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22 Novembre 2024 09:12

Il magistrato Palamara è stato espulso dall’Anm che lo ha giudicato “colpevole” prima del Tribunale…

Il magistrato Luca Palamara, attualmente sospeso dalle funzioni e dallo stipendio dal Csm, è stato già giudicato “colpevole” dai suo colleghi dell’ Anm, ed espulso dal sindacato dei giudici di cui è stato presidente tra il 2008 al 2012.

ROMAL’ex pm di Roma imputato di corruzione dalla Procura di Perugia dopo la pronuncia dei probiviri del sindacato dei giudici ha chiesto inutilmente di essere ascoltato , ma i suoi colleghi hanno detto di no perché avrebbero dovuto essere gli stessi probiviri che lo hanno giudicato, e non il Comitato direttivo centrale, ad ascoltarlo. Lapidario il commento di Luca Palamara, mentre aspettava la decisione passeggiando davanti al Palazzaccio di piazza Cavour che ospita la Corte di Cassazione ed al sesto piano la stessa Anm: “Mi è stato negato il diritto di parola, nemmeno nell’Inquisizione“. 

Luca Palamara sotto la Cassazione

“La richiesta del collega Palamara di rendere dichiarazioni davanti dal Cdc non è stata accolta ai sensi di Statuto, giacché esso assegna non alla fase decisoria, bensì a quella istruttoria, affidata ai probiviri, l’ascolto dell’incolpato e la possibilità di raccogliere sue memorie e documenti. Di tali facoltà il dottor Palamara ha potuto avvalersi compiutamente in quella sede, venendo convocato allo scopo più volte, come da sue richieste”, spiega una nota del Comitato direttivo centrale dell’ Anm.

La riunione si è aperta con la presa d’atto di altre dimissioni: quelle di tutti i sette componenti componenti di Magistratura indipendente più quelle di Silvia Albano di Area, dell’ex presidente Francesco Minisci e di Bianca Fieramosca di Unicost, due dei quali erano membri della Giunta.

Palamara ci teneva molto a parlare davanti all’intero parlamentino delle toghe. La sua non sarebbe stata una difesa tecnica sulle contestazioni, ma un discorso il cui senso è riassumibile nella chiusa: “Non farò il capro espiatorio di un sistema”.

“Io non ho agito da solo” con queste parole che rappresentano un vero e proprio atto d’accusa nei confronti dei suoi stessi accusatori, l’ex presidente dell’Anm Luca Palamara, ammette di aver “fatto parte del sistema delle correnti, quel sistema che ora mi condanna, spesso mi insulta, perché a torto o a ragione individua in me l’unico responsabile di tutto. Io non mi sottrarrò alle responsabilità politiche del mio operato per aver accettato regole del gioco sempre più discutibili. Ma deve essere chiaro che non ho mai agito da solo. Sarebbe troppo facile pensare questo“.

l’ex pm Luca Palamara

Il magistrato al centro dell’inchiesta che ha coinvolto il mondo delle toghe, rivendica un passaggio fondamentale: non è solo lui l’artefice della degenerazione rappresentata dal sistema delle correnti. “All’inizio ero animato dal sacro fuoco del cambiamento, perché ovviamente anche io mi rendevo conto che era un meccanismo infernale, dal quale però mi sono lasciato inghiottire. Ma ciò non per sete di potere bensì in una logica – che oggi riconosco, comunque, erronea secondo cui il rafforzamento della posizione, mia e del mio gruppo di appartenenza, avrebbe potuto assicurare opportunità di avanzamento di colleghi meritevoli. Ma il fine, ora non posso non ammetterlo, non giustifica mai i mezzi”.

Responsabilità non è soltanto mia”Nel suo discorso Palamara ribatte: “Le nomine dei dirigenti giudiziari sono il frutto di estenuanti accordi politici. Talvolta essi conducono alla designazione di persone degnissime e meritevoli di ricoprire i posti per cui hanno fatto domanda. Nella consiliatura a cui ho preso parte, sono stati nominati più di mille nuovi dirigenti. E tra essi – alla guida delle Procure di Milano, Napoli, Palermo (solo per citarne alcune) – magistrati di grande valore come Francesco GrecoGiovanni MelilloFranco Lo Voi. Palamara ammette che in “alcuni casi le nomine hanno seguito solo logiche di potere, nelle quali il merito viene sacrificato sull’altare dell’appartenenza. Dei risultati virtuosi di quella esperienza consiliare non ho la presunzione di dirmi l’artefice, ma solo un testimone. Degli altri che non hanno risposto a questa logica sento, invece, il peso della responsabilità. Che però non è soltanto mia.

L’ ingresso dell’ Hotel Champagne, accanto all’ingresso del Csm

Nel suo discorso Palamara non si difende dalle contestazioni:  “Sugli aspetti deteriori del correntismo e sulle vicende che mi hanno riguardato all‘hotel Champagne devo potermi difendere nella competente sede disciplinare e spiegare quando sarà il momento a tutti i magistrati le mie ragioni e lo stato d’animo che mi ha accompagnato in quei giorni. Non posso farlo oggi perché  per difendermi  ritengo di dover utilizzare  tutti gli strumenti processuali che l’ordinamento mette a mia disposizione. Non mi sottrarrò alle mie responsabilità su questi fatti: oggi posso dire che ho sottovalutato le mie frequentazioni di quel periodo perché in me prevaleva l’idea di schivare qualsiasi pericolo e di essere un incorruttibile”. Dichiarazioni queste che contrastano sulle valutazioni dei pm di Perugia, che non la pensano nella stessa maniera mandandolo a processo dinnanzi al Gip..

Oggi l’ Anm doveva affrontare anche le espulsioni delle toghe coinvolte nell’inchiesta di Perugia e che si sono già dimesse un anno fa dal Csm. Ma per tre di queste, i magistrati Antonio Lepre e Corrado Cartoni della corrente di Magistratura indipendente e Luigi Spina di Unicost , è stato applicato il “non luogo a procedere”, votato affermativamente dal Comitato direttivo centrale, in quanto le tre toghe si erano già dimessi dall’Anm.  Un vecchio trucco procedurale per non essere espulsi.

Luca Poniz presidente dell’Anm

Il pm milanese Luca Poniz, esponente della corrente di sinistra di Area, che attualmente è al vertice dell’Anm, il sempre più squalificato sindacato dei magistrati, , in apertura del Comitato direttivo centrale che doveva decidere sull’espulsione di Luca Palamara, ha citato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e il suo sferzante discorso di giovedì, ricordando le sue parole “Esiste una gigantesca questione morale che riguarda il senso stesso della magistratura” .

Paniz è allineato all’ analisi del Capo dello Stato quando ha detto che “la stragrande maggioranza dei magistrati italiani è estranea alla modestia etica” rivelata dall’indagine di Perugia sull’ex presidente dell’Anm Luca Palamara.  L’ attuale presidente dell’ Anm ha subito parlato dell’inchiesta di Perugia, che ha svelato i traffici delle toghe sugli incarichi, e manifestando l’immediata presa di distanza della stessa Anm, ha parlato di “momento difficile“, auspicando un necessario rinnovamento dell’ Associazione dei magistrati.

Nonostante tutto ciò Poniz ha detto, “l’ Anm svolgerà comunque il suo compito in modo coerente con la sua tradizione” aggiungendo “un anno dopo, altri pezzi di dialoghi, svelano un diffuso carrierismo e correntismo, le influenze su Csm, le relazioni improprie, che avevamo denunciato subito dopo l’esplosione del caso di Perugia, denunciando la portata sistemica dei comportamenti“. “Adesso – dice Ponizsiamo chiamati tutti a una rifondazione, a partire dalla responsabilità dei singoli. L’Anm, già da tempo e anche al congresso di Genova (ottobre 2019) aveva invitato la politica a intervenire con urgenti riforme. “Abbiamo proposto la modifica del sistema elettorale per garantire la più ampia rappresentatività, viste le critiche feroci sul sistema attuale, di cambiare i criteri per gli incarichi direttivi, due anni per chi dal Csm vuole un posto direttivo, due anni anche per chi è fuori ruolo, no alle porte girevoli dalla politica alla magistratura, criteri rigidamente cronologici per le nomine”.  Riforme che parole i magistrati chiedono, ma che in realtà non vogliono, a partire dalla separazione delle carriere.

Luca Palamara e Cosimo Ferri

Fra le toghe da espellere dall’ Anm anche Cosimo Maria Ferri ex esponente di Magistratura indipendente di cui è stato per anni leader, nonché membro togato Csm (fra i più votati) dal 2006 al 2010, deputato eletto nelle liste del Pd, già sottosegretario alla Giustizia nel governo guidato da Enrico Letta ed in quello successivamente guidato da Matteo Renzi, per poi “migrare” ad Italia Viva .

Ferri è anche uno dei “protagonisti” delle trattative notturne con il senatore Luca Lotti (Pd) e Luca Palamara per la nomina del procuratore di Roma, partecipando all’ incontro in stile “carbonaro” dell’8 maggio 2019 all’Hotel Champagne, adiacente a Palazzo dei Marescialli (sede del Csm) rivelato dal Trojan inoculato dai tenici del Gico dalla Guardia di Finanza su disposizione della Procura di Perugia nel cellulare di Palamara.

il senatore Luca Lotti all’uscita della Procura Roma

In quel momento il senatore Lotti era indagato dalla procura di Roma per l’inchiesta “Consip“. Tutti i magistrati coinvolti vennero deferiti ai probiviri, e la richiesta di espulsione è stata formulata per tutti, ma la maggior parte di loro si sono nel frattempo dimessi dall’Anm. Non Palamara che passerà probabilmente alla storia della magistratura per essere stato il primo ex presidente dell’Anm ad essere espulso

Ferri per non farsi espellere sostiene di non essere più iscritto all’Anm e di non versare più le quote, venendo smentito dalla segreteria amministrativa dell’ associazione dei magistrati che ha verificato che anche questo mese c’è stata la trattenuta sullo stipendio di Ferri. Marcello Basilico, magistrato di Area che presiede i lavori dell’Anm, ha testimoniato che Ferri nel 2016 a Massa ha votato per le elezioni dell’Anm sostenendo che non era più sottosegretario, ma comunque iscritto al sindacato dei giudici. A questo punto saranno i probiviri a questo punto a decidere per la pressochè certa sua espulsione.

Quello che nessuno dell’ Anm ricorda, in particolar modo gli esponenti di Area, è quanti accordi di bottega sono stati raggiunti da loro proprio con la “cricca” di Palamara e le altre correnti sindacali rappresentate al Csm, pur di “piazzare” i loro magistrati, come ad esempio il procuratore di Potenza Francesco Curcio esponente di Area privo dei titoli e requisiti come ha sancito il Consiglio di Stato lo scorso 10 gennaio 2020, la nomina del procuratore Pietro Argentino (Unicost) a Matera concordata con lo scambio per la nomina all’unanimità di Maurizio Carbone (Area) a procuratore aggiunto a Taranto. E potremmo continuare a lungo….

Il discorso integrale che Palamara avrebbe voluto leggere all’ ANM

“Io sottoscritto Luca Palamara, con riferimento alla trattazione del procedimento disciplinare nei miei confronti rappresento quanto segue.

Inizio dalla mia vicenda penale.

Sono stato originariamente accusato di aver preso € 40.000 per la nomina a Gela del dott. Longo (mai avvenuta perché a Gela venne nominato il dott. Asaro). Per questa vicenda su richiesta del Gico della Gdf di Roma mi è stato inoculato il trojan horse per il reato di corruzione in atti giudiziari e sono stato indagato con gli avv.ti Amara, Calafiore e con il dott. Longo soggetti con i quali mai ho avuto rapporti nella mia vita. Oggi quell’accusa è caduta perché il trojan non ha trovato fatti corruttivi come correttamente hanno ritenuto i pubblici ministeri ed il gip del procedimento che mi riguarda. Devo rispondere ancora di alcuni viaggi effettuati con Fabrizio Centofanti (persona che frequentava mia sorella dal 2006 e con il quale da allora ho intrattenuto un rapporto di amicizia sia in ambito familiare che in ambito istituzionale con magistrati e forze dell’ordine) e dei lavori di rifacimento di un lastrico solare (sul quale pende un contenzioso condominiale) della sostituzione dei vetri di una veranda di 6 mq x 3 e di venti coprivasi presso una abitazione non di mia proprietà ma di una persona a me vicina che mi sono limitato ad aiutare in un momento di difficoltà della sua vita.

Su questa vicenda per la quale mi viene contestato un asservimento della mia funzione (anche se il gip concorda di non aver mai riscontrato un atto contrario ai doveri di ufficio) mi difenderò nel processo per dimostrare la mia totale estraneità alle residue contestazioni. Le carte del procedimento che mi riguarda sono state depositate ex art. 415 bis c.p.p. contengono ogni notizia utile sulla mia vicenda ed oggi stiamo ancora procedendo all’ascolto di tutti i files audio relativi alle intercettazioni telefoniche e telematiche. Tale ascolto si rende necessario essendo emerse delle difformità tra alcuni audio e la trascrizione dei verbali.

Ho iniziato la mia carriera nel 1996. Ho fatto sempre il pubblico ministero: fino al 2007 a Reggio Calabria e poi a Roma. E’ il lavoro che ancora oggi amo e che ho svolto con passione, ispirandomi sempre all’esercizio imparziale della funzione giudiziaria. Se ho svolto il lavoro di inquirente bene o male non spetta a me giudicarlo, metto ovviamente a disposizione i pareri sulle mie valutazioni di professionalità, ma sicuramente l’ho fatto con impegno e abnegazione anche quando sono ritornato a Roma, in quello che ancora oggi considero il mio ufficio e nel quale a parte le ultime dolorose vicende siamo stati sempre una grande famiglia. E come accade nelle migliori famiglie capita di litigare, di non accettare i consigli giusti e nei momenti di rabbia di esternare il proprio malumore a persone estranee per poi pentirti un momento dopo di averlo fatto.

Dal 2007 tanti colleghi (forse sbagliando) mi hanno investito di una funzione rappresentativa. In tale ambito ho fatto parte del sistema delle correnti, quel sistema che ora mi condanna, spesso mi insulta, perché a torto o a ragione individua in me l’unico responsabile di tutto. Io non mi sottrarrò alle responsabilità “politiche” del mio operato per aver accettato “regole del gioco” sempre più discutibili. Ma deve essere chiaro che non ho mai agito da solo. Sarebbe troppo facile pensare questo.

Quello della rappresentanza è un lavoro totalmente diverso da quello del giudice o del pubblico ministero. Per fare un esempio è lo stesso rapporto che corre tra il leader di una organizzazione sindacale ed il lavoratore che svolge il suo lavoro in una fabbrica. Si viene catapultati in un’altra realtà e personalmente sia la guida dell’ANM che l’attività di consigliere del CSM mi hanno portato ad avere frequenti e costanti rapporti con la politica e con il mondo istituzionale.

In questo contesto: non si scrivono sentenze; non si vive nelle anguste stanze che caratterizzano il lavoro del magistrato sommerso dai fascicoli; si passa il tempo a rispondere alle più svariate richieste di quei colleghi che di quel sistema fanno parte; ci si relaziona con gli esponenti degli altri gruppi per trovare estenuanti accordi su chi nominare capo di un ufficio, su chi mandare in cassazione o alla Dna o alla commissione concorso, su come fare comunicati contro questo o quel malcapitato politico di turno.

Tutte queste attività – e, in particolare, le nomine dei dirigenti giudiziari sono il frutto di estenuanti accordi politici. Talvolta essi conducono alla designazione di persone degnissime e meritevoli di ricoprire i posti per cui hanno fatto domanda. Nella consiliatura a cui ho preso parte, sono stati nominati più di mille nuovi dirigenti. E tra essi – alla guida delle Procure di Milano, Napoli, Palermo (solo per citarne alcune) – magistrati di grande valore come Francesco Greco, Giovanni Melillo, Franco Lo Voi. E’ stato il Consiglio superiore del quale ho fatto parte a promuovere un ampio rinnovamento “di genere”, nominando colleghe di valore alla guida delle Corti di Appello di Milano, Venezia, Firenze, Genova (li anche l’incarico di Procuratore Generale è stato conferito ad una donna) e Salerno. E per la prima volta, ad una collega è stato conferito un incarico apicale di legittimità: quello di Presidente del Tribunale Superiore delle Acque.

Ma la politica – ce lo ha insegnato un grande intellettuale come Canetti – ha anche un lato oscuro. Fuor di metafora, in alcuni casi le nomine hanno seguito solo logiche di potere, nelle quali il merito viene sacrificato sull’altare dell’appartenenza. Dei risultati virtuosi di quella esperienza consiliare non ho la presunzione di dirmi l’artefice, ma solo un testimone. Degli altri che non hanno risposto a questa logica sento, invece, il peso della responsabilità. Che però non è soltanto mia. Le chat divenute pubbliche, purtroppo, altro non sono che uno spaccato di questa situazione. Non le ho mai cancellate perché mai pensavo che il mio telefono potesse diventare oggetto di un provvedimento di sequestro. Ognuno aveva qualcosa da chiedere, ognuno riteneva di vantare più diritti degli altri, anche quelli che oggi si strappano le vesti, penso ad esempio ad alcuni componenti del collegio dei probiviri che oggi chiedono la mia espulsione, oppure a quelli che ancora oggi ricoprono ruoli di vertice all’interno del gruppo di Unità per la Costituzione, o addirittura ad alcuni di quelli che ancora oggi siedono nell’attuale Comitato direttivo Centrale e che forse troppo frettolosamente hanno rimosso il ricordo delle loro cene o dei loro incontri con i responsabili giustizia dei partiti politici di riferimento. Sarebbe bello che loro raccontassero queste storie.

Non devo essere io a farlo. Io ascoltavo sempre tutti, anche gli esponenti della politica, esprimevo le mie opinioni in libertà, forse troppa, e poi decidevo con la mia testa da solo come ho sempre fatto in vita mia senza farmi mai condizionare da nessuno e senza mai barattare alcunché. Su questo sono pronto a sfidare chiunque. All’inizio ero animato dal sacro fuoco del cambiamento, perché ovviamente anche io mi rendevo conto che era un meccanismo infernale, dal quale però mi sono lasciato inghiottire. Ma ciò non per “sete di potere”, bensì in una “logica” – che oggi riconosco, comunque, erronea – secondo cui il rafforzamento della posizione, mia e del mio gruppo di appartenenza, avrebbe potuto assicurare opportunità di avanzamento di colleghi meritevoli. Ma il fine, ora non posso non ammetterlo, non giustifica mai i mezzi.

Quanto agli aspetti più “ameni” (eufemismo) della mia vicenda, più che le feste la mia passione sin dai tempi dell’uditorato e’ stata per il gioco del calcio. In questo ambito abbiamo creato una Rappresentativa di Magistrati Italiani che si è cimentata nel sociale con la nazionale cantanti e la nazionale attori. Siamo andati in terra di mafia, di ndrangheta, nei centri di accoglienza e di recupero tossicodipendenti per dare un nostro contributo insieme a gente dello sport e dello spettacolo che ha voluto unirsi a noi. In questo ambito sono nati contatti e amicizie con questi noti personaggi.

Sugli aspetti deteriori del correntismo e sulle vicende che mi hanno riguardato alll’Hotel Champagne devo potermi difendere nella competente sede disciplinare e spiegare quando sarà il momento a tutti i magistrati le mie ragioni e lo stato d’animo che mi ha accompagnato in quei giorni. Non posso farlo oggi perché per difendermi ritengo di dover utilizzare tutti gli strumenti processuali che l’ordinamento mette a mia disposizione. Tra questi rientrano anche le questioni processuali attinenti l’utilizzabilità del trojan che insieme ai miei avvocati riteniamo fondamentali in ottica difensiva.

Non mi sottrarrò alle mie responsabilità su questi fatti: oggi posso dire che ho sottovalutato le mie frequentazioni di quel periodo perché in me prevaleva l’idea di schivare qualsiasi pericolo e di essere un incorruttibile. L’idea che si potesse pensare il contrario su di me mi ha fatto diventare un animale ferito e questo mi ha portato spesso ad utilizzare espressioni sbagliate verso colleghi con i quali ho sempre avuto rapporti di stima. I fatti poi mi hanno dato ragione.

Sono andato in tv perché i giornali un anno fa titolavano: “corruzione al Csm: Palamara accusato di aver preso 40.000 euro e di aver danneggiato il dott.Bisogni nel disciplinare”. Come ho detto con il recente deposito degli atti della Procura di Perugia queste accuse sono ora cadute e la mia certezza di non aver mai commesso alcuna condotta illecita nella mia attività ha ora trovato conforto nella decisione degli stessi inquirenti. Per questo ho ritenuto doveroso un chiarimento pubblico vista l’ondata mediatica che mi ha travolto e visto che dalla lettura delle carte stanno emergendo delle anomalie nell’utilizzo del Trojan che impediscono di avere una visione realmente completa di tutto quello che è realmente accaduto.

D’altra parte ritengo imprescindibile per questo CDC l’acquisizione completa degli atti del procedimento penale che mi riguarda anche perchè l’informativa del 10 aprile del 2019 del GICO della GDF fotografa solo una parte del mondo della magistratura essendo limitata all’ascolto delle telefonate tra il sottoscritto e l’ on. Ferri, e più in generale tra gli allora esponenti dei gruppi di Unità per la Costituzione e Magistratura indipendente.

In questo contesto ritengo convintamente di dover chiedere scusa ai tanti colleghi che nulla hanno da spartire con questa storia, che sono fuori dal sistema delle correnti, che ogni giorno “evadono” numerosi fascicoli dietro ai quali si annidano vicende personali complesse e che inevitabilmente saranno rimasti scioccati dalla “ondata di piena” che è montata in questi giorni e che rischia, ingiustamente, di travolgere quella magistratura operosa e aliena dalle ribalte mediatiche che rappresenta la parte migliore di noi. Per loro io sono disposto a dimettermi solo se ci sarà una presa di coscienza collettiva ed insieme a me si dimetteranno anche tutti coloro che hanno fatto parte di questo sistema, per dare oggi la possibilità a tutti quei magistrati che ingiustamente ne sono rimasti penalizzati di attuare un reale rinnovamento della magistratura senza infingimenti, senza più tensioni e senza sterili ed inutili contrapposizioni ideologiche. Spero che i prossimi 36 componenti del Comitato direttivo centrale possano essere questi ultimi e che loro stessi possano difendere l’autonomia della magistratura, bene supremo per tutti.

Il d.m. 30 maggio 1996 è il mio concorso e lo ricorderò sempre come il più bel momento della mia vita anche se mi ha portato via i due colleghi a cui tenevo di più e con i quali condividevamo l’orgoglio di essere diventati magistrati della Repubblica italiana soggetti soltanto alla legge.

Tutto quello che è accaduto in questo anno non ha nulla a che vedere con l’imparziale esercizio della giurisdizione al quale io sempre mi sono ispirato nel rispetto di tutti i cittadini italiani.

Non farò il capro espiatorio di un sistema.

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