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22 Novembre 2024 06:59

ARRESTATI UN MAGISTRATO ED UN AVVOCATO IN PUGLIA. PRENDEVANO SOLDI IN CAMBIO DI SENTENZE PILOTATE

Nel corso dell’attività di intercettazione sono state registrate conversazioni in cui il De Benedictis e il Chiariello discutono sulle strategie più idonee affinché il giudice possa motivare i provvedimenti più favorevoli ai clienti del predetto avvocato, intenti a contare il denaro poi consegnato al giudice De Benedictis, discutendo sugli importi da imputare alla corruzione . Indagati alcuni avvocati del Foro di Bari

di REDAZIONE CRONACHE

Questa mattina i Carabinieri del Nucleo Investigativo di Bari hanno eseguito un’ordinanza applicativa di misura cautelare in carcere disposta dal gip dr.ssa Giulia Proto nei confronti di Giuseppe De Benedictis, 59 anni, nativo di Molfetta, magistrato presso ufficio Gip del Tribunale di Bari, e l’ avvocato penalista Giancarlo Chiariello, 70 anni, del Foro di Bari. Sono in corso notifiche di ordinanze di custodia cautelare e perquisizioni ad altre persone, già detenute per fatti di criminalità mafiosa, Numerosi altre persone sono indagate a piede libero che risultano destinatarie di decreto di perquisizione, al momento in fase di esecuzione.

il giudice Giuseppe De Benedictis, GIP presso il Tribunale di Bari

La misura è stata richiesta dai pm Alessandro Prontera e Roberta Licci dalla Procura della Repubblica-Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce che hanno coordinato lunghe indagini consistite in intercettazioni telefoniche ed ambientali, video riprese in uffici e ambienti interni ed esterni, pedinamenti, dichiarazioni di collaboratori di giustizia, esame di documentazione, perquisizioni e sequestro di ingenti somme di denaro contante.

la sede della Procura della Repubblica-Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce

L’ipotesi su cui fonda l’impianto accusatorio della DDA di Lecce, anche fatta propria dal GIP, è quella per cui il giudice Giuseppe De Benedictis, GIP presso il Tribunale di Bari, e l’ Avvocato Giancarlo Chiariello, dello stesso Foro, abbiano da tempo stretto un accordo corruttivo in base al quale in cambio di somme di denaro in contante, consegnate presso l’abitazione e lo studio del legale, o anche all’ingresso di un bar sito nelle vicinanze del nuovo Palazzo di Giustizia di Bari, il predetto magistrato emetteva provvedimenti ”de libertate” favorevoli agli assistiti dell’ avvocato Chiariello, tra i quali uno anche attinto dalla odierna ordinanza di custodia cautelare.

l’ Avvocato Giancarlo Chiariello

I soggetti beneficiati, in gran parte appartenenti a famiglie mafiose o legate alla criminalità organizzata barese, foggiana e garganica, potevano contare sullo sperimentato accordo corruttivo (circostanza peraltro nota da tempo nell’ambiente criminale per come riferito dai collaboratori di giustizia) tra il giudice e l’avvocato arrestati questa mattina, che in cambio del pagamento di somme di denaro, riuscivano ad ottenere provvedimenti di concessione di arresti domiciliari o rimissione in libertà, pur essendo sottoposti a misura cautelare in carcere per reati anche associativi di estrema gravità, che gli consentivano di rientrare nel circuito criminale, con indubbio vantaggio personale, del difensore e delle stesse organizzazioni criminali.

il Tribunale di Bari

I primi segnali sulla corruzione nel Tribunale di Bari risalgono al 2012, quando Matteo Tulimiero, collaboratore di giustizia, aveva raccontato ai magistrati della Dda di Bari che esponenti del clan Parisi-Palermiti erano usciti dal carcere dopo aver pagato il giudice De Benedictis, affermando di avere visto personalmente un uomo del clan Palermiti lasciare 10mila euro a un avvocato barese affinché li portasse al giudice De Benedictis. Il giudice dopo un periodo al Tribunale di Matera era rientrato in servizio a Bari, dove nel 2019 i pm antimafia Fabio Buquicchio, Ettore Cardinali e Federico Perrone Capano si erano accorti di alcune scarcerazioni “allegre” segnalando il tutto al procuratore capo ed alla Direzione nazionale antimafia.

I casi “immotivati” segnalati dai magistrati dell’Antimafia barese riguardavano Raffaele Addante, Paolo D’Amato, Giuseppe Loglisci, Francesco Martiradonna, Angelo Martiradonna, Michele Martiradonna, Radames Parisi e Filippo Mineccia il quale avrebbe preannunciato la propria imminente uscita dal carcere: “Tutto a posto, sta fatto. Se il gip De Benedictis diventa gup, tu avrai pure l’assoluzione “. Francesco Giannella, procuratore aggiunto della Dda, aveva trasmesso quegli atti al procuratore capo di Lecce, Leonardo Leone de Castris, evidenziando che indagati eccellenti erano stati mandati ai domiciliari nei loro luoghi di residenza .

“Dalle indagini emerge un collaudato sistema di svendita delle pubbliche funzioni un costante mercimonio della giurisdizione, piegata e asservita a scopi illeciti, per un arco temporale che ve ben oltre quello dell’indagine” scrive la Gip Giulia Proto nella sua ordinanza cautelare.

Nel corso dell’attività di intercettazione sono state registrate conversazioni in cui il De Benedictis e il Chiariello discutono sulle strategie più idonee affinché il giudice possa motivare i provvedimenti più favorevoli ai clienti del predetto avvocato, intenti a contare il denaro poi consegnato al giudice De Benedictis, discutendo sugli importi da imputare alla corruzione (sia all’interno dell’ufficio del GIP tanto all’interno dell’ascensore del palazzo ove il Chiariello abita, presso i quali gli indagati si sono ripetutamente incontrati e sono stati ripresi, con contestuale registrazione delle conversazioni, dalle telecamere nei pressi installate).

L’encomiabile lavoro degli operanti del Nucleo Investigativo Carabinieri di Bari delegati alle indagini dalla Procura della Repubblica-Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce , consentiva di acclarare che, nella giornata dello scorso 9 aprile, in occasione di un appuntamento fissato con modalità criptiche da collaboratori dello studio legale Chiariello, così come avvenuto in altre occasioni, il giudice De Benedictis si sarebbe recato presso l’abitazione del legale per riscuotere il prezzo della corruzione dovuto per la concessione degli arresti domiciliari in favore del pregiudicato Antonio Ippedico , attinto da precedente ordinanza applicativa di misura cautelare in carcere per il reato di cui all’articolo 416 bis c.p., e successivamente collocato agli arresti domiciliari.

la “tangente” sequestrata il 9 aprile nell’ufficio del gip De Benedictis

I Carabinieri osservavano il De Benedictis incontrarsi con il Chiariello, recarsi alle ore 8 del mattino del 20 aprile presso l’attiguo studio legale dello stesso nella centralissima via Andrea da Bari del capoluogo pugliese, per poi uscirne qualche minuto dopo con materiale cartaceo nelle mani e quindi, senza mai essere perso di vista dagli stessi Carabinieri, salire sulla propria auto e recarsi in ufficio a Palazzo di Giustizia in via Dioguardi. Arrivato a destinazione il De Benedictis, veniva ripreso dalle telecamere ivi installate con provvedimento della Procura leccese, mentre tirava fuori una busta piena di banconote dal giubbotto e la riponeva nelle tasche dei pantaloni.

A questo punto i Carabinieri intervenivano e procedevano ad eseguire decreto di perquisizione già emesso da questa Procura della Repubblica, sequestrando la somma in contante di circa euro 6.000. Nell’immediatezza dei fatti il De Benedictis rilasciava a verbale dichiarazioni spontanee con le quali ammetteva di avere ricevuto poco prima dal
Chiariello la somma in questione “per il disturbo” e di volersi dimettere dalla magistratura per la vergogna. La perquisizione è stata poi estesa anche all’abitazione del magistrato dove sono stati rinvenute sequestrate numerose somme di denaro, nascoste all’interno di alcune prese per derivazioni elettriche, per importi variabili tra 2mila e 16mila euro (per un totale di circa 60mila), ritenute dagli inquirenti frutto della corruzione.

Il magistrato vistosi scoperto, intuisce che per lui è finita, e scrive la lettera di dimissioni per cercare di evitare il carcere. La telefonata che fa a u, amico di seguito riportata avviene lunedì 12 aprile, le 7,17 del mattino utilizzando il telefono cellulare della fidanzata del figlio, viene considerata dalla Procura di Lecce come una piena confessione.

DE BENEDICTIS: ti sto chiamando dal cellulare di un amico, io non tengo più il cellulare, tu hai saputo niente?
AMICO: no, che cos’è successo?
DE BENEDICTIS: eh, che cos’è successo …allora, innanzitutto io mi sono dimesso dalla magistratura, non sono più Giudice a partire da questa mattina, va bene?
AMICO: perché?
DE BENEDICTIS: perché venerdì io, quello Chiariello mi dette una cosa da studiare e mi dette qualche soldo, come scesi dallo studio stavano ì Carabinieri , perquisito, perquisizione, corruzione ..adesso ho detto tutte cose, ieri sono stati due giorni a casa mia a portarsi cellulare, computer, controllare le armi e cose, che vogliono vedere …quello Chiariello stava multato, io mi sono dimesso per evitare il carcere, però la misura la devono fare. Adesso sono a casa ad aspettare se mi fanno i domiciliari, speriamo che mi fanno i domiciliari
AMICO: moo, mannaggia a … mannaggia
DE BENEDICTIS: no, adesso devi dire la vergogna quando uscirà su tutti i giornali “Giudice De Benedictis arrestato per corruzione”
AMICO: madonna Gesù Cristo mio
DE BENEDICTIS: madò, Gesù Cristo che sputtanamento, anche ad Altamura chi mi potrà vedere più
AMICO: madonna mia, madonna
DE BENEDICTIS: secondo te mi posso far vedere ad Altamura?
AMICO: e qual è il problema scusa?
DE BENEDICTIS: si, ma non per gli altri amici, sai come mi devono mandare tutti a fare in culo
AMICO: non mandano …ma c* lo sapevi pure tu! (bestemmia)
DE BENEDICTIS: va bene, io mi sono dimesso, adesso vediamo quando mi devono prendere, comunque considerando che per questo reato il minimo sono sei anni, quattro anni me li devo prendere sicuro …Hai capito?
AMICO: Madonna
DE BENEDICTIS: sicuro
AMICO: va bene, dopo vedo se ti vengo a trovare
DE BENEDICTIS: a casa? …Quando?
AMICO: eh…vedo oggi pomeriggio dai
DE BENEDICTIS: io da casa non mi muovo da casa o domani quando vuoi, io non lo so, come vuoi tu, però io sono sicuro che me l’hanno riempita di microspie casa …hai capito?
AMICO: ah, ah …va bene
DE BENEDICTIS: tu quand’è che passi? Io non ho più telefono, hai carta e penna?
AMICO: no, adesso vedo se vengo domani.

De Benedicits, era stato assolto dai giudici di Lecce in primo grado nel maggio 2014 per il reato di porto, detenzione e ricettazione di armi da guerra. Sentenza impugnata dalla Procura e ribaltata dalla Corte d’Appello di Lecce. condannato a due anni di reclusione . La condanna successivamente venne annullata nel 2019 dalla Cassazione in quanto l’acquisto era stato fatto secondo i giudici della Suprema Corte,  “in buona fede”, essendo De Benedictis un collezionista. Secondo quanto scritto nella sentenza “l’atteggiamento psicologico di De Benedictis appare qualificabile come errore di fatto, incolpevole sulla natura dell’arma, ingenerato dalla regolarità delle modalità lecite di acquisto da un armiere autorizzato, e, in seguito, in occasione dell’incontro tra lui e il suo armiere di fiducia, come dubbio di non particolare consistenza su tale fondamentale profilo”.

Il giudice aveva acquistato un fucile Feg Gbm a otturatore girevole-scorrevole ungherese che ricordava l’antica carabina, presso un negozio specializzato nella Repubblica di San Marino. Ma l’arma acquistata poteva sparare a raffica, motivo per cui il fucile venne riportato al negozio, su richiesta del commerciante che aveva ricevuto una segnalazione dall’importatore per possibili difetti dell’arma. De Benedictis nel frattempo era venuto a conoscenza dai Carabinieri per l’elezione di domicilio, dell’esistenza di una indagine a suo carico.

Fra le persone indagate dalla Procura di Lecce compare anche l’ avvocato Alberto Chiarello figlio trentenne dell’avvocato arrestato, nella cui abitazione sono stati trovati 1,3 milioni di euro in contanti nascosti all’interno di tre zaini occultati all’interno di un divano e di un armadio. Sono in corso gli accertamenti per verificarne la provenienza. 

Gli indagati in totale sono 12 nei cui confronti la pm Roberta Licci aveva chiesto la custodia cautelare in carcere, ma la Gip Giulia Proto, ha ritenuto che l’applicazione della misura cautelare fosse necessaria solo per tre di loro che avrebbero potuto avere la possibilità di poter continuare a commettere reati dello stesso genere. Oltre a Giancarlo Chiariello e Giuseppe De Benedictis, anche Danilo Pietro Della Malva ritenuto il principale corruttore, che era stato arrestato per aver fatto parte di un gruppo criminale dedito al narcotraffico.

Gli altri indagati sono l’ appuntato dei Carabinieri Nicola Soriano, in servizio presso la sezione di pg della Procura di Bari; Roberto Dello Russo, 41 anni di Terlizzi detto “il malandrino”, indagato per narcotraffico nell’ambito di un’inchiesta di cui De Benedictis si era occupato come Gip; il pregiudicato Antonio Ippedico, 49 anni di Foggia noto esponente della “Società foggiana”, indagato ed arrestato in un’ altra inchiesta della Dda di Bari ; Pio Michele Gianquitto, 42 anni di Foggia, indagato per trasferimento fraudolento di valori che era stato arrestato a suo tempo su ordine del gip De Benedictis; l’ avvocato Paolo D’Ambrosio, 51 anni di Foggia, co-difensore insieme a Chiariello del pregiudicato foggiano Ippedico; Matteo Della Malva, zio di Danilo Pietro e Valeria Gala compagna di quest’ultimo .

L’appuntato dei carabinieri, Nicola Vito Soriano, scrive il gip di Lecce, Giulia Proto, nel provvedimento di arresto avrebbe “rivelato a De Benedictis e all’avvocato Chiarello notizie che dovevano rimanere segrete , in particolare disvelava il contenuto di dichiarazioni rese da collaboratori di giustizia che consegnava sia a Chiarello che a De Benedictis e fornendo informazioni anche sul pm titolare del procedimento ottenendo in cambio dal De Benedictis l’impegno ad occuparsi della vicenda giudiziaria che riguardava un suo cugino da gestire in termini favorevoli alla sua posizione“.

Gianquitto, D’Ambrosio ed Ippedico sono ritenuti appartenenti al clan Sinesi-Francavilla, clienti dello studio legale Chiariello che avrebbero beneficiato delle scarcerazioni disposte dal Gip De Benedictis in cambio di denaro. Le ipotesi di reato contestate agli indagati a vario titolo , sono: associazione a delinquere, corruzione in atti giudiziari, rivelazione di segreti d’ufficio e atto contrario ai doveri di ufficio.

L’inchiesta condotta della Procura di Lecce potrebbe riservare altre sorprese in quanto nel fascicolo d’indagine sono presenti ulteriori indizi di reato che consentono di ipotizzare che siano coinvolti altri indagati oltre che per l’ipotesi di corruzione, in quanto vi sarebbero anche delle rivelazioni di segreti d’ufficio che sarebbero state acquisite e divulgate illecitamente, e diffuse delle notizie relative a dichiarazioni di collaboratori di giustizia ancora segrete, custodite in banche dati riservate.

Lo stralcio di una conversazione intercettata risale al 16 giugno 2020. A parlare è il pregiudicato Danilo Pietro Della Malva di Vieste (difeso dall’avvocato Chiariello) il quale aveva ottenuto dal gip De Benedictis la scarcerazione, con concessione degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico: “Ho speso trentamila euro e mi sono comprato il giudice a Bari” si legge negli atti. Della Malva era tornato dal carcere di Rebibbia a casa il 24 aprile e una sera, parlando con la moglie sulla veranda, “commentava senza alcuna cripticità il mercimonio per la sua scarcerazione” ricostruiscono gli inquirenti “Dapprima si vantava di essere uscito dal carcere dopo appena tra mesi e, alla reazione ironica della moglie che, ridendo, esordiva con un commento «grazie» come a voler dire «sappiamo bene il perché», Della Malva diceva: «però aspetta, ho speso trentamila euro e mi sono comprato il giudice a Bari”.
Secondo gli inquirenti della Dda, i soldi sarebbero stato consegnati tramite l’avvocato al giudice. Le indagini dei Carabinieri hanno infatti documentato che il 18 marzo 2020, cioè 7 giorni dopo il provvedimento con il quale il gip De Benedictis aveva disposto la scarcerazione, il Gps dell’automobile del magistrato segnalava la sua presenza a casa del legale.

“Oltre a ribadire il grande apprezzamento per l’eccellente lavoro svolto e la grande professionalità dimostrata dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Bari, questo ufficio desidera rivolgere un sentito ringraziamento all’Autorità Giudiziaria di Bari e Trani per la collaborazione istituzionale prestata e le segnalazioni trasmesse, che hanno consentito di concludere un’indagine assolutamente doverosa, anche se al tempo stesso dolorosa per tutti noi – scrive la Procura di Lecce in una nota – È opinione di questa Procura della Repubblica che la collettività, sia pure nel comprensibile disagio e disorientamento determinato dalla vicenda, possa trovare motivo di sollievo nella circostanza che proprio l’Istituzione Giudiziaria possieda gli anticorpi necessari per colpire i comportamenti devianti, e abbia, ancora una volta nella nostra regione, dimostrato di saper guardare al proprio interno e individuare le più gravi criticità. E’ oggi più che mai necessario che, insieme all’Avvocatura, tutti gli Uffici Giudiziari proseguano nel proprio impegno volto ad assicurare un servizio efficiente e trasparente per la collettività”.

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