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22 Novembre 2024 04:09

Intermediari, società’ fantasma, prezzi alle stelle: il giro degli appalti di Arcuri

Il commissario di governo Domenico Arcuri grazie ai poteri ricevuti dall' ex-premier Giuseppe Conte, ha affidato più di 3 miliardi di euro di forniture senza gara a decine di aziende in totale autonomia nonostante la Farnesina avesse messo a disposizione una lista di fornitori in Cina e nel mondo. Ed adesso è in corso un'inchiesta della Procura di Roma. AGGIORNAMENTO ALL' INTERNO

di REDAZIONE INCHIESTE

L’onnipresente  Domenico Arcuri commissario straordinario nominato dall’amico-premier Giuseppe Conte è apparso più volte in televisione nelle sue conferenze stampa in cui minacciava i giornalisti elencando le querele che presentava con la stampa poco “amica”, rilasciando un paio di interviste persino a Barbara D’Urso (che giornalista non è ! n.d.r. ) non accreditando la stampa che ritiene “scomoda” a partire dai giornalisti de La7 ed in particolare i collaboratori di Massimo Gilletti.

L’ex premier Conte all’epoca imperante a Palazzo Chigi aveva pensato che soltanto un uomo di suo fiducia come Arcuri potesse reperire, produrre, acquistare, distribuire mascherine, vaccini, copricapo, visiere, igienizzanti, macchinari e qualsiasi materiale per qualsiasi esigenza per fronteggiare l’epidemia crescente del Covid-19.

Arcuri nelle sue comparsate televisive e “conferenze -monologhi con la stampa morbida ed amica, si è giudicato e si è assolto da solo, nella presunzione di meritare degli elogi. Ma andando a scavare dietro le quinte del suo operato escono a galla una serie di operazioni imbarazzanti.

Incredibilmente Arcuri ed i suoi stretti collaboratori non hanno attinto mai al vasto elenco di aziende straniere, sparse in tutto il mondo disposte a fornire quello che il commissario straordinario cercava , che erano state trovate e verificate e dalle strutture diplomatiche del ministero degli Esteri.

In un’inchiesta il settimanale L’ESPRESSO ha ricostruito, nei giorni compresi tra l’annuncio e la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della nomina del commissario Arcuri, cioè tra l’11 e il 20 marzo 2020, la Protezione Civile di Angelo Borrelli – con l’aiuto del ministero degli Esteri e l’ambasciata a Pechino –  un accordo stipulato con la Byd auto industry company, un’azienda statale cinese di automobili convertita alla fabbricazione di mascherine chirurgiche: 100 milioni di pezzi, pagati 0,29 euro l’uno, per un totale di 29,8 milioni di euro.

In quegli stessi giorni momento l’ormai ex- premier Conte decideva però di trasferire il centro di spesa dalla Protezione Civile alla struttura commissariale di Arcuri. In quel periodo non semplice del passaggio di consegne, il Ministero degli Esteri ha continuato ad inviare alla Protezione Civile, e in copia al commissario straordinario le segnalazioni degli ambasciatori con i nomi e contatti delle società che si erano rese disponibili ed interessate a trattare con l’Italia .

Domenico Arcuri e Giuseppe Conte

Nella fase iniziale della pandemia, la più difficile, quando il Paese era disorganizzato, la Farnesina trasmetteva di fornitori da contattare quattro o cinque comunicazioni al giorno, e successivamente raggiunta una certa normalità, è stata in grado di compilare un documento al giorno con una lista ( dalla A dell’ Austria alla T della Thailandia ) . Obiettivo ed interesse delle strutture diplomatiche italiane era quello di non incappare in società improvvisate o in speculatori e, soprattutto, di non ricorre a importatori e mediatori che avrebbero fatto lievitare alle stelle il prezzo finale. Come invece grazie ad Arcuri & company è accaduto.

A maggio cioè due mesi dopo l’albo dei potenziali fornitori reperiti dal Ministero degli Esteri era lungo una trentina di pagine. Ma incredibilmente la struttura guidata da Domenico Arcuri non ci ha mai trovato nulla di interessante ed economicamente vantaggioso. Ha preferito comprare altri 200 milioni di mascherine da Byd Auto a 0,29 c/euro.

Una delle comunicazioni con le quali il Ministero degli Esteri rendeva noto l’ elenco ditte selezionate dalle rappresentanze dipolomatiche

In quelle settimane di emergenza mondiale, Arcuri non ha più trovato prezzi vantaggiosi come quelli garantiti da Byd auto. La struttura del commissario ha trovato, ancora in Cina, società con appetiti ben maggiori, come la Luokai Trade, che ha venduto all’ Italia la bellezza di 450 milioni di mascherine sanitarie (pagate 0,49 l’una) per un totale di spesa di 220 milioni di euro, o come la Wenhzou Moon-Ray, che ha venduto 10 milioni di mascherine (a 0,55 l’una). Per entrambe queste operazioni sono state pagate provvigioni per decine di milioni di euro , venute alla luce grazie all’apertura di un’inchiesta giudiziaria.

Basta sfogliare i numeri resi pubblici da Palazzo Chigi per capire in che modo siano stati gestiti gli affidamenti ed il “potere” quasi dittatoriale del commissario Arcuri, la cui la struttura commissariale ha bandito ad oggi gare con una base d’asta pari a circa 8 miliardi di euro e firmato 291 contratti per un valore di 3,5 miliardi di euro. Numeri e dati sono stati controllati dall’Anac, l’Autorità anticorruzione, ma senza alcun potere di intervento in quanto la gran parte degli appalti (5,2 miliardi di euro) sono stati conferiti con il sistema della “procedura negoziata senza previa comunicazione“. In parole povere una scelta discrezionale di aziende invitate a fornire preventivi e offerte. La procedura decisionale che si è poi conclusa con una altrettanto discrezionale scelta del contraente !

La difesa del commisario Arcuri si basa sulla teoria secondo la quale la scelta di procedere in via diretta o con la procedura negoziata senza pubblicazione , il tutto giustificato dall’urgenza e necessità di fronteggiare l’improvviso scoppio della pandemia nel febbraio 2020. Le uniche gare aperte sono pochissime, ed in particolare quelle per il finanziamento delle riconversioni industriali per la produzione di dispositivi antivirus.

Ma la macchina degli affidamenti senza gara non si è fermata neppure dopo la fine dell’emergenza della primavera 2020. Il commissario Arcuri non ha mai messo fine alla fine della gestione delle gare in totale autonomia. In poche parole semplice non era richiesta la trasparenza sulla scelta dei contraenti. E neanche sui prezzi “pompati” a cui venivano conclusi i contratti.


E’ a seguito di questo discutibile modus operandi che è stato possibile consentire la vergognosa vicenda delle commesse per un miliardo e duecento milioni di euro aggiudicate a due gruppi cinesi spuntati dal nulla, precedentemente citati, cioè Luokai e Wenzhou. Si è scoperto che a far da tramite per la fornitura era scesa in campo un’imbarazzante “comitiva” affaristica guidata dal giornalista Mario Benotti, ex-consulente del ministro Graziano Del Rio (Pd) che si è spartita un’enorme torta di provvigioni: 72 milioni di euro.

La procura di Roma ha aperto un’inchiesta ipotizzando i reati di traffico di influenze, perché Benotti, sfruttando la sua personale conoscenza-amicizia con Domenico Arcuri (che ora finge di non conoscerlo nonostante i tabulati telefonici proverebbero il contrario) si sarebbe fatto retribuire dalle controparti cinesi in modo “occulto e non giustificato” e senza che il commissario lo sapesse. Chiaramente tutti gli indagati autoproclamano la propria innocenza e la totale legalità dell’operazione effettuata e dei rispettivi compensi.

Non spetta certamente ai giornalisti determinare l’esito finale delle indagini della magistratura, ma questa vicenda illumina il “sistema Arcuri” che in definitiva ha fatto lievitare e moltiplicare i costi a carico dello Stato e cioè dei cittadini. Lo confermano i numeri delle varie operazioni: le mascherine chirurgiche importante con la mediazione di Benotti & furbetti vari sono costate molto di più, (fino al 90 per cento), degli stessi identici prodotti forniti nello stesso periodo (marzo-aprile) dal gruppo cinese Byd industry. Ma non solo.

Persino la scelta di prodotti e materiali si è rivelata molto spesso inadeguata. Nei mesi scorsi, per esempio, la Regione Sicilia dopo che si è vista recapitare in piena emergenza pandemica cento termometri ascellari, inutilizzabili per il Covid-19, ed anche diversi lotti di mascherine non certificate per uso medico, ha dovuto fare da sè. Pertanto a conti fatti calcolatrice alla mano, la spesa complessiva è aumentata, perché nei conteggi vanno inseriti anche gli esborsi supplementari a carico degli enti locali, che secondo i dati raccolti dalla fondazione Openpolis arrivano a circa 3 miliardi di euro.


Nel suo ruolo di commissario straordinario Arcuri si è comportato come un manager dotato di superpoteri, il cui operato è insindacabile ed inattaccabile. Nelle vesti di amministratore delegato di Invitalia guida l’operazione che porterà in mani pubbliche una quota del 15 per cento di Reithera, l’azienda produttrice del cosiddetto vaccino tutto italiano, anche se al consorzio per lo sviluppo del farmaco partecipano un’azienda belga e una tedesca. A cui vanno aggiunti, contributi pubblici a fondo perduto per 80 milioni per finanziare le ricerche della stessa società Reithera.

Arcuri si troverà quindi nella conflittuale posizione di trattare le fornitura di vaccini con le case farmaceutiche internazionali, mentre nello stesso momento ha voce in capitolo nella gestione di un’impresa italiana impegnata nel medesimo settore !

profilo professionale tratto dal social network Linkedin

Come racconta il settimanale L’ESPRESSO è rimasta impigliata In questa sovrapposizione di ruoli, anche Laura Frati, già Gucci (famiglia fondatrice del famoso marchio di moda) che dirige l’ufficio stampa dell’ Ospedale Spallanzani di Roma e da vent’anni fa pubbliche relazioni per la società Pirene che ha collaborato dopo bandi pubblici con Invitalia e di recente ha ottenuto un lauto mandato da Arcuri, cioè quello di allestire la sala per 12 conferenze del commissario. Compenso: 17.500 euro.

Non è tanto la cifra della consulenza che impressiona, ma il ginepraio di incarichi quello che intriga: fra i clienti di Pirene ci sono aziende farmaceutiche come Pfizer, che ha prodotto il primo vaccino anti-Covid-19, e pure Johnson&Johnson, che ancora lo sta sperimentando.

La società Zenith Italy si è offerta a sua volta di “aiutare”… la struttura del commissario Arcuri per l’app Immuni, che secondo il governo sarebbe stata utile a tracciare gli infetti per arginare la diffusione del contagio, e che si è rivelata un vero e proprio “flop” ! Zenith ha assistito il commissario per la “realizzazione grafica e creatività per post social, la moderazione e la valutazione dei commenti sulla pagina ufficiale di Immuni su Facebook” Sul più famoso dei social network Immuni conta al momento circa 19.000 like (più o meno quanti ne ha il nostro giornale !) . Per questo lavoro il commissario Arcuri ha riconosciuto alla Zenith un compenso di 40.720 euro effettuato Il 10 ottobre . Cioè ha pagato 2 euro a “mi piace”. Un vero e proprio sperpero di denaro pubblico !

Scorrendo l’elenco dei contratti firmati da Arcuri capita anche di trovare società nate e costituite poche settimane prima della firma del contratto. Come la lombarda MyMask, messa in piedi in pieno lockdown. L’azienda ha firmato con Arcuri lo scorso 3 giugno 2020 un contratto da 13,2 milioni di euro per produrre mascherine chirurgiche ad un costo medio di 0,30 euro. Appalto ottenuto anche questo utilizzando una “procedura negoziata senza previa comunicazione“.

Resta da chiedersi legittimamente come abbia fatto un’azienda nata dal nulla qualche settimana prima a reperire macchinari e impianti produrre una cifra così importante di mascherine, e sopratutto farli installare in tempi così rapidi . Amministratore delegato della società è il Ignazio Matteo De Nicolò, figlio di Giovanni (di professione immobiliarista), il quale ha spiegato al settimanale L’ ESPRESSO di aver investito “due milioni di euro, miei e senza aiuti pubblici, per creare questa fabbrichetta e darla in mano a mio figlio. Abbiamo costruito dal nulla lo stabilimento, trovato i fornitori di materiale in parte dalla Cina, e avviato la produzione. Arcuri ci ha pagato, ha rispettato gli impegni anche se per due mesi ci ha tenuti fermi in attesa di verifiche“.

Piccolo particolare: la certificazione di conformità Ue delle mascherine MyMask è datata 3 giugno 2020, cioè lo stesso giorno del contratto. Oggi però l’azienda non produce più mascherine. De Nicolò dice: “Per chi le devo produrre? Ormai il mercato è chiuso e i prezzi sono inaccessibili. Da Arcuri non ho avuto altre commesse. La verità? Ho perso 2 milioni di euro”».

A Ferragosto Arcuri preparava il secondo tempo della sua personale sfida durante l’ultimo scorcio di un’ estate illusoria senza virus . Problema all’ordine del giorno la riapertura delle scuole a settembre ed allora il commissario si addentra nel mercato degli igenizzanti per reperire milioni di litri in formato gel per gli insegnanti, studenti e bidelli. Il 19 agosto si concludono le trattative con la Italyam per 6,5 milioni di litri di gel per un costo di ben 36,7 milioni di euro.

Anche la Italyam è una società giovane come il suo titolare Alessio Fontana, comasco classe ’79, . Impresa talmente giovane che il contratto milionario è stato firmato dopo che erano passate soltanto due settimane dal deposito dell’atto costitutivo della Italyam alla Camera di Commercio di Milano. Ed il 31 agosto, con una letterina formale, il commissario straordinario Arcuri assegna all’ Italyam di Fontana, con sede legale a Milano in zona San Vittore e un capannone a Chiuduno in provincia di Bergamo, il compito di fornire l’igienizzante agli istituti scolastici di Lombardia, Piemonte, Liguria, Sardegna e Valle d’Aosta. Ma la struttura del commissario è costretta prendere atto molto presto che la Italyam non riusciva a rispettare gli accordi contrattuali. Ed allora il 30 ottobre, cioè 60 giorni dopo la firma del contratto, il responsabile del procedimento contestava alla società neo-costituita da hoc una serie di “inadempienze”. Gli istituti scolastici conseguentemente si lamentano perchè il gel non arriva e, quando arriva, è in quantità insufficiente.

Ma non è finita. Il 13 novembre l’amministratore Fontana, ormai nella black-list mirino di Arcuri, cede la maggioranza di Italyam alla società romana Dispositivo Medico Sanitario, che era stata fondata tre giorni prima dall’avvocata Eleonora Carfagna (titolare del 90 per cento delle azioni), nota nella capitale sopratutto per essere un’ottima giocatrice di bridge. La Carfagna ha spiegato a L’ESPRESSO di aver conosciuto Fontana per questioni lavorative, e “siccome la Dispositivo Medico Sanitario non trattava il prodotto gel igienizzante abbiamo proposto di acquistare le quote e poi trasferito la sede sociale a Roma“.

Quattro giorni dopo, siamo al 17 novembre, gli uffici del commissario Arcuri sollecitano all’ Italyam la distribuzione di 140.450 litri di gel per le scuole entro il 27. Piccolo particolare: le scuole però erano in gran parte chiuse a causa della pandemia. Ed allora Arcuri si corregge ed il 18 novembre,  ordina di portare i carichi negli ospedali, però proprio come era già successo con gli istituti scolastici, anche gli ospedali, non ricevono l’igienizzante richiesto !!!

Il 23 novembre, la struttura del commissario intima a Italyam di far arrivare, entro e non oltre il 7 dicembre, 2,8 milioni di litri di gel al magazzino di un corriere di Vercelli. Anche in questo caso Niente da fare. Il 10 dicembre il commissario straordinario Arcuri comunica all’ Italyam la risoluzione del contratto dopo 3,678 milioni di litri di gel distribuiti con grossa fatica e gravi ritardi e ben 20,7 milioni di euro spesi. Applausi.

Fontana e Carfagna sentitamente ringraziano… Ma a Palazzo Chigi, all’ ANAC nessuno dice e fa nulla. Ma la Procura di Roma in questo caso che fà ?

Lo scorso 9 dicembre 2021 il settimanale L’ ESPRESSO ha pubblicato online la seguente lettera di replica della società My Mask al settimanale romano.

Egregio direttore (dell’ Espresso) ,

con riferimento all’articolo titolato METODO ARCURI – AFFARI D’ EMERGENZA, apparso il giorno 07 febbraio 2021, alle pagine 50-51, sulla da Lei diretto riporta fatti che non corrispondono alla realtà ovvero, quando effettivamente reali, sono accompagnati da sollecitazioni emotive quali sottintesi, accostamenti, insinuazioni obiettivamente idonei a creare nella mente del lettore false rappresentazioni della realtà oggettiva, che pertanto si rivelano lesivi della mia persona e della mia azienda.

Ero stato contattato dal giornalista, a cui avevo dato consenso alla pubblicazione dell’intervista, senza essere in alcun modo informato che questa mia intervista veniva inserita in una vostra ricostruzione di più ampio spettro sulla gestione dell’emergenza epidemiologica COVID-19 da parte del Commissario Domenico Arcuri.

Mi trovo quindi costretto a precisare quanto realmente accaduto, con dimostrazioni se necessarie anche documentabili. Nel marzo 2020, in piena emergenza pandemica e in un momento drammatico di carenza di dispositivi, ho avuto la possibilità di dare un contributo serio al mio Paese che si trovava in grande difficoltà.

Mi sono attivato, costituendo una nuova società per la produzione di mascherine chirurgiche, e nonostante le immense difficoltà, tempestivamente ho acquistato macchinari e merci necessarie provenienti dalla Cina, propedeutiche alla costruzione di un’unità operativa, che ha consentito di dare occupazione ad altri otto ragazzi universitari come me.

Successivamente ho contattato Invitalia, sottoponendo la candidatura della mia società, senza l’intervento di alcun intermediario-mediatore; ho personalmente partecipato, previo ordinario accreditamento, ad una CRDO offrendo mascherine chirurgiche, testate dal laboratorio di indubbia onorabilità e professionalità BP SEC. S.r.l..

Accolta la proposta di fornitura, mi è stata inviata una PEC con una lettera di commessa con un crono programma di consegne, che siamo riusciti ad evadere addirittura in anticipo. Tutto ciò consente di evidenziare la totale distanza da altre vicende di assegnazione oggetto del vostro articolo e alle quali viene ingiustamente accostata la mia azienda. Sono un giovane imprenditore di 24 anni a cui tale assonanza che, in sé e per il contesto fattuale di riferimento, ha già prodotto negatività sul sistema bancario, precludendomi la possibilità di intraprendere altre attività imprenditoriali.

Questo diniego risale a qualche giorno fa e personalmente non ero a conoscenza delle gravi conseguenze prodotte dall’articolo sopra citato, che addirittura appare in esito ad una qualsiasi ricerca in Google appena si digita il mio nome. Mi trovo quindi costretto a chiedervi la rettifica perché dovendo intraprendere altre iniziative imprenditoriali mi trovo in seria difficoltà con il sistema bancario a causa di questo Vostro articolo, come mi è già capitato. Le chiedo pertanto, come regola il diritto di rettifica e con preghiera di pubblicazione, ai sensi dell’art. 8 della legge n. 47/48, di voler accogliere la mia richiesta, mediante questa lettera di precisazione, di voler rettificare l’articolo in oggetto, nella parte dedicata alla mia azienda e soprattutto alla mia famiglia.

Sono a Sua disposizione, per qualsiasi chiarimento e delucidazione necessaria. Sicuro del Suo interesse al mio caso, la ringrazio.

Con i migliori saluti

Ignazio Matteo de Nicolò

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