ROMA – Il collegio dell’ appello composto giudici milanesi Pendino-Alonge-Peroni, chiamati a decidere sul ricorso presentato dall’ avvocato difensore Giampiero Biancolella, difensore dell’ex-parlamentare europea, lo hanno parzialmente accolto, revocando quindi gli arresti domiciliari per la Comi , che in serata è stata rimessa in libertà , sostituendoli con una misura cautelare più “leggera” con l’interdizione per 6 mesi dall’esercizio degli uffici direttivi delle imprese , come quelle della Comi attive nel campo del marketing. “La Comi è libera, – ha commentato il suo difensore – adesso l’impegno sarà ottenere il proscioglimento da ogni accusa”.
La Gip Raffaella Mascarino del Tribunale di Milano aveva motivato gli arresti domiciliari per la Comi sostenendo che, anche se non più in carica, potesse comunque ancora “contare sulla sua visibilità politica” nonchè sulla sua “indiscutibile rete relazionale, trasversale fra alti livelli politici e imprenditoriali“, come utile volano per ulteriori attività illecite, visto che “nonostante la giovane età ha mostrato nei fatti una non comune esperienza nel fornire parvenza legale all’incameramento di finanziamenti illeciti”.
Ora, però, in attesa delle motivazioni, l’unico punto fermo (giudiziariamente parlando) è il dispositivo emesso dal Tribunale del Riesame di Milano , dal quale si apprende che 3 dei 6 capi d’accusa sono stati annullati sotto il profilo cautelare. Confermati, invece, i capi d’accusa per truffa alla Ue sul portavoce Aliverti, corruzione Afol e relativa fatturazione. Ma così il complessivo quadro cautelare appare ridimensionato dal Tribunale del Riesame non potendo sostenere una misura cautelare detentiva, ponendo le esigenze cautelari sufficientemente legittimate da una misura cautelare non detentiva come l’interdizione di Comi dalla guida delle società.
La misura cautelare è stata annullata per tre imputazioni su sei, ed esigenze cautelari esistenti sulle altre tre ma non così gravi da giustificare una misura cautelare detentiva. Non era quindi sbagliata l’iniziale impressione generale che valutavano le esigenze cautelari applicate dagli inquirenti milanesi lo scorso 14 novembre, poste alla base degli arresti domiciliari dell’ ex europarlamentare di Forza Italia Lara Comi, già da mesi indagata, potessero risultare non così granitiche e attuali davanti al Tribunale del Riesame.
Ieri i pm Bonardi-Furno-Scudieri della Procura di Milano, presenti in udienza al completo, avevano invece chiesto la conferma degli arresti domiciliari, documentando ulteriori interrogatori di coindagati-accusatori, riascoltati proprio in vista del Riesame dopo le 5 ore di interrogatorio nelle quali Comi li aveva tacciati di accusarla con “contraddizioni e discrasie“.
Dal Tribunale del Riesame invece sono stati ravvisati degli indizi di reato e quindi la Comi rimane indagata per le ipotesi di “truffa al bilancio del Parlamento europeo” a cui avrebbe addebitato lo stipendio maggiorato del suo portavoce Andrea Aliverti in maniera tale da poterne retrocedere due terzi al riferimento varesino di FI Nino Caianiello per i costi del partito provinciale, oltre che nello stesso schema due mesi nel 2016 in un contratto a Caianiello; “finanziamento illecito” dal presidente di Confindustria Lombardia, Marco Bonometti , anch’egli indagato, per 30.000 euro spacciate come una consulenza sul made in Italy nell’auto, che è stata ritenuta finta dagli investigatori ; “corruzione” per una consulenza conferita dall’”Afol-Agenzia metropolitana per il lavoro” del direttore Giuseppe Zingale che resta ancora in carcere.