di REDAZIONE POLITICA
Il premier incaricato Draghi confrontandosi con il Quirinale, vuole un cuscinetto di sicurezza che potrebbe riservare a nomine tecniche decidendo autonomamente a chi affidare il ministero dell’Economia, quello degli Interni e la Giustizia. E chiaramente vuole scegliere anche il sottosegretario alla Presidenza ed il ministro per i Rapporti con il Parlamento. I partiti la definiscono la “quota Draghi”.
Una strategia finalizzata non per motivi di controllo, ma per sottrarre i dossier più scottanti all’inevitabile tensione e rivalità politica di una maggioranza così larga. Mentre i partiti si agitano con le solite spartizioni correntizie col bilancino, l’ex governatore della BCE è concentrato esclusivamente sul programma di governo.
Al momento circolano due schemi che prevedono 20 o 24 ministri. Nella prima ipotesi, i politici in squadra sarebbero dodici: 3 ministeri assegnati al Movimento5 stelle, 2 per Pd, Lega e Forza Italia, 1 a Italia Viva, Leu e centristi. Nella seconda ipotesi, i ministri “politici” salirebbero a 14: 3 per M5S, Pd e Lega, due per Forza Italia, uno per Italia Viva, Leu e centristi.
Per la Lega il nome più accreditato è quello di Giancarlo Giorgetti per il ministero dello Sviluppo economico, a patto di lasciare il ministero dell’Economia al Pd. L’attuale reggente il dicastero di via XX Settembre Roberto Gualtieri spera in riconferma, poco probabile per alcune divisioni interne ai dem.
Per la poltrona di ministro dell’ Economia circola sempre più “pesantemente” il nome di Daniele Franco attuale direttore generale di Bankitalia, in alternativa al quale si ipotizza un interim del premier per via XX settembre ed in tal caso allora il Mise potrebbe finire al Pd, lasciando le Infrastrutture al braccio destro di Salvini.
Il Pd chiede quattro posti sapendo di poterne ottenere massimo tre. In pole position ci sarebbero Andrea Orlando, Dario Franceschini e Lorenzo Guerini e quest’ultimo difficilmente potrebbe restare fuori, al massimo ricevere la delega ai Servizi Segreti. Se il Ministero della Difesa finisse in mano a un “tecnico”, gira il nome del generale Claudio Graziano, presidente del comitato militare Ue.
Il ministero degli Esteri è appetito di Luigi Di Maio per il M5S, il quale spera in una riconferma , mentre per la Giustizia sono in ballo Marta Cartabia e Paola Severino che essendovi già stata partirebbe agevolata. Agli Interni sembra possibile la conferma di Luciana Lamorgese. ma corrono voci anche sul nome del prefetto Franco Gabrielli attuale a capo della Polizia di Stato, e con un passato ai Servizi.
Per lo Sport gira anche il nome di Andrea Abodi, presidente dell’istituto per il Credito sportivo, con rapporti trasversali che vanno da Fratelli d’Italia fino alla Lega (Giorgetti) e al Pd. Il numero due di Berlusconi, l’eurodeputato Antonio Tajani potrebbero diventare ministro per gli Affari europei. Tra gli azzurri, gira anche il nome di Mara Carfagna.
Per Italia Viva Matteo Renzi, dovrà indicare uno fra i due fedelissimi: Teresa Bellanova o Ettore Rosato. Se Leu entrerà nella maggioranza, verrà confermato alla Salute Roberto Speranza. Anche i “centristi” ambiscono ad un ministero, per il quale se la giocano Carlo Calenda e Benedetto Della Vedova.
Se gli appetiti dei partiti dovessero diventare insaziabili, allora Draghi a quel punto potrebbe scegliere i ministri del suo “dream team” senza badare troppo al bilancino.