ROMA – A capo dell’ organizzazione di narcotrafficanti alla quale è stata contestata l’aggravante del metodo mafioso, che è stata smantellata dalla Procura di Roma e dal Gico della Guardia di Finanza, c’era Fabrizio Piscitelli, il capo ultrà della Lazio morto ucciso lo scorso 7 agosto .
Gli accertamenti svolti e le evidenze investigative emerse grazie al prezioso ed efficace lavoro degli investigatori delle Fiamme Gialle che hanno condotto l’indagine chiamata “Grande raccordo criminale“, hanno condotto a 50 arresti eseguiti oggi.
Quattrocento militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Roma, con il supporto di elicotteri e unità cinofile, hanno eseguito – nel Lazio, in Calabria e in Sicilia – un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice delle Indagini Preliminari del Tribunale, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, nei confronti di 51 persone (50 in carcere e 1 ai domiciliari), appartenenti ad un’organizzazione criminale specializzata nel traffico di sostanze stupefacenti, in grado di rifornire gran parte delle “piazze di spaccio” dei quartieri della Capitale, e che aveva messo in piedi una “batteria di picchiatori” composta da persone incaricate che mediante l’impiego della violenza si occupavano esclusivamente dell’esecuzione di attività estorsive per il recupero dei crediti maturati.
All’esito delle indagini coordinate dalla D.D.A. capitolina, gli specialisti del G.I.C.O. del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Roma hanno smantellato uno strutturato sodalizio dedito al traffico di cocaina e hashish, capeggiato dai pregiudicati Fabrizio Piscitelli , classe 1966 , il capo ultrà laziale ucciso il 7 agosto scorso al Parco degli Acquedotti, e Fabrizio Fabietti classe 1977.
Nell’ambito delle indagini, svolte nel periodo febbraio-novembre 2018, è stata ricostruita la compravendita di circa kg. 250 di cocaina e kg. 4.250 di hashish, per un valore complessivo stimato “al dettaglio” di circa 120 milioni di euro. L’attività d’indagine ha consentito di evitare contestualmente che parte dello stupefacente (oltre kg. 60 di cocaina e circa kg. 3.800 di hashish) venisse immessa sul mercato. In occasione dei sequestri operati sono state tratte in arresto, in flagranza di reato, 18 persone tra “corrieri” e “fiancheggiatori”.
L’associazione poteva contare su un flusso costante di droga proveniente dal Sud America (la cocaina da Colombia e Brasile) e dal Nord Africa (hashish dal Marocco), garantito dai fornitori abituali, quali Dorian Petoku (classe 1988), Francesco Maria Curis (classe 1961) e Alessandro Savioli (classe 1961), tutti arrestati a seguito dell’odierna ordinanza.
Se l’operazione delle Fiamme Gialle non ha condotto all’identificazione degli assassini di “Diabolik”, ha però portato alla luce un giro di affari legati al mondo della droga, all’interno del quali è maturato l’omicidio del capo “ultras della curva nord laziale, sopratutto per il ruolo ricoperto nel tempo da Piscitelli e per il suo modo di agire. Secondo l’accusa della Procura di Roma, infatti, sulle basi delle intercettazioni, erano i suoi stessi amici e complici a mostrarsi preoccupati per i comportamenti di “Diabolik” e per i suoi atteggiamenti manifestati nei confronti di rivali e debitori, che hanno causato reazioni violente nei suoi confronti. Una delle persone arrestate oggi, considerato un suo “fedelissimo” in una conversazione intercettata il 13 maggio dello scorso anno diceva: “Non sta bene… lui è Fabrizio Piscitelli… pensa che comunque non ci può essere un matto che prende e gli tira una sventagliata sul portone, non lo capisce…“.
Esattamente un anno e quattro mesi dopo quell’intercettazione Piscitelli è stato ammazzato con un colpo di pistola alla nuca, e secondo la ricostruzione del procuratore aggiunto Michele Prestipino e del pm Nadia Plastina, l’esecuzione di Diabolik è la dimostrazione di un “prestigio criminale” consolidatosi e riconosciuto nella Capitale, che lo aveva indotto a sentirsi troppo convinto di sé, arrivando al punto di commettere azioni ed atteggiamenti imprudenti che preoccupavano, causando timori, i suoi stessi amici e sodali.
Suggestiva l’espressione con la quale il Fabietti manifestava ad un sodale l’influenza esercitata sul mercato illegale capitolino: “…la devo dà a tutta Roma …”. Parallelamente alle attività illecite strettamente connesse al traffico di droga, le indagini hanno consentito di ricostruire il ruolo di Fabrizio Piscitelli, alias “Diabolik”, il quale, comunque coinvolto nella compravendita di stupefacenti, si ergeva a figura di riferimento nel “controllo” del territorio, nonché di garanzia e affidabilità dell’associazione, che si avvantaggiava della sua leadership.
Fabietti, in particolare, si colloca sulla scena criminale quale importante broker del narcotraffico capitolino, dotato di qualificate relazioni sia sul fronte degli approvvigionamenti di droga – risultando in affari con soggetti contigui a organizzazioni di matrice mafiosa della cosca di ‘ndrangheta Bellocco, quali i fratelli Emanuele (classe 1986) e Leopoldo Cosentino (classe 1983), entrambi destinatari del provvedimento cautelare – sia rispetto a un nutrito “portafoglio clienti”.
Piscitelli godeva, infatti, di un particolare riconoscimento nella malavita ed operava avvalendosi di soggetti, alcuni dei quali coinvolti anche nella presente associazione dedita al traffico di droga Ettore Abramo detto “Pluto” (classe 1966), Aniello Marotta (classe 1976), Alessandro Telich (classe 1987), che fanno parte di una frangia ultrà di tifosi della Lazio, di cui “Diabolik” era divenuto il capo.
I fratelli Cosentino rappresentano gli acquirenti all’ingrosso, a loro volta, erano i referenti-responsabili di sotto-gruppi criminali che riforniscono le diverse “piazze” di spaccio di quartiere, esercitando il business della droga sull’intero territorio della Capitale con basi nel quartiere Bufalotta a Roma Nord , nei quartieri San Basilio, Colli Aniene, Tor Bella Monaca e Borghesiana a Roma Est, nei quartieri Tuscolano e Romanina, a Ovest nei quartieri Ostia e Primavalle a Roma Sud e nei limitrofi comuni di Frascati, Ardea e Artena, secondo una vera e propria logica imprenditoriale di divisione dei compiti.
Le investigazioni hanno fatto emergere uno spaccato delittuoso che vede il sodalizio di narcotrafficanti evolversi e costituire una “batteria di picchiatori” (“…oh gli ho preparato una macchina, li massacriamo tutti eh…”) composta da soggetti appositamente incaricati dell’esecuzione di attività estorsive per il recupero dei crediti maturati nell’ambito del traffico di droga, mediante l’impiego della violenza, non escludendo l’uso delle armi (“…vabbè spariamogli, che dobbiamo fare?…).
Una batteria di picchiatori che agisce in concreto: sono almeno due gli episodi di estorsione con metodi violenti ricostruiti. Il primo episodio estorsivo è ai danni di un vecchio compagno di cella del Fabietti , responsabile di non aver onorato un pregresso debito di droga di circa 100.000 euro, diventa vittima di una brutale aggressione, prima di sottomettersi alle richieste dei vertici del sodalizio. Il secondo episodio matura, invece, nei confronti di altri due soggetti già noti alle cronache giudiziarie per i loro trascorsi nel settore del narcotraffico. Ancora una volta, dopo le minacce di morte, gli associati riescono a farsi promettere il pagamento di 90.000 euro.
L’operatività del sodalizio veniva garantita e supportata anche attraverso il ricorso a dei sistemi di comunicazione all’avanguardia, che venivano forniti dall’associato Alessandro Telich, già tratto in arresto nell’ottobre del 2013 per aver favorito la breve latitanza di Piscitelli. TELICH, meglio noto negli ambienti come “Tavoletta”, è un tecnico informatico, titolare di una società con sede a Dubai (Emirati Arabi Uniti), operante nel settore del controspionaggio industriale e delle telecomunicazioni, che esegue bonifiche sulle autovetture e nelle abitazioni degli associati, fornendo avanzati sistemi di comunicazione criptati che mettevano al sicuro i dati informatici trasmessi presso dei server ubicati negli Emirati Arabi, in maniera tale da rendere il sistema ancora più impenetrabile agli investigatori.
La costante e immediata disponibilità di rilevanti somme di denaropermetteva all’organizzazione criminale di ottenere condizioni economiche favorevoli nel corso delle trattative promosse con i fornitori dello stupefacente. Potendo pagare con la formula “subito e cash”, il prezzo ottenuto era sempre vantaggioso ed il “giro” si ero allargato a dismisura, anche perché garantiva la consegna “a domicilio” attraverso la partecipazione associativa di Fabrizio Borghi (classe 1977) e Daniela Viorica Gerdano (classe 1980).
Ad affiancare i promotori del sodalizio, si era affiancata una schiera di acquirenti “all’ingrosso” che, in ragione dello stabile rapporto di fornitura che li lega, sono considerati parimenti degli “associati” all’organizzazione, garantendole costanti disponibilità economiche, fondamentali per la sua esistenza e operatività. Tra questi emergevano i fratelli Nicolas ed Emiliano Pasimovich (entrambi classe 1985), originari del Sudamerica ma residenti sul litorale pontino. I due sono tra i più affidabili acquirenti selezionati dal Fabietti, cui si aggiungevano Adnan Ibrakovic (classe 1981), Stefano Piccioni (classe 1971), Paolo Salvemini (classe 1977), Stefano Coniglio (classe 1983), Adamo Castelli (classe 1967), Angelo Bartocci (classe 1963), Giuliano Cappoli (classe 1993), Roberto Montanaro (classe 1961) e Marco Tripodi (classe 1976), Abramo Di Guglielmo (classe 1980) e Sabatino Di Guglielmo(classe 1968) , questi ultimi due contigui al “clan Casamonica“.
Nonostante l’elevato numero degli associati (trentadue), l’organizzazione criminale era comunque aperta alle nuove occasioni di profitto generate dai soggetti che ruotano attorno ad essa. Questi ultimi, che siano fornitori occasionali come i fratelli Cosentino o Maurizio Cannone (classe 1973), acquirenti saltuari come Gianluca Almaviva (classe 1979), Marco De Vincentiis (classe 1979), Fabio De Tommasi (classe 1962), Ruben Alicandri (classe 1977), Danilo Perni (classe 1970), nonchè di corrieri e factotum arruolabili all’occorrenza come Umberto Scarpellini (classe 1974), Marco Adano (classe 1980) e Luigi Centi (classe 1974), rispettavano l’organizzazione e ne individuano un’opportunità di investimento.
“Si tratta di un gruppo criminale che non ha eguali in altre città italiane che operava a Roma Nord e che coinvolge criminalità sportiva, politica e non solo. Tutto ruotava attorno a Piscitelli, che era indagato prima di essere ucciso“. Così il procuratore facente funzioni di Roma, Michele Prestipino. “Questa operazione ci permette di squarciare il velo rispetto al traffico di droga sulla piazza di Roma, con un’indagine trasversale multilivelli che ci permette di ricostruire in modo verticale come funziona lo spaccio” ha spiegato il magistrato che ha poi aggiunto: “C’è una vera attività di brokeraggio nel mercato della droga, costituita da coloro che hanno i contatti per l’importazione della droga e tengono i rapporti con i grandi grossisti e a loro volta con le principali piazze di spaccio di Roma“.
Dei 51 provvedimenti emessi dal Gip su richiesta della Direzione distrettuale antimafia di Roma, 50 sono misure cautelari in carcere mentre nei confronti di una sola persona sono stati disposti gli arresti domiciliari.