di REDAZIONE ECONOMIA
Giuseppe Conte dopo aver annunciato la revoca sulle concessioni ad Autostrade, in un’intervista sul Fatto Quotidiano al “ventriloquo” di Palazzo Chigi e cioè Marco Travaglio, l’indomani il premier non ha dato la revoca della concessione che aveva invece annunciato il giorno prima.
Così facendo dodici ore dopo l’annuncio di quell’accordo i Benetton si sono trovati più ricchi di appena…..805 milioni di euro rispetto al giorno precedente. Infatti a seguito della decisione varata dal Consiglio dei Ministri il titolo Atlantia è salito in Borsa in poche ore aumentando del 26,65% , così mettendo in tasca alla sola famiglia Benetton la bellezza di 768,9 milioni di euro. Non a caso tutti i titoli quotati in Borsa delle aziende di cui i Benetton sono soci sono schizzati in alto producendo guadagni non indifferenti.
Nella lunga notte di Palazzo Chigi sulla vicenda Autostrade (Aspi), in un primo momento la proposta dei Benetton di vendere l’intera partecipazione in Aspi alla Cassa depositi e prestiti (Cdp) era stata respinta e poi approvato un piano che prevede la lenta progressiva uscita dal capitale di Aspi della società controllante Atlantia di proprietà Benetton, in favore della stessa Cdp e di nuovi investitori istituzionali.
Il Governo Conte così facendo ha trovato un’intesa “facendo perdere però miliardi sul mercato a mezza Italia” come scrive il collega Franco Bechis direttore del quotidiano romano IL TEMPO ” Ora Atlantia non avrà più la partecipazione nella società Autostrade, che verrà inserita in una nuova società che in partenza avrà gli stessi azionisti attuali. Verrà varato dall’assemblea un aumento di capitale riservato a Cdp, che entrerà in parte convertendo in azioni della nuova società il miliardo di euro circa di crediti che vanta nei confronti della società Autostrade. In questa fase la partecipazione di Atlantia e quindi dei Benetton si diluirà, ma resterà ancora di controllo almeno relativo“, conclude Bechis.
Il bilancio consolidato 2019 di Autostrade ha chiuso con una perdita di 291, 3 milioni di euro, che si è mangiata un terzo degli utili accantonati negli anni precedenti a riserva. Ne restano ancora 566 milioni, ma non basteranno a coprire la perdita immaginata per il 2020, che potrebbe essere superiore al miliardo di euro.
Quindi se come ha deciso il governo Conte , la Cassa depositi e prestiti avrà entro la fine dell’anno la maggioranza di Autostrade per l’Italia (Aspi), spetterà allo Stato ripianare quelle perdite , e considerando che il governo vuole abbassare le tariffe così riducendo il margine operativo della società, lo Stato (cioè i contribuenti) si troverà davanti una nuova voragine di una certa importanza nei conti pubblici , che non è quell’affare della vita immaginato in maniera “ignorante” da Danilo Toninelli e dai vari grillini in festa.
Mentre il ministro delle infrastrutture, Paola De Micheli (Pd) indossava i panni della “cattiva” la faccia feroce, in realtà c’era chi faceva gli occhi sdolcinati ai Benetton . La De Micheli con una sua lettera fatta trapelare alla stampa non a caso alla vigilia del consiglio dei ministri, avrà anche sollecitato il 5 marzo una decisione al premier Conte, ma quel giorno che e nelle settimane successive ha tenuto aperto un tavolo con i Benetton facendo richieste anche formali alle quali poi la società si adeguava. Come quella di alzare il livello di risarcimento dovuto dopo il ponte Morandi di Genova per il quale Aspi aveva accantonato nel bilancio 2019 la somma di 2,9 miliardi di euro.
A seguito dell’accordo notte tempore con il premier Conte, quella somma verrà adesso integrata di un ulteriore mezzo miliardo arrivando a 3,4 in tutto, compresi i costi di abbattimento e ricostruzione del ponte Morandi. Sono tutti in bilancio di Aspi fra il 2019 e il 2020, quindi praticamente peseranno sulle spalle di chi ne avrà la proprietà entro fine anno, cioè Cdp e quindi lo Stato italiano.
I Benetton adesso sono contenti felici di uscire da un vero e proprio inferno che non avrebbe dato loro più utili e metteva a rischio di fare saltare tutto il loro gruppo. Infatti non caso il giorno prima avevano smentito le presunte dichiarazioni contro l’esproprio subito pubblicate da qualche giornale. Perché con questo accordo si sono liberati di un grosso problema scaricandolo ben volentieri sulle spalle dello Stato. E siamo sicuri che passata la sbornia delle prime ore, in seguito Palazzo Chigi festeggerà sempre di meno.
Ecco come il M5S (non) risolve i problemi del Paese pur di restare aggrappato alle poltrone del potere raggiunto, dalle quali nessuno sembra volersi distaccare. Tutto ciò sulla pelle ed a spese degli italiani. Siamo passati dall’esigenza di “privatizzare” a quella di “statalizzare”. Invece di andare avanti, mettiamo la retromarcia con grande gioia e soddisfazione dei partiti di sinistra, che sono dei veri “specialisti” nell’incrementare il debito a carico dei cittadini.