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22 Novembre 2024 01:54

Al via l’operazione rientro in cella dei boss scarcerati dal Dap sotto la gestione Basentini

Ieri pomeriggio il primo padrino Antonino Sacco, capomafia palermitano del clan di Brancaccio, è stato trasferito dai domiciliari in una struttura sanitaria penitenziaria per effetto del nuovo decreto legge. Sempre ieri il ministro della Giustizia Bonafede ha anche difeso Basentini , nel corso dell'informativa urgente alla Camera sulla mancata nomina al Dap del magistrato Nino Di Matteo

ROMA – Il Dap sta programmando in questi giorni, quello che non era stato fatto prima, nel pieno dell’emergenza coronavirus, cioè un piano per l’assistenza dei detenuti più pericolosi nei centri medici carcerari: un posto lo aveva sollecitava il giudice di sorveglianza di Sassari per Pasquale Zagaria, detenuto con problemi di salute in regime carcerario al 41 bis. Il Dap nelle scorse settimane diretto da Francesco Basentini che aveva addirittura risposto in ritardo al magistrato, che si era visto costretto dalle norme di legge a dovergli concedere i domiciliari.

Il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha reperito un posto al capomafia palermitano Antonino Sacco, 65 anni, uno dei nomi di maggior rilievo nella lista dei 376, in una struttura sanitaria carceraria E quindi gli sono stati revocati i domiciliari per motivi di salute a seguito del nuovo decreto voluto dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, che prevede proprio la rivalutazione dei domiciliari nel caso in cui sopraggiunga la disponibilità a ospitare il detenuto in un reparto ospedaliero “protetto” .

l’ex pm Roberto Tartaglia

Roberto Tartaglia Il nuovo vice capo del Dap ex pubblico ministero del processo “Trattativa”, ha già predisposto una prima lista “segreta” con i nomi di una ventina di mafiosi a cui stanno per essere revocati i domiciliari per motivi di salute, ai quali il Dipartimento delle carceri ha trovato posto in strutture sanitarie penitenziarie.

Al ministero della Giustizia negli uffici del Dap tutte le attenzioni sono tutte concentrate sui mafiosi da far tornare in carcere. Uno dei casi più eclatanti resta quello dei tre omicidi “ergastolani” Carmelo Terranova, Antonio Sudato e Francesco La Rocca che da qualche giorno sono in Sicilia, fra Catania e Siracusa, esponenti di una mafia senza scrupoli che negli anni Ottanta si riconosceva nei capimafia palermitani Totò Riina e Bernardo Provenzano.

Finiti in carcere i “boss”, i loro eredi dei rispettivi clan continuano a esercitare pesanti minacce su commercianti e imprenditori, per imporre il pizzo. I pregiudicati scarcerati sono di fatto nomi carismatici del crimine organizzato, e sono rimasti un punto di riferimento per i giovani boss.

Tra gli altri nomi più celebri Ciro Quindici del “clan” Mazzarella di Napoli, Giosuè Fioretto, cassiere dei Casalesi, Rosalia Di Trapani moglie nonchè consigliera del “boss” della Cupola Salvatore Lo Piccolo, il barese Nicola Capriati, boss della droga della Sacra Corona Unita.

Un altro nome simbolo è quello del capomafia trapanese Vito D’Angelo, ritenuto uno dei “fedelissimi” dell’entourage del superlatitante Matteo Messina Denaro. D’Angelo una volta ritornato nella sua abitazione sull’isola di Favignana, non ha perso tempo incontrando alcuni suoi fedelissimi. Ed i Carabinieri lo hanno già riarrestato.

Il nuovo vice capo del Dap Roberto Tartaglia visita Regina Coeli a Roma

Adesso al Dap è partito il piano di rientro dei mafiosi più pericolosi. “Blindata” dal Dap la lista dei boss interessati al provvedimento, per la grande riservatezza attorno all’operazione. Di sicuro, nella lista dei 376 comparivano tre mafiosi al 41 bis (oltre al camorrista Pasquale Zagaria del clan dei Casalesi , il mafioso palermitano Francesco Bonura ed il calabrese Vincenzino Iannazzo), un detenuto l’ergastolano siracusano Antonio Sudato proveniva invece dalla cosiddetta “Alta sicurezza 1” , mentre tutti gli altri erano reclusi nei reparti dell “‘Alta sicurezza 3” (9.000 persone in totale) il circuito che ospita l’esercito di mafie e gang della droga, considerati dalle procure e dalle forze dell’ordine i “colonnelli” delle mafie italiane, che gestiscono gli affari e i segreti dei clan.

Fra questi c’era Antonino Sacco, l’erede dei fratelli Graviano, gli uomini delle stragi del 1992-1993, che secondo i magistrati della Direzione distrettuale antimafia di Palermo ha fatto parte del triumvirato che ha retto di recente il potente mandamento di Brancaccio. Un nome che ha alzato di molto il livello delle preoccupate polemiche.

Scarcerazioni frutto della disorganizzazione del Dap nella gestione dell’ex capo Francesco Basentini, il quale, come dicevamo sopra si è dimesso a seguito delle polemiche, ma incredibilmente ieri il ministro della Giustizia Bonafede lo ha anche difeso, nel corso dell’informativa urgente alla Camera sulla mancata nomina al Dap del magistrato Nino Di Matteo .

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