ROMA – Gli avvocati dell’ Unione delle Camere Penali in Italia hanno protestato oggi contro la riforma della prescrizione. Le toghe contestano la legge che, evidenziano, rischia di trasformarsi in un “ergastolo processuale per cittadini imputati a vita”. “Abbiamo indicato tre articoli della Costituzione: il 24 che è per il diritto di difesa, il 27 che è la presunzione di non colpevolezza è il 111 che è il giusto processo”, ha detto l’avvocato Giovanni Briola del direttivo della Camera penale di Milano.
Quando Marina Tavassi presidente della Corte d’Appello di Milano nel ringraziare i principali ospiti presenti all’inaugurazione ha nominato Piercamillo Davigo dicendo “siamo lieti di accogliere e che per tanti anni abbiamo avuto protagonista nella sede giudiziaria di Milano“, ma proprio quando ha preso la parola Davigo, gli avvocati della Camera Penale di Milano in segno di protesta hanno lasciato l’aula. Alle urla “vergogna” di uno dei presenti Davigo è stato costretto a interrompere il suo intervento
La sospensione del corso della prescrizione “non servirà sicuramente ad accelerare i tempi del processo, semmai li ritarderà ‘senza limiti e presenta rischi di incostuzionalità’“. E’ stato uno dei passaggi della relazione del procuratore generale di Milano Roberto Alfonso in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario. “La norma introdotta consente al processo di giungere all’accertamento del fatto e all’eventuale condanna dell’imputato, è ciò anche a tutela della persona offesa, ma non si può sottacere che essa viola l’articolo 111 della Costituzione, con il quale confligge, quanto agli effetti, incidendo sulla garanzia costituzionale della ragionevole durata del processo“
“A nostro modesto avviso la norma presenta rischi di incostituzionalità – ha aggiunto il Procuratore Generale nella sua relazione alla presenza del ministro della giustizia Alfonso Bonafede – essa invero appare irragionevole quanto agli scopi, incoerente rispetto al sistema, confliggente con valori costituzionali“. A Milano la prescrizione nella fase delle indagini preliminari “incide per il 3,79 per cento“. E negli uffici giudiziari di Milano, ha ricordato Alfonso, ci sono “spaventosi vuoti di organico e la mancanza di risorse che contribuiscono a determinare tempi lunghi del processo“.
Nel discorso del procuratore generale Alfonso si legge che per l’imputato “già solo affrontare il processo penale costituisce una ‘pena anche per il disdoro che purtroppo nella nostra società massmediatica esso provoca“. E, quindi “l’inefficienza dell’amministrazione non può ricadere sul cittadino, benché imputato“. Da “oltre un decennio“, ha proseguito il procuratore Alfonso, “denunciamo gli spaventosi vuoti di organico e la mancanza di risorse che contribuiscono a determinare i tempi del lungo processo, ma certamente la soluzione ai ritardi, alla mancanza di risorse, al difetto di organizzazione, alla inefficienza dei servizi, dunque al mancato rispetto dell’articolo 111 Costituzione da parte dei Governanti, non può individuarsi nella sospensione del corso della prescrizione, a danno dell’imputato”. Per questo “il legislatore con urgenza e con sapienza deve adottare una soluzione che contemperi le due esigenze: la tutela della persona offesa e la garanzia per l’imputato di un processo di ragionevole durata“.
“Io rispetto le divergenze dei penalisti, sono fisiologiche”, ha risposto nel suo intervento a Milano il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, aggiungendo di essere “pronto al confronto con tutti gli attori: condivido che dobbiamo intervenire sui tempi del processo, non ho mai detto che per me la prescrizione è un modo per ridurre questi tempi, non sono manettaro”.
Gli avvocati napoletani hanno sfilato in manette per protestare contro la riforma della prescrizione. La provocazione ha di fatto aperto la cerimonia di apertura dell’anno giudiziario in programma al Maschio Angioino. Le toghe contestano la legge che, evidenziano, rischia di trasformarsi in un “ergastolo processuale per cittadini imputati a vita“. Quando la dottoressa Concetta Lo Curto rappresentante del ministero della Giustizia , gli avvocati si sono alzati in piedi esponendo silenziosamente cartelli di protesta con scritto “rispettate la Costituzione“.
“L’Avvocatura, baluardo della democrazia e garante dei diritti, è oggi qui in questa sede, per denunziare i gravissimi attentati ai princìpi e ai valori fondamentali su cui si fonda lo Stato di diritti”, ha detto prendendo la parola il presidente dell’Ordine degli Avvocati di Napoli Antonio Tafuri. che ha parlato di “odiosa compressione dei diritti della difesa e del ruolo dell’avvocato sta purtroppo caratterizzando la politica giudiziaria anche nel nostro Paese”. Quindi per ben diciassette volte ha espresso il suo “io accuso”contro il potere esecutivo, dalle scelte sui tempi del processo penale alle politiche su processo civile, tributario e sulle carceri, fino all’”abuso delle intercettazioni”. Sulla prescrizione Tafuri ha ribadito: “Io accuso il potere esecutivo che ha abolito la prescrizione, spacciando questa misura come intervento acceleratorio e sapendo perfettamente, invece, che il processo senza prescrizione è un processo che non si concluderà mai”.
Il procuratore generale Luigi Riello ha introdotto il suo intervento definendo l’anno appena trascorso come “il più difficile e lacerante per la magistratura perché è esplosa una questione morale anche al nostro Interno. Deve essere chiaro che le erbacce vanno decisamente sradicate, ma è necessario non consentire che sulla nave dei salvatori della Patria e della Giustizia salgano soggetti interessati non a spezzare ignobili collusioni ma a presentare il conto ai magistrati seri”.
Gli avvocati penalisti di Catania durante il discorso del rappresentante del ministero della Giustizia alla cerimonia di inaugurazione dell’Anno Giudiziario , si sono alzati in piedi ed hanno esibito con le mani alzate i testi del Codice Penale.
I penalisti di Siracusa hanno lasciato il Palazzo di Giustizia per contestare la carenza dell’organico dei magistrati e del personale amministrativo nel Tribunale del capoluogo , sottolineando anche il disagio dell’intera classe forense nei confronti della recente riforma sulla prescrizione.
Protesta anche a Messina dove gli avvocati hanno scelto di assistere alla cerimonia senza indossare la toga, come hanno spiegato in una nota “in segno di protesta e di dissenso nei confronti di chi “non ascolta la voce dell’avvocatura sulla riforma che ha inciso sul decorso del termine di prescrizione del reato”. “Oggi – prosegue la nota – il codice affida ai tempi del processo alla responsabilità della magistratura, prima inquirente e poi giudicante, ma solo un confronto reale e costruttivo con l’avvocatura avrebbe potuto consentire al Ministro di comprendere le ragioni reali della violazione delle norme sul giusto processo“.
All’inaugurazione dell’anno giudiziario del distretto di Lecce, i penalisti di Lecce hanno disertato la cerimonia. L’ assenza è stato deliberata dalla Camera penale di Lecce “Francesco Salvi” nel corso dell’assemblea degli iscritti tenutasi ieri. Una protesta contro il governo, ma nel mirino c’è anche il Csm. La scelta di non prendere parte alla cerimonia presso il Palazzo di giustizia di Lecce, si è basata su queste motivazioni: il “no” alla riforma della prescrizione (già alla base di numerosi scioperi e astensioni) e il poco spazio riservato all’intervento dei penalisti. Le toghe salentine con la loro astensione hanno manifestato la propria solidarietà ai colleghi della Camera penale di Milano per il “caso Davigo” .
Nel motivare l’assenza delle toghe della Camera penale leccese in occasione del taglio del nastro del nuovo anno giudiziario, la giunta esceutiva ha contestato “lo spazio limitatissimo riservato all’Avvocatura” ribadendo “la contrarietà alla legge Bonafede sullo stop alla prescrizione dopo il primo grado di giudizio e la necessità di assumere forme di protesta proporzionate alla gravità del provvedimento legislativo”.
L’ avvocato Egidio Albanese presidente della Camera Penale di di Taranto ha preferito invece fare “passerella”a Lecce in silenzio, nello stile consueto della città delle “chiacchiere e distintivo“, da sempre appiattita sullo strapotere della magistratura locale.
I penalisti tarantini evidentemente preferiscono occuparsi di autobus ed autisti (vedi AMAT, CTP….) e portare a casa 3mila euro al mese ! Guai a contestare la magistratura e tutelare i clienti…