di BANKER*
La decisione del premier Draghi di affidare un contratto di consulenza alla McKinsey sotto il nuovo Governo Draghi ha scatenato l’ennesima nuova polemica inutile della solita politica becera. Infatti non è la prima volta che lo Stato Italiano affida degli incarichi di consulenza alla multinazionale statunitense leader mondiale nelle consulenze strategiche.
McKinsey ha uffici in più di 130 città e 65 paesi ed è la 35a più grande azienda privata degli Stati Uniti con 10,5 miliardi di dollari di ricavi nel 2019, stima il noto magazine USA Forbes.
La Mc Kinsey ha già lavorato gli scorsi anni per il Mef come consulente ed ha addirittura ristrutturato la sua organizzazione per un importo che è il doppio della cifra ora contestata. Il primo incarico venne assegnato con il governo gialloverde nel febbraio del 2019, quando alla guida del ministero dell’Economia c’era Giovanni Tria, i cui i pagamenti sono stati effettuati dal governo successivo quello giallorosso, dal ministro Roberto Gualtieri. Quindi non si è trattata di una novità introdotta dal premier Mario Draghi.
Chi come i soliti giornalisti “giallorossi”del Fatto Quotidiano attaccano la decisione di Palazzo Chigi di utilizzare i consulenti della McKinsey scrivendo “Tradimento! Draghi lascia scrivere ai consulenti americano ani le nostre politiche di investimento!” parlavano tanto per cambiare senza sapere nemmeno di cosa stessero parlando.
L’incarico affidato ai consulenti è la necessità doverosa e conseguenza di verificare come è stato impostato il PNRR: un insieme di linee progettuali ciascuna delle quali contiene specifici progetti che hanno risorse dedicate, tempi di attuazione e risultati attesi. Questi progetti, devono raggiungere gli obiettivi indicati dalla Commissione attenendosi ai rigorosi parametri di valutazione con tanto di voto finale: se il PNRR supera l’esame arriveranno i soldi, contrariamente l’ Italia rischia di restare a bocca asciutta.
La scadenza per la presentazione delle proposte del Governo Italiano è stato fissato dalla Commissione Europea per il prossimo 30 aprile, è quindi assolutamente normale che in vista della scadenza, dati i notevoli picchi di lavoro, il Mef di avvalga anche di risorse esterne, chiaramente non per decidere niente ma per eseguire le scelte fatte in sede politica dall’ Italia, nel rispetto delle specifiche rigorosamente indicate dalla Commissione.
Se il piano è quello, è quindi logica conseguenza che si avverta la necessità di esperti consulenti aziendali capaci di redigere con competenza ed oculatezza le schede di Excel richieste dalla Commissione, impostate con stati di avanzamento, obiettivi intermedi, ritorni degli investimenti. Un lavoro specifico consueto per i “tecnici” della McKinsey e di qualsiasi altra organizzazione di consulenza internazionale, che sicuramente non si reperiscono negli staff ministeriali dell’ex-Governo Conte.
A questo punto che è legittimo chiedersi dove erano a settembre 2020 quei “criticoni” fiancheggiatori del Governo Conte bis, quando la varò le prime linee guida per la stesura del PNRR, poi aggiornate lo scorso gennaio? Sarebbe il caso di far cadere quello squallido velo d’ipocrisia di quelli che adesso si indigna per i “consulenti americani”.
Se i “criticoni” del Fatto Quotidiano a partire da Marco Travaglio e Peter Gomez, che poverini di economia non capiscono nulla avendo costruito le rispettive fortune giornalistiche pubblicando libri farciti di carte giudiziarie, avessero letto quelle 59 pagine, oltre al regolamento del RRF, avrebbero dovuto avere l’onestà intellettuale di indignarsi a suo tempo, leggendo la quasi totale spoliazione di qualsiasi spazio di discrezionalità, di flessibilità decisionale, di autonomia nella decisione delle destinazioni di spesa.
Il precedente incarico alla McKinsey era quello “di avviare la procedura dura di affidamento diretto su M.E.P.A. della fornitura dei servizi relativi al progetto interdirezionale di analisi volto ad accrescere la performance organizzativa del Dipartimento del Tesoro, ai sensi dell’art. 36, comma 2, lett. a) del D.Lgs. 50/2016 alla società McKinsey & Company inc. Italy – Piazza Duomo 31, 20122 Milano Partita IVA:00805970159 – tramite trattativa diretta sul M.E.P.A. Bando “Servizi” – Categoria Merceologica “Servizi di supporto specialistico”.
Sulla questione è arrivato una nota di chiarimento del Mef : “L’attività di supporto richiesta a McKinsey riguarda l’elaborazione di uno studio sui piani nazionali “Next Generation” già predisposti dagli altri paesi dell’Unione Europea e un supporto tecnico-operativo di project-management per il monitoraggio dei diversi filoni di lavoro per la finalizzazione del Piano. Il contratto con McKinsey ha un valore di 25mila euro +IVA ed è stato affidato ai sensi dell’art. 36, comma 2, del Codice degli Appalti, ovvero dei cosiddetti contratti diretti “sotto soglia”. Le informazioni relative al contratto saranno rese pubbliche, come avviene per tutti gli altri contratti del genere, nel rispetto della normativa sulla trasparenza”.
Il Mef ha precisato il perimetro del coinvolgimento della società Usa: “La governance del Pnrr italiano è in capo alle amministrazioni competenti e alle strutture del Mef che si avvalgono di personale interno degli uffici. McKinsey, così come altre società di servizi che regolarmente supportano l’amministrazione nell’ambito di contratti attivi da tempo e su diversi progetti in corso, non è coinvolta nella definizione dei progetti del Pnrr“, si legge in una nota diramata da Via XX Settembre.
Il vero scandalo di cui nessuno parla, è quello di del precedente governo guidato da “Giuseppi” Conte, di aver a suo tempo rinunciato a qualsiasi spazio di manovra nelle scelte politiche in relazione alle alle direttrici di investimento, invece di lamentarsi di poche decine di migliaia di euro pagate per la consulenza strategica dei consulenti di McKinsey. Le polemiche attuali sono buoni solo per far dimenticare, incompetenza, incapacità di qualche politicante allo sbaraglio che a maggio 2020 aveva probabilmente altro da fare.
*BANKER è lo pseudonimo firma di uno dei più importanti economisti europei, che per ovvi motivi non può firmarsi personalmente