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22 Novembre 2024 02:07

Dietro le quinte della nomina di procuratore capo della Procura di Potenza

L’allora procuratore aggiunto della procura di Potenza Basentini – è l’11 gennaio 2018 – scriveva a Palamara su whatsapp: “Luca, ho saputo che oggi la Comm. proporrà Curcio. ahimè… Non si riesce a fare proprio nulla per D’Alessio?”. Palamara rispondeva: “Si purtroppo è così”
di ANTONELLO de GENNARO

Era il 14 marzo del 2019 quando la nomina di Francesco Curcio 65 anni originario di Polla ma nato a Bari, come procuratore capo della Procura di Potenza venne annullata dal TAR Lazio accogliendo il ricorso presentata dal pm potentino Laura Triassi contro le valutazioni compiute tra la fine del 2017 e gli inizi del 2018 dal Consiglio superiore della magistratura nell’assegnazione dell’ incarico direttivo a capo della Procura del capoluogo lucano, nomina particolarmente ambita e da sempre oggetto di attenzioni “correntizie”.

La Triassi che a sua volta aveva presentato domanda, si rivolse ai giudici amministrativi evidenziando, in particolare, la mancata valutazione da parte della 5a Commissione del CSM, della propria esperienza maturata come procuratore facente funzioni a Potenza, che è anche sede distrettuale antimafia, tra il 2012 e il 2014 che all’epoca aveva dovuto anche gestire l’accorpamento dell’ufficio potentino con quello della soppressa procura della Repubblica di Melfi, gestendone la riorganizzazione.

la magistrata Laura Triassi attuale procuratore capo di Nola

Quindi la magistrata aveva titoli più che a sufficienza per ottenere l’ incarico desiderato, considerato dal momento che terminata l’esperienza come “facente funzioni è tornata al lavoro come semplice sostituto antimafia. Incarichi di peso, sopratutto se comparati con quello del concorrente Curcio che all’atto della sua nomina non aveva mai avuto esperienze direttive o semi-direttive, mentre la Triassi sì. Solo che l’organo di autogoverno della magistratura aveva valutato diversamente i rispettivi profili professionali.

Nacque da qui il ricorso e la pronunce dei giudici amministrativi che hanno dato pienamente ragione alla Triassi, annullando le decisioni della 5a commissione (incarichi direttivi) e del plenum del CSM. Un conflitto di carriera fra magistrati recentemente raccontato dall’ex pm Luca Palamara già presidente dell’ ANM, l’ Associazione nazionale magistrati, in un’intervista rilasciata al quotidiano ‘La Repubblica‘. “Perché Palamara non si è svegliato una mattina e ha inventato il sistema delle correnti. Ma ha agito e ha operato facendo accordi per trovare un equilibrio e gestire il potere interno alla magistratura – ha affermato Palamara -. La Costituzione ha voluto che la magistratura fosse autonoma e indipendente. Per esercitare questo potere i magistrati hanno scelto di organizzarsi in correnti che nascono con gli ideali più nobili, ma che storicamente hanno poi subito un processo degenerativo“.

Il Tar Lazio nella sua sentenza parla di omissioni che appaiono incomprensibili, per la rilevanza delle esperienze, e certamente integrano un importante difetto di istruttoria che inficia, ex se, il giudizio finale” ricordando la presenza di una circolare del Csm che nell’assegnazione degli incarichi direttivi e semidirettivi, impone “una attività di natura valutativa che non può risolversi nella semplice enunciazione delle esperienze dei candidati, dovendo estrinsecarsi in un apprezzamento di esse, alla luce della rilevanza che possono avere con riferimento al posto da ricoprire“.

Il collegio del tribunale amministrativo del Lazio presieduto da Carmine Volpe (estensore Roberta Ravasio e Lucia Brancatelli referendario) proseguiva spiegando che “nel caso di specie si deve rilevare che effettivamente gli atti impugnati sono assolutamente carenti nella disamina dei requisiti attitudinali specifici vantati dalla dottoressa” (Triassi n.d.a.).

Palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato

Un anno dopo, il 10 gennaio 2020 il Consiglio di Stato ha rigettato il ricorso presentato dal dr. Curcio contro la decisione del TAR Lazio evidenziando, nella sua pronuncia sulla nomina come procuratore di Potenza, le precedenti esperienze professionali del dr. Curcioquale sostituto procuratore presso la Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo” criticando e stigmatizzando “l’assenza di una comparazione esplicita, ed in quanto tale misurabile secondo gli usuali canoni della ragionevolezza e proporzionalità“, tra questa e quella da procuratore facente funzioni di Triassi, che invece risulta del tutto obliterata nelle valutazioni del suo profilo da parte del Csm.

Il collegio di Palazzo Spada composto dal presidente Giuseppe Severini, estensore Stefano Fantini, e consiglieri Giovanni Grasso, Anna Bottiglieri e Elena Quadri) bocciarono anche la difesa d’ ufficio del Consiglio superiore della Magistratura che si era costituito in udienza per contestare “la necessità di un’analitica valutazione dei profili dei candidati con riferimento alle attitudini ed al merito“, a favore di una “tecnica di redazione di maggiore concisione sia nella presentazione (od elencazione) dei candidati, che nel giudizio comparativo, in assenza di una prescrizione normativa specifica che lo precluda“. Nel caso in questione, secondo i giudici amministrativi più che di “concisione” bisognerebbe parlare di una grave “omissione” di una circostanza rilevante che ne aveva inficiato la completezza.

La valutazione analitica non può, per definizione, essere implicita, basandosi sulla mera affermazione dell’avvenuta disamina dei fascicoli personali degli aspiranti – evidenziava il Consiglio di Stato trovando il proprio epilogo in un giudizio complessivo ed unitario, frutto della valutazione integrata e non meramente cumulativa degli indicatori“. Il Csm colpito da continui ricorsi conseguenti alle vergognose manovre “correntizie2 di alcune proprie nomine (che non riguardano personalmente il dr. Curcio il quale non è iscritto ad alcuna associazione o corrente di magistrati) , avrebbe dovuto tornare sul suo operato, “rivalutando – come scriveva il Tar del Lazio – la posizione della ricorrente e poi comparandola” .

Il Fatto Quotidiano nell’edizione di sabato 23 maggio 2020 riportava una conversazione in chat del gennaio del 2018 fra l’ex-capo del DAP Basentini con il presidente dell’Anm alla vigilia della nomina del procuratore capo di Potenza. Secondo la ricostruzione del Fatto, Basentini avrebbe chiesto a Palamara di fare qualcosa in favore di Luigi D’Alessio (procuratore capo di Locri dal 2013), protagonista dell’indagine contro l’ex sindaco di Riace Mimmo Lucano, preferito a Francesco Curcio (poi nominato dal Csm).

l’ex-presidente dell’ ANM Luca Palamara

L’allora procuratore aggiunto della procura di Potenza Basentini – è l’11 gennaio 2018 – scriveva a Palamara su whatsapp: “Luca, ho saputo che oggi la Comm. proporrà Curcio. ahimè… Non si riesce a fare proprio nulla per D’Alessio?”. Palamara rispondeva: “Si purtroppo è così”. Palamara aggiungeva “Ti devo parlare però” e Basentini prudente: “Quando vuoi, chiamami su whatsapp”.

Soltanto 5 mesi dopo il 4 giugno 2020, con relatore il consigliere Giuseppe Cascini, coordinatore della corrente di “Area“, il Csm ha nominato Laura Triassi procuratore capo a Nola, sollevando dall’incarico il magistrato Anna Maria Lucchetta che si era insediata nel 2017, e che quindi non aveva neanche completato il proprio primo quadrienno di incarico direttivo. Una decisione presa a seguito di un altro ricorso al TAR presentato dalla dottoressa Triassi contro le nomine “allegre” e lottizzate del CSM, dove antichi usi ed abitudini di lottizzazione non sono mai cambiati neanche dopo la scandalo esploso dal caso Palamara !

Resta normale chiedersi: come mai il Csm non abbia rimesso a bando la poltrona di capo della Procura di Potenza visto che il TAR Lazio ed il Consiglio di Stato avevano accertato e stabilito che il magistrato non era in possesso dei requisiti, comparati a quelli della dottoressa Laura Triassi ? Con la nomina della Triassi a capo dalla procura di Nola, del piccolo centro ai confini dell’area metropolitana di Napoli, è venuta automaticamente meno l’interesse per la “contestata” procura lucana, e quindi la nomina di Curcio alla guida della procura di Potenza è stata confermata.

Lascia normale farsi qualche domanda sulla recente vicenda giudiziaria che ha colpito l’ex-procuratore capo di Taranto Carlo Maria Capristo leggere: “Deve essere tuttavia precisato, sia in fatto che in diritto, che l’attivazione Amara-Paradiso con attività di lobbing per la nomina di Capristo a Taranto non implica alcuna indagine sulla validità della nomina o la liceità della condotta dei membri del Consiglio Superiore della Magistratura, questione estranea alla richiesta del pm nel presente procedimento e in relazione alla quale non viene delineato alcun profilo di rilevanza penale, che del resto esulerebbe dalla competenza di questo ufficio“. Infatti eventualmente sarebbe stata competenza della Procura di Perugia.

Quello che la procura di Potenza dovrà provare prove alla mano nel corso del processo in Tribunale a Potenza, (e dalla lettura degli atti al momento non ci sembra un compito facile), come avrebbero fatto i vari Amara, Paradiso, Nardi ecc. a far eleggere Capristo a procuratore a Taranto, visto che all’epoca della sua nomina lo hanno votato e nominato ben 15 magistrati, membri del CSM ? Se esiste un “corruttore“, conseguentemente per logica ci deve sempre essere un “corrotto“. In questo caso i corrotti che avrebbero appoggiato la nomina di Capristo a Taranto sarebbero 15 (i componenti del plenum del Csm che lo hanno votato n.d.a.) e quasi tutti con la toga. Ma negli atti di Potenza i nomi di questi eventuali magistrati “corrotti” non si vede ombra alcuna.

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Grazie, Antonello de Gennaro

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