I pubblici ministeri della procura di Taranto hanno chiesto nuovamente il rinvio a giudizio nell’ inchiesta “Ambiente svenduto” per i politici responsabili a loro dire di di aver favorito l’ILVA, “capeggiati” da Nichi Vendola Governatore uscente della Regione Puglia , attualmente imputato di “concussione” per delle presunte pressioni sul direttore dell’Arpa Giorgio Assennato aventi lo scopo di “alleggerire” il loro atteggiamento nei confronti dell’ILVA.
Non a caso Assennato che ha sempre negato di aver subìto pressioni e per questo è stato imputato dai pm di “favoreggiamento“, nelle scorse udienze preliminari aveva richiesto di essere ascoltato in aula dai pubblici ministeri ma questa volta, consigliato dagli avvocati, ha comunicato la propria rinuncia all’interrogatorio.
Le motivazioni che hanno indotto i pm ad agire nei confronti dei rappresentanti della Regione Puglia hanno origine da una nota dell’ Arpa datata 21 giugno 2010, nella quale sulla base di preoccupanti dati sulla presenza di benzoapirene nel quartiere Tamburi di Taranto, confinante con lo stabilimento siderurgico dell’ILVA. In quella nota l’ Arpa richiedeva e prevedeva una riduzione dell’attività delle cokerie . Archiná intercettato chiamava Assennato, dicendogli “così ci crea grossi problemi” e successivamente chiedeva un incontro urgente con Nichi Vendola commentando come “una scivolata” quanto richiesto “del nostro amico Assennato“. Dagli atti si legge di un Vendola “imbestialito“, che in riunione avrebbe detto “così com’è l’Arpa può anche andare a casa“.
Assennato, convocato a quella riunione dal Governatore della Regione Puglia, secondo le ricostruzioni dell’accusa, viene mortificato e volutamente lasciato fuori, e Vendola per prenderne le distanze, ed avrebbe detto al dirigente Antonicelli “Vai a dire ad Assennato che i dati non li deve utilizzare come bombe carta, che poi si trasformano in bombe vere . Successivamente parlando con Girolamo Archiná, il responsabile delle relazioni esterne dell’ ILVA a Taranto, manifesta un intento ben poco istituzionale: “frantumare Assennato“, direttore dell’ ARPA che in quel periodo peraltro era in difficoltà in quanto attendeva la riconferma del suo contratto di lavoro in scadenza.
Il pubblico ministero Remo Epifani nella sua requisitoria, analizzando alcuni episodi, ha messo in evidenza i rapporti che Girolamo Archiná, appellato dalla stessa famiglia Riva come il “maestro dell’insabbiamento“, intratteneva con politici, amministratori, corrompendo giornalisti locali, e membri degli organi di controllo a livello provinciale, regionale e ministeriale. Rapporti e contatti intercorsi, secondo l’accusa, con chiaro scopo di rendere possibile all’ ILVA di spingere al massimo la propria produzione e conseguente inquinamento ambientale calpestando ogni legge vigente, in materia di ambiente e danneggiando la salute di operai e cittadini.
Epifani parlando degli episodi, ha commentando i fatti accaduti, definendoli una “massiccia campagna di pressioni su Assennato, con l’obiettivo di estrometterlo“. Va ricordato però che i diversi dirigenti e gli esponenti politici interrogati sulle presunte pressioni su Assennato, le hanno negate e per questo motivo la Procura chiede per loro un processo per favoreggiamento. Un comportamento della serie “o confermi quello che voglio io o ti mando sotto processo“.
Fra i politici che hanno smentito il castello accusatorio della Procura di Taranto, compaiono gli assessori regionali Lorenzo Nicastro (Ambiente) e Donato Pentassuglia (Sanità) , quest’ultimo all’epoca dei fatti era presidente della Commissione Regionale Ambiente, tutti attualmente in carica, ed anche l’ex assessore regionale Nicola Fratoianni, attualmente deputato in Parlamento eletto da Sel.
Un’ altro discutibile episodio , ricordato in aula dal pm Epifani è stato quello della presunta corruzione in atti giudiziari del professor Lorenzo Liberti, ex rettore del Politecnico di Bari, consulente della Procura, incaricato nel 2010 di predisporre una perizia sull’inquinamento dell’ILVA. Le telecamere del circuito di sicurezza interna della stazione di carburanti ad Acquaviva delle Fonti sul tratto autostradale Taranto-Bari, a marzo 2010 ripresero Archiná mentre passa a Liberti una busta. Secondo l’accusa conteneva soldi, una tangente da 10mila euro, presumibilmente versata dall’Ilva per “accomodare” la sua perizia in favore della società siderurgica. La difesa, al contrario, ha sostenuto e provato che i 10mila euro dell’ ILVA prelevati da Archinà erano un’offerta alla Curia tarantina, ed inoltre ha smentito avvalendosi delle stessi chiare immagini che nella busta consegnata a Liberti c’erano solo documenti e non soldi . “Siamo certi che Archiná ha dato la busta a Liberti, c’è un testimone che ha visto lo scambio” dice il Pm in aula sostenendo la sua accusa che contenesse dei soldi basandosi sul fatto che “l’Arcivescovo ha negato di aver ricevuto quella cifra nel 2010“. Piccolo particolare è che il segretario dell’ Arcivescovo in carica all’epoca dei fatti, è anch’egli indagato nell’inchiesta in questione. E non erano i primi soldi che l’ ILVA devolveva alla Curia tarantina.
E’ stato chiesto dalla procura tarantina anche il rinvio a giudizio per Gianni Florido (Pd, area CISL) l’ex presidente della Provincia di Taranto , che venne arrestato a maggio 2013 con l’ accusa di “concussione” per aver fatto delle pressioni e minacce su due dirigenti all’Ambiente al fine di favorire il rilascio delle autorizzazioni per una discarica per rifiuti speciali in ILVA. Anche in questo caso va fatto notare che uno dei due dirigenti in questione e cioè il dr. Luigi Romandini è stato successivamente condannato recentemente dal tribunale di Taranto (leggi QUI)
E’ toccato al pubblico ministero Raffaele Graziano concludere con la sua requisitoria gli interventi dei sei pubblici ministeri impegnati sul disastro ambientale di Taranto, nel corso dell’udienza preliminare dell’inchiesta “Ambiente Svenduto“. Graziano ha focalizzato il suo intervento con la richiesta di rinvio a giudizio anche per le tre società imputate: ILVA Spa, RIVA Fire e RIVA Forni elettrici, tutte e tre accusate per “reati ambientali“, la “mancata prevenzione” degli incidenti rilevanti ed “omissioni” in materia di sicurezza sul lavoro.
Il pm Graziano ha ricordato che “I modelli organizzativi delle aziende erano incerti sul piano della sicurezza, come evidenziato dalle indagini di gdf e dalle relazioni dei custodi giudiziari” richiedendo il rinvio a giudizio per i proprietari ed i dirigenti dello stabilimento per due omicidi colposi avvenuti all’ILVA di Taranto a fine 2012. e cioè dell’incidente mortale dell’operaio Claudio Marsella, che venne schiacciato nel reparto ferroviario dell’ ILVA da un locomotore il 30 ottobre 2012 e del manovratore di una gru, Francesco Zaccaria, che venne travolto ed ucciso il 28 novembre dello stesso anno, da un tornado che lo catapultò dopo un volò in mare dal l’altezza di 60 metri .
Il procuratore capo Franco Sebastio al termine della requisitoria, con cui è stato richiesto il rinvio a giudizio per tutti i 52 imputati, 49 persone e 3 società, ha chiesto al giudice per le udienze preliminari dr.ssa Vilma Gilli la trasmissione degli atti riguardanti delle richieste di costituzione di parte civile depositate da parenti di persone decedute (secondo le accuse) a causa dell’inquinamento, per consentire così alla Procura di aprire nuove indagini su omicidi colposi.
Speriamo e lo diciamo con il massimo rispetto per l’istituzione della Magistratura , che la Procura di Taranto si occupi anche di altre inchieste, e sopratutto faccia pulizia di tutti i conflitti d’interesse al proprio interno, che sono ben noti sotto gli occhi, e sulla bocca di tutta la città.
Conflitti sui quali quale alto ufficiale delle forze dell’ordine dorme un pò troppo ( o si fa distrarre ?) , preferendo cene conviviali ed uscite in barca con imprenditori chiacchierati, condannati ed indagati.