di REDAZIONE POLITICA
“Storari non ha provocato assolutamente niente. Quello che è tecnicamente accaduto, è che delle informazioni, perché i verbali non sono che il supporto di informazioni, sono state comunicate ad una persona autorizzata a riceverle. A sua volta questa persona le ha veicolate ad un organo istituzionalmente competente”. è quanto ha sostenuto l’avvocato Paolo Della Sala, difensore del pm di Milano Paolo Storari, indagato per rivelazione del segreto d’ufficio, parlando con i giornalisti al termine dell’interrogatorio svoltosi davanti al procuratore capo di Roma Michele Prestipino Giarritta affiancato dai pm Rosalia Affinito e Fabrizio Tucci, durato circa due ore .
“Tecnicamente il dottor Davigo era persona autorizzata a ricevere quegli atti” ha aggiunto l’avvocato Della Sala “tale si era qualificato, e in tal senso aveva autorizzato il dottor Storari. Alla domanda “Perché non ci fu trasmissione formale di quegli atti al Csm?” il difensore di Storari sconfina nel ridicolo : “Per questione di tatto istituzionale direi, data la delicatezza di quelle indagini” dimenticando che esistono delle norme di Legge molto chiare e delineate che non contemplano il “tatto istituzionale”.
La difesa di Storari ha dimenticato che circa sette mesi dopo quella consegna “incriminata”, la funzionaria del Csm Marcella Contrafatto, che era la segretaria di Davigo, secondo la procura romana, sulla base degli accertamenti tecnici della Guardia di Finanza sui tabulati telefonici, si era resa responsabile della diffusione dei verbali secretati di Amara ai colleghi Antonio Massari del Fatto Quotidiano e Liana Milella de La Repubblica e del consigliere Csm Nino Di Matteo, sulla presunta calunnia nei confronti del procuratore capo di Milano Francesco Greco, e del magistrato Sebastiano Ardita attuale consigliere togato del Csm .
L’interrogatorio di Storari indagato dalla Procura di Roma, costituisce un passaggio importante, in quanto è proprio dalla valutazione di tutti gli elementi offerti dall’indagato si deciderà sul versante della rivelazione di segreto anche l’eventuale trasferimento della competenza , dalla procura di piazzale Clodio a Roma, città dove operava il “corvo” del Csm, alla Procura di Brescia, che si occupa per legge di eventuali reati commessi dai magistrati degli uffici giudiziari di Milano.
Venerdì scorso è stato il procuratore capo di Milano Francesco Greco in persona a incontrare in due differenti tappe, come ha raccontato il quotidiano La Repubblica, sia il il procuratore capo di Roma Michele Prestipino Giarritta, che il Procuratore Generale della Corte di Cassazione Giovanni Salvi al quale ha consegnato anche una lunga relazione firmata con il procuratore aggiunto di Milano, Laura Pedio. relazione che di fatto è una vera e propria ricostruzione ancorata a fatti e documenti, secondo quanto trapela, che intende sconfessare in maniera analitica la tesi del pm Storari su presunte inerzie dei vertici milanesi, riguardo alle indagini che in cinque mesi, secondo le accuse di Storari, non erano ancora partite sulla presunta loggia segreta “Ungheria“. Una vera e propria guerra interna alla procura di Milano che ha scatenato una vera e propria catena di presunti abusi e indagini, che oggi sono in gestione di almeno quattro Procure italiane.
A complicare ulteriormente la vicenda arriva la rivelazione del senatore Nicola Morra (ex M5S) presidente della commissione parlamentare Antimafia, che in una relazione depositata alla Procura di Roma, ha dichiarato di essere stato informato esattamente un anno fa da Davigo, di quelle dichiarazioni segrete sulla “loggia Ungheria” contenente delle accuse contro il collega Ardita. Incredibilmente, secondo quanto sostenuto da Morra, L’ex consigliere del Csm Davigo, ora in pensione, gli mostrò persino alcuni atti. Sarebbe curioso capire se Davigo era autorizzato a fare anche questo… !
”Ricordo semplicemente che era molto caldo quando incontrai il dottor Davigo, può essere certamente giugno dell’anno scorso, ma non ricordo esattamente il giorno. – sostiene il sen. Morra che ieri ha riferito formalmente alla procura di Roma fatti relativi alla questione Amara-Davigo di cui era a diretta conoscenza. “Ci incontrammo nello studio di Davigo al Csm. Davigo mi disse semplicemente che sul dottor Ardita si stava adombrando un sospetto assai grave, e cioè che fosse in qualche modo organico a una loggia massonica segreta, occulta, in base alle dichiarazioni, io ricordo questo poi magari ricordo male, di un collaboratore di giustizia” .
”Anche perché avessi memorizzato avvocato Amara, per quanto io sia scherzosamente affetto da Alzheimer, potevo immediatamente associarlo alla vicenda Siracusa, Amara-Calafiore e tutto il resto. – aggiunge Morra – Ma io non ricordo di aver avuto indicato o pronunciato il nome del dichiarante, non ricordo di aver letto eventualmente questo cognome. Se l’ho fatto non ho afferrato, però mi ricordo che si trattava di una procura del Nord che stava vagliando l’attendibilità delle dichiarazioni di questo collaboratore che mi è stato presentato come un collaboratore di giustizia. Ricordo che rimasi basito, esterrefatto dalle dichiarazioni in questione”.
Poi Morra ribadisce: ”Non ricordo se ho visto cognomi o meno, perché mi è stata aperta questa cartellina, questo foglio, se non ricordo male un foglio a righe che conteneva questi stampati, e quindi l’attenzione si è soffermata sull’adesione di Sebastiano Ardita alla loggia massonica, cosa che poi puntualmente mi sembra sia stata smentita nei fatti perché le affermazioni di Amara sono state riscontrate in maniera negativa, per cui sono state confutate, e io di questo non posso che essere contento. Anche perché ci tengo a ribadire che io avevo ed ho grande stima nei confronti sia di Davigo che di Ardita, quindi spero che tutto si chiarisca. Poi non so se qualcuno ha operato degli errori, non ho le competenze per poter asserire se è stato alfa o è stata beta, ma io lavoravo affinché il gruppo di Autonomia e Indipendenza recuperasse uno spirito di dialogo interno che li rendesse nuovamente punti di riferimento per quanto riguarda la mia azione in termini di politica giudiziaria”.
Morra sottolinea qualcos’altro: ”Quando sentii il nome di Ardita associato alla loggia massonica rimasi così, trasecolato, tant’è che poi ho ricordato di essere uscito dallo studio e di aver incrociato lo stesso dottor Ardita che entrava nel suo studio, perché al Csm Ardita e Davigo avevano lo studio uno di fronte all’altro. Insomma, ho visto Ardita e credo di averlo salutato non con la solita familiarità, con la solita affabilità con cui lo salutavo, perché a distanza di pochi minuti ero rimasto proprio così. Poi nel tempo, comunque, c’ho pensato, e siccome non arrivavano ulteriori sviluppi né in un senso né nell’altro, ho inteso comunque partecipare ad eventi con il dottor Ardita, eventi pubblici relativi a questioni antimafia, per esempio la presentazione del suo libro insieme al dottor Gratteri e al dottor Di Matteo a Catania, forse nel luglio del 2020. Poi ho partecipato con lui a webinar e altri incontri online”.
Il presidente della commissione Antimafia aggiunge: ”Ricordo perfettamente che Davigo mi portò nella tromba delle scale, questo atteggiamento mi insospettì, era quasi a far pensare che non ci si fidasse neanche del luogo in cui ci si trovava perché magari si poteva essere sottoposte a controllo”. Morra così conclude: ”Una volta appreso tutto questo, ho riferito al dottor Ardita, perché mi sembrava corretto, e anche al dottor Di Matteo che è stato colui che pubblicamente e denunciato il tutto. Già avevo preso la decisione di riferire alla procura di Roma, ma sono stato anche suggerito in tal senso sia dal dottor Di Matteo che dal dottor Ardita, perché non c’è cosa più pulita che segnalare a chi di dovere’‘.
Come si può non essere d’accordo con i colleghi del quotidiano il Riformista quando scrivono: “Del resto ci sono tante cose in questa inchiesta che non sono molto chiare. A partire dal recente interrogatorio, ma solo come testimone, di Piercamillo Davigo, da parte dello stesso Prestipino, che è il procuratore nominato procuratore con il voto decisivo di Davigo ed è stato dichiarato poi illegittimo dal Tar. Prestipino è anche andato al Csm a guidare le perquisizioni, e a una persona normale viene da pensare: ma come mai quando un politico finisce nei guai gli si impone di dimettersi subito, di lasciare il suo ufficio, di accettare la “pre-condanna” e poi, casomai, di riprendere la sua carriera dopo una decina d’anni in caso di assoluzione definitiva, e invece se un organismo ufficiale come il Tar destituisce un magistrato, anzi un Procuratore, lui può continuare tranquillo ad esercitare, basta che faccia ricorso?
Nessuno sa rispondere alla domanda di questa persona normale“.
Secondo quanto riferito dal Corriere della Sera, Piercamillo Davigo nel maggio 2020, avrebbe consegnato i documenti secretati con le dichiarazioni di Amara sulla “lobby Ungheria” al vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura David Ermini. Quindi non si sarebbe trattato, dunque, di una semplice confidenza. Alla richiesta di chiarimenti, Davigo ha risposto:”Quello che ho da dire lo dirò, prima, nelle sedi istituzionali in cui verrò ascoltato”. Peccato che il vicepresidente del Csm David Ermini, nega l’avvenuta consegna dei documenti, limitandosi a dichiarare di avere ricevuto alcune confidenze da parte dell’ex consigliere del Csm, ed avere ad un certo punto compreso che questi potesse essere in possesso di alcune carte.
Adesso che cosa farà il Csm ? Come mai nessuno ha attivato il procedimento disciplinare pur essendovi una notizia di illecito a quanto pare conosciuta da non poche persone titolate a farlo ? “Beh, adesso vedremo” dice al quotidiano Il Giornale una fonte giudiziaria, che ricorda come in un passato recentissimo per un illecito come la mancata iscrizione del nome dell’indagato nel registro delle notizie di reato “la Procura Generale della Cassazione è stata inflessibile nell’azione disciplinare e il Csm particolarmente sicuro nel premere il grilletto della condanna, anche di recente, sui magistrati incorsi nella sfortunata dimenticanza”. Condanne peraltro affidate a un autorevole relatore della sentenza: Piercamillo Davigo.