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22 Novembre 2024 13:07

Camere di Commercio: la questione Taranto-Brindisi

Il Presidente della Camera di commercio di Taranto, Luigi Sportelli, affronta in dettaglio la questione dell’accorpamento con l’Ente brindisino. Le Camere accorpate, infatti, continuerebbero a dialogare con due o più Province, Tribunali, Autorità di Sistema Portuale, Prefetture, oltre che con un numero esponenziale di Comuni.

di LUIGI SPORTELLI

Con riguardo all’imminente, probabile accorpamento delle Camere di commercio di Taranto e Brindisi è necessario fare chiarezza. L’articolo 61 del Decreto Agosto, attualmente in trattazione presso la V Commissione Bilancio del Senato, avrebbe lo scopo di imprimere un’accelerazione alle procedure di fusione non ancora completate, anche ricorrendo al Commissariamento degli Enti, subito nel caso di Organi di governo scaduti, entro novembre laddove non siano rispettati i termini previsti. 

Fin qui la lettera del Decreto leggeMisure urgenti per il sostegno e il rilancio dell’economia”, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 15 agosto. Ma già la scelta del contenitore è ambigua: davvero l’accorpamento obbligatorio e imposto delle Camere di commercio, preceduto dall’esautorazione dei loro Consigli, rappresenta una misura urgente da approvare a Ferragosto e, fra l’altro, nell’imminenza delle elezioni regionali?

Luigi Sportelli, imprenditore e presidente della CCIAA di Taranto

Non credo, ma non voglio concentrare la mia riflessione su questa strana circostanza (si pensi al ruolo fondamentale del Presidente della Giunta regionale nei commissariamenti, nella richiesta delle designazioni e nella nomina del nuovo Consiglio, e si pensi se, con le elezioni di fine settembre, sarà possibile rispettare i termini previsti dall’art.61). Piuttosto, invece, intendo ribadire quanto questa riforma, come pensata, condotta e applicata, continui a  rappresentare un danno grave e reale per le economie dei territori. 

Sin dal 2016 la nostra Camera di commercio ha rispettato, obtorto collo, le prescrizioni e i decreti finalizzati a unire i due Enti, ma il percorso si è interrotto per la presenza di legittimi ricorsi. Oggi la situazione ha raggiunto i suoi esiti paradossali, con un intervento dirigistico e immeritato. Bisogna dire chiaramente che l’accorpamento obbligato tradisce la lettera della legge 580, i principi di sussidiarietà e perequazione e finanche l’essenza stessa degli Enti camerali quali fondamentali presidi dei territori.

Ciò è tanto più vero per le aree più piccole, periferiche e in stato di crisi. Come sempre abbiamo affermato, questa riforma è fatta per privilegiare le Camere di commercio più grandi, bloccando di fatto uno sviluppo organico ed equilibrato delle più piccole. Infatti, le aree deboli diventeranno sempre più deboli, le aree forti sempre più forti. Gli squilibri territoriali aumenteranno e le economie più fragili soccomberanno inevitabilmente.

È veramente questo l’obiettivo del Governo e della politica in un periodo in cui le aziende hanno bisogno di un supporto capillare e dedicato in modo esclusivo? Ho il dubbio che l’operazione agostana abbia anche la finalità di ridurre al silenzio le istituzioni che, come la nostra, in uno dei territori più critici del Paese, non esitano ad esporsi a difesa di Taranto.

Oltre a questo, è di tutta evidenza l’anacronistica ostinazione con la quale si vuole raggiungere il numero di 60 Camere previsto dalla legge. La riforma nasce nel momento in cui si lavorava per un sostanziale riordino degli Enti locali e delle altre organizzazioni pubbliche operanti su base provinciale. Oggi, l’accorpamento delle Camere di commercio rappresenta l’unica e residuale esperienza di tale fallimentare riordino. Le Camere accorpate, infatti, continuerebbero a dialogare con due o più Province, Tribunali, Autorità di Sistema Portuale, Prefetture, oltre che con un numero esponenziale di Comuni.

La ratio iniziale è definitivamente persa e superata, dunque l’accorpamento obbligatorio appare completamente fuori tempo e non rispondente né alla volontà delle comunità, né alle esigenze dei territori.

Anche sul risparmio, argomento ‘principe’, parola magica che serve a giustificare ogni taglio verticale e ogni riforma anche parziale ed inutile, c’è molto da dire. L’accorpamento genererà i risparmi solo ipotizzati (alcuni parlano di 50 milioni di euro per l’intero Sistema camerale)? Su questo punto serve un ulteriore esercizio di verità: le effettive riduzioni di spesa, peraltro direttamente versate all’Erario e non riutilizzabili per la promozione delle nostre imprese, sono state già determinate per le Camere di commercio dai diversi provvedimenti susseguitisi dal 2008 in avanti. Il progressivo decremento del personale dipendente a seguito del blocco del turnover, l’eliminazione della spesa per gli Organi, che non percepiscono alcun tipo di emolumento, e il taglio del diritto annuale dovuto dalle imprese hanno già determinato significativi risparmi.

Enormi sacrifici sono stati fatti e i numeri sono reali. Con l’attuazione dell’art.61 e della fusione permarranno tutte le sedi delle Camere accorpate, nonché il personale attuale. Permarrà, inoltre, il divieto di corresponsione di emolumenti a consiglieri e Presidenti. Qualcuno sa spiegarmi quale ulteriore risparmio potrà originarsi dall’accorpamento? 

Ma ho parlato di rischio reale per l’economia. I nostri territori già presentano un serio problema di rappresentanza, da quella politica a quella economica. L’accorpamento acuirà tali problematiche, con l’ovvia e intensa riduzione di rappresentanti delle singole circoscrizioni all’interno del Consiglio della nuova Camera derivante dall’accorpamento: meno consiglieri, senza che ciò, però, comporti automaticamente un incremento nella qualità delle politiche attuate. La gestione delle policy territoriali sarà viepiù complessa, le crisi locali si sommeranno, e non sarà la presenza di vice Presidenti – prevista dall’art.61 – a risolvere tutto.

Nei fatti, la legittima espressione delle rappresentanze economiche locali (associazioni datoriali, particolarmente) sarà frustrata fino alla diluizione delle problematiche tipiche delle singole province o, addirittura, all’azzeramento delle istanze. Si indeboliranno, altresì, i settori e le organizzazioni che li rappresentano in seno ai Consigli. È giusto? È il momento adatto per rendere ancor più fragili tanto l’apparato pubblico, quanto gli organismi intermedi?

Lo chiedo ai parlamentari e ai candidati alle elezioni regionali. Taranto merita questo: Istituzioni labili in un territorio che sta cercando la strada per ripartire? Sono domande semplici e le risposte riveleranno il grado ed il senso di responsabilità di chi vuole governarci.

*presidente della Camera di Commercio di Taranto

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