di Marco Ginanneschi*
Siamo arrivati a Pasqua e i tanto agognati finanziamenti alle imprese non sono ancora arrivati o forse meglio dire che siamo ancora ad una fase preliminare in quanto gli art. 49 e 57 del cosiddetto “Decreto CURAITALIA” (che risale al 17 marzo) sono stati quasi completamente riformulati con gli art. 1 e 13 del “Decreto LIQUIDITÀ” del 9 aprile.
Cosa cambia tra i due decreti? Perché non sono mai entrati in funzione gli attuativi del decreto CURAITALIA? Il Presidente Conte che inverte l’ordine della conferenza stampa, per motivi di audience, rispetto all’uscita del decreto (che appare due giorni dopo), dice che i “tecnici lavorano giorno e notte” per fare presto. Cosa è successo nel frattempo? C’era bisogno del decreto LIQUIDITA’? Ha portato dei miglioramenti?
Per le PMI nel precedente decreto si prevedeva l’intervento del Fondo Centrale di Garanzia con istruttoria del Medio Credito Centrale (MCC), mentre nel nuovo decreto l’erogazione per la stragrande maggioranza delle PMI (il 98% dell’economia italiana) avviene attraverso la garanzia di SACE (che fino ad oggi si è occupata prevalentemente di sostenere le aziende italiane operanti all’estero).
Assai deludente assistere ad una sotterranea guerra fratricida tra le due forze maggioritarie di governo per spostare il controllo delle risorse da dal Medio Credito Centrale (il cui Amministratore Delegato Bernardo Mattarella è il nipote del Presidente Mattarella), controllata direttamente da Invitalia di cui AD e’ il “renziano” Domenico Arcuri (propiziamente nominato nel CdM del 16 marzo anche alla funzione di Commissario per l’emergenza Coronavirus) alla SACE, partecipata al 100% da Cassa Depositi e Prestiti che da Luglio 2018 e’ governata dall’Amministratore Delegato Fabrizio Palermo per volontà del M5S per il controllo dell’azienda economicamente più importante d’Italia.
Mentre la politica continua su tutti i tavoli con il gioco degli equilibri, i veri equilibristi sono i lavoratori autonomi e le aziende che avranno una Pasqua con la tavola vuota, dopo proclami televisivi di promesse di credito ad oggi disattese (ad oltre un mese dal primo lockdown) e la mortificazione con misure offensive (come la concessione dei 600 euro) che non rispecchiano il valore della dignità della professione.
Sarebbe auspicabile che il peso ad oggi portato sulle spalle dei contribuenti, per effetto di un bilanciamento così misurato degli interessi verticistici, della partitocrazia consapevole “dell’incessante lavoro del Governo”, diventi presto l’unità di misura per future scelte nella guida che nostro Paese merita.
*Direttore Generale UNICOOP Lazio