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22 Novembre 2024 21:14

GOVERNO: CONTE A PALAZZO CHIGI PER IL CONSIGLIO DEI MINISTRI, POI LE DIMISSIONI

I capi delegazione del M5s Alfonso Bonafede, del Pd Dario Franceschini e di Leu Roberto Speranza avrebbero ribadito in Consiglio dei ministri il loro sostegno a Giuseppe Conte, dopo che il presidente del Consiglio ha comunicato la sua decisione di dimettersi. "Se oggi Conte va al Quirinale con la possibilità di avere il reincarico è perché non è stato battuto in Parlamento". ha detto a SkyTg24 il senatore Pier Ferdinando Casini

di REDAZIONE POLITICA

Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ha comunicato ai ministri, a quanto si apprende, la decisione di recarsi al Quirinale per rassegnare le sue dimissioni. La riunione del CdM è terminata dopo poco più di mezz’ora.

I capi delegazione del M5s Alfonso Bonafede, del Pd Dario Franceschini e di Leu Roberto Speranza avrebbero ribadito in Consiglio dei ministri il loro sostegno a Giuseppe Conte, dopo che il presidente del Consiglio ha comunicato la sua decisione di dimettersi.

“Ringrazio l’intera squadra di governo, ogni singolo ministro, per ogni giorno di questi mesi insieme“, avrebbe detto, a quanto si apprende, il premier in Consiglio dei ministri.

A mezzogiorno la seconda tappa della mattinata di Conte, quando salirà al Colle per la formalizzazione aprendo così una delicata crisi di governo. Da quel momento in poi, tutti gli scenari che dovrà valutare il capo dello Stato sono possibili, prima però Sergio Mattarella avvierà consultazioni lampo con tutte le forze politiche, dal reincarico al premier uscente per un “ter”. “Se oggi Conte va al Quirinale con la possibilità di avere il reincarico è perché non è stato battuto in Parlamento”. ha detto a SkyTg24 il senatore Pier Ferdinando Casini

Conte spenderà le successive 48 ore nel tentativo di sopravvivere anche a questa crisi. Sa di avere soltanto due giorni per favorire la nascita di un gruppo di “costruttori” e ottenere l’incarico a formare un esecutivo di “salvezza nazionale”. come racconta il quotidiano La Repubblica, il premier dimissionario sostiene di aver parlato personalmente con dodici responsabili. Ma è consapevole anche che finora nessuno si è manifestato alla luce del sole. Se non dovessero farlo prima di mercoledì pomeriggio, l’impresa diventerà quasi impossibile.

“Ora cambia tutto”, ha ammesso la sua preoccupazione Conte, consapevole di essersi avventurato in un territorio sconosciuto, pieno di trappole e di insidie. Si entra in una partita nuova, di cui nessuno può prevedere la fine. Il “gioco” è quello di allargare la maggioranza, costruire in un grappolo di ore una compagine politica che si impegni a sostenere il suo terzo governo, con uno spirito che si avvicini alla «salvezza nazionale». Senza la destra sovranista (cioè Fratelli d’ Italia e Lega) , ma con dentro pezzi di centro e magari di Forza Italia. 

I numeri al momento non ci sono. Conte stamattina si è dimesso sapendo che dovrà trovarsi una maggioranza. Esattamente come accadde nel 2013 a Pier Luigi Bersani , quando scese dal Quirinale dopo aver ricevuto da Mattarella un incarico “esplorativo” in realtà destinato al fallimento. Conte ovviamente in cuor suo spera di farcela e ritiene che i ministri della crisi, sanitaria ed economica, non dovranno cambiare: Gualtieri, Amendola, Speranza, Boccia

“È il momento della verità – ha preso atto il presidente del Consiglio, a quanto raccontano fonti di governo — Adesso capiremo se ad aver innescato le dimissioni delle ministre di Italia Viva siano state questioni di merito, o se l’obiettivo era un altro“». Cioè far fuori lui, costringerlo al passo indietro e sostituirlo con un altro premier. La grande paura ha un nome e un cognome, Matteo Renzi. Ma i sospetti lambiscono anche il Pd e lo stesso Movimento 5 Stelle . I renziani hanno ripreso a far girare i nomi di Franceschini e Guerini come “papabili” successori. Ma la decisione sofferta di infilarsi nel vicolo stretto delle dimissioni con la speranza del reincarico, è stata innescata anche dal M5S. Durante gli ultimi, tempestosi vertici, Bonafede, Di Maio, Crimi e gli altri «big» 5 Stelle avrebbero in sostanza chiesto a Conte di sacrificarsi per salvare il capo delegazione e la storica linea giustizialista, totem del Movimento.

È vero che il M5S che a suo tempo lo incoronò premier per caso sta facendo, a parole, platealmente scudo a Conte, ma ai cronisti parlamentari non è sfuggita la formula con cui il ministro degli Esteri ha stoppato la conta sul Guardasigilli: “Quello su Bonafede è un voto sul governo“.

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