del blocco dell’altoforno AFO2 ed impegni sulla futura decarbonizzazione.
I commissari straordinari dell’ILVA in A.S. accompagnati da dirigenti e tecnici, hanno avuto accesso ieri e compiuto delle  verifiche in particolare nell’area dei parchi minerali, dove vengono stoccati i materiali che servono ad alimentare l’attività della fabbrica. Da quanto è trapelato da fonti “vicine” alla gestione commissariale di ILVA in A.S. , l’ispezione compita avrebbe sostanzialmente confermato quanto ipotizzato nell’esposto presentato alla Procura di Taranto che ha dato luogo all’apertura da parte della procura di un fascicolo di inchiesta sulle ipotesi di reati di ‘Distruzione di mezzi di produzione’ e di ‘Appropriazione indebita‘. Subito dopo la visita i commissari hanno incontrato il procuratore di Taranto, Carlo Maria Capristo.
L’Ilva in amministrazione straordinaria presenterà entro questa settimana una richiesta di proroga all’autorità giudiziaria di Taranto  del precedente termine del 13 dicembre fissato dal Tribunale per la realizzazione degli adeguamenti di sicurezza dell’Altoforno AFO2 sottoposto a sequestro dopo l’incidente del giugno 2015 in cui è morto l’operaio Alessandro Morricella. Fonti vicine alla gestione commissariale confermano che non ci sarebbe alcun “automatismo” tra il termine del 13 dicembre e la chiusura dell’altoforno in quanto prima di avviare eventualmente lo spegnimento bisognerà compiere le verifiche necessarie che richiedono dei tempi tecnici. La gestione commissariale, infatti, avrebbe già realizzato 20 delle 21 prescrizioni indicate dall’Autorità Giudiziaria. L’ ultima, la ventunesima, riguarda la realizzazione delle macchine automatiche, è quella tecnicamente più complessa e richiede ancora tempo. La proroga verrà richiesta per rendere possibile il completamento dell’ultimo adempimento non ancora del tutto realizzato.
Sul fronte dell’ inchiesta avviata dalla Procura di Milano, il pm di Milano Stefano Civardi, che insieme al collega Mauro Clerici coordinati dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli , conducono l’indagine con al centro l’addio di ArcelorMittal all’ex Ilva, ha sentito come testimone Steve Wampach, General Manager del gruppo franco indiano e Direttore Finance di ArcelorMittal Italia.
Da quanto è trapelato, le indagini degli inquirenti milanesi in questi giorni si stanno concentrando sul presunto depauperamento del polo siderurgico per depositare i primi esiti dei loro accertamenti nell’ambito della causa civile nella quale interverranno come “parte” a sostegno dei commissari. Un alleato di non poco conto.
Nel frattempo si è è svolto oggi un nuovo incontro “tecnico” al Ministero dell’ Economia e Finanze. Sul tavolo il ruolo delle società a partecipazione pubblica che il Governo vuole coinvolgere nel salvataggio dello stabilimento siderurgico di Taranto. Iniziando da quelle che hanno rapporti con ILVA in qualità di ” clienti” , come  ad esempio Fincantieri, ed i e fornitori.
La Cassa depositi e prestiti ha già rivolto un invito alle sue società partecipate di cominciare a ragionare delle iniziative da poter mettere in campo per  investire rapidamente sul territorio nell’ambito del “Cantiere Taranto”.
Per favorire una mediazione fra l’atto di recesso e il ricorso d’urgenza per indurre Arcelor Mittal a recedere dai suoi propositi, sono stati attivati studi legali di altissimo livello, tutti nomi di “grido” del diritto societario ed industriale,  che hanno partecipato al  vertice del Mef , in un incontro che ha avuto lo scopo anche di stemperare le tensioni pre-esistenti causate anche dall’ eccessiva “durezza” fuoriluogo della Morselli, ed aperto la strada ad un possibile negoziato. Ad assistere i commissari di ILVA in AS sono stati chiamati Marco Annoni di Roma, esperto di piani finanziari, Giorgio De Nova, ritenuto un “luminare” del diritto civile, ed Enrico Castellani dello studio Freshfield; ad assistere Arcelor Mittal l’ avv.  Scassellati con Ferdinando Emanuele dello studio Cleary Gottlieb, e Franco Gianni, senior partner dello studio Gianni Origoni Grippo Cappelli & partners,  consulenti legali che stanno stendendo da ieri una  dichiarazione di intenti basata sui punti qualificanti del contenzioso per costituire una nuova base negoziale.

Sono quattro i punti-guida cardine del documento lungo diverse pagine e redatto in inglese. Il punto 1 sarebbe quello sulla certezza del diritto mediante il ripristino dello “scudo penale“. Il punto 2 riguarda la funzionalità dell’Altoforno AFO2, che dovrebbe venire svincolato dalla “mannaia” giudiziaria” per poter tornare a produrre a regime; il punto 3 riguarda le misure “a supporto del rilancio del territorio mediante una combinazione pubblico-privato per creare condizioni di lavoro sostenibili”.

Quest’ultimo è uno dei passaggi più delicati in quanto necessita di circa 1 miliardo di investimenti: ed è in questo ambito che il governo avrebbe allertato Banca Intesa Sanpaolo che  è il principale creditore dell’ ILVA in amministrazione straordinaria, debitrice della non indifferente somma di 1,7 miliardi nei confronti del pool creditizio formato da sette banche. I banchieri avrebbero dato disponibilità a esaminare un progetto concreto, contenente sopratutto obiettivi raggiungibili ed in presenza di queste condizioni Intesa Sanpaolo sarebbe disposta persino a rafforzare il proprio impegno.

Infine, il punto 4 riguarda la tecnologia verde legata alla riconversione del piano ambientale che comporta una sensibile riduzione della forza lavoro, che potrebbe venire assorbita dalla Cassa Depositi e Prestiti attraverso delle misure compensative, schierando Cdp Immobiliare società del gruppo attiva nell’housing sociale, i cui immobili di proprietà potrebbero accogliere gli sfollati residenti nel rione Tamburi, adiacente lo stabilimento siderurgico.

Fonti di Palazzo Chigi fanno trapelare che il premier Giuseppe Conte, ieri a Berlino, ha sondato la disponibilità della cancelliera Angela Merkel a supportare l’Italia nel risolvere la “questione Taranto” almeno su due fronti europei: l’impiego di fondi comunitari per l’occupazione e per l’innovazione, ed il via libera a un eventuale ingresso dello Stato nell’azionariato del gruppo siderurgico ex-ILVA.

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