di REDAZIONE POLITICA
L’ultima Supermedia prima della pausa estiva ci regala uno scenario estremamente aperto: si conferma il primato (acquisito due settimane fa) di Fratelli d’Italia di primo partito nelle intenzioni di voto degli italiani, ma il suo vantaggio sulla Lega è infinitesimale, pari a un solo decimo di punto percentuale. Entrambi i partiti, in ogni caso, paiono essersi attestati poco al di sopra della soglia del 20%, con il Partito Democratico in terza posizione distanziato di un solo punto (19,3%). Riduce un po’ il distacco dal terzetto di testa il Movimento 5 Stelle, che risale al 16% nei giorni dell’approvazione del nuovo statuto della (ormai scontata) elezione di Giuseppe Conte a nuovo leader.
Alle spalle dei primi quattro partiti il quadro resta piuttosto stabile, come del resto avviene da molte settimane a questa parte. Forza Italia “galleggia” tra il 7 e l’8 per cento, staccando la pattuglia dei partiti minori capitanata da Azione di Carlo Calenda (unico di questa pattuglia stabilmente sopra il 3% – attuale soglia di sbarramento prevista dalla legge elettorale per il Parlamento nazionale), con tutti gli altri dal 2% in giù. La storia ci ha però insegnato che durante la pausa estiva possono accadere molte cose (il 2019 è ancora lì a ricordarcelo), quindi non possiamo escludere che il quadro appena visto possa cambiare in modo significativo già a inizio settembre.
Nel complesso, le forze che sostengono il governo Draghi in Parlamento raccolgono i consensi di quasi 3 italiani su 4 (73,2%). Si tratta di un consenso inferiore di oltre 5 punti rispetto a quello registrato al momento della nascita dell’esecutivo, avvenuta ormai sei mesi fa. A beneficiare di questa flessione sono state le opposizioni a destra (FDI +3,8%) e a sinistra (con SI che ha “divorziato” da MDP, ed è oggi quotata al 2,1%). Uno sguardo più approfondito alle diverse componenti della maggioranza a sostegno di Draghi – tutt’altro che monolitica, trattandosi di un governo di unità nazionale – consente però di apprezzare come le variazioni non siano state omogenee.
Di fatto, mentre l’area “giallorossa” (ossia PD, M5S e LeU-MDP) è rimasta nel complesso stabile, maggiori difficoltà ha avuto l’area di centrodestra (Lega, Forza Italia e altre liste minori) che ha lasciato sul terreno tre punti e mezzo. Non è andata meglio all’area liberale, in cui si è registrata una perdita di consensi che ha colpito in particolare Italia Viva di Renzi e +Europa (che peraltro ha da poco riconfermato alla segreteria Benedetto Della Vedova in occasione del suo secondo congresso, convocato dopo un piccolo terremoto avvenuto lo scorso marzo).
Quello che non è cambiato, durante questi primi sei mesi di Governo Draghi, è il rapporto di forza tra le diverse aree politiche, riaggregate in base alle coalizioni che si sono fronteggiate in occasione delle ultime elezioni politiche (4 marzo 2018).
Il centrodestra, infatti, nonostante i “rimescolamenti” al suo interno, continua a essere la coalizione sulla carta più competitiva: da oltre due anni, quest’area vale poco meno del 50% dei consensi, mostrando una stabilità sorprendente. Molto staccata è l’area di centrosinistra (PD e centristi alleati dei democratici nel 2018) che nel corso di questa legislatura non ha mai raggiunto il 30%, raccogliendo ad oggi i consensi di poco più di un italiano su quattro. Certo, un centrosinistra allargato al Movimento 5 Stelle e alla sinistra radicale potrebbe valere sulla carta oltre il 45% e risultare competitivo con il centrodestra: ma mettere insieme una simile coalizione, che vada da Renzi e Calenda alla sinistra di Fratoianni, appare un’opzione politicamente ben poco percorribile, per usare un eufemismo.
Al momento, comunque, eventuali elezioni politiche anticipate non sono uno scenario realistico. E questo perché siamo appena entrati nel cosiddetto “semestre bianco”, ossia gli ultimi sei mesi di mandato del Presidente della Repubblica . Da Costituzione, durante questo periodo il Capo dello Stato non può sciogliere le Camere, a meno che tale periodo non coincida con la scadenza naturale della legislatura. Questo significa che l’attuale Parlamento potrà in effetti essere sciolto solo a partire da febbraio 2022, quando si sarà insediato il successore di Sergio Mattarella (e anche in quel caso non è affatto scontato che la maggioranza dei parlamentari sia ansiosa di andare a nuove elezioni, con un solo anno di anticipo rispetto alla scadenza naturale).
Proprio il Presidente della Repubblica, insieme al premier Draghi, costituisce un punto di riferimento autorevole e trasversale, in uno scenario politico che – lo abbiamo visto – si presenta frammentato e dagli sviluppi tutt’altro che prevedibili. I due presidenti sono infatti, ad oggi, gli esponenti politico-istituzionali di gran lunga più apprezzati dagli italiani. Secondo un recente sondaggio dell’istituto SWG, quasi 2 italiani su 3 (il 63%) hanno fiducia nel Presidente Mattarella, che nel corso del suo mandato si è trovato più volte a prendere decisioni importanti: nonostante ciò – o forse proprio a causa di ciò – la fiducia nei suoi confronti ha avuto un andamento crescente: dal 40% dei primi anni, quando veniva probabilmente accostato a Matteo Renzi, regista indiscusso della sua elezione a Quirinale, Mattarella ha poi gradualmente assunto un profilo più trasversale, fino a superare il 60% dei consensi in questo ultimo periodo di crisi, sanitaria, economica e politica.
Un gradimento trasversale quindi, ma con diversa “intensità” a seconda degli elettorati: ad esempio, se tra gli elettori del PD la fiducia verso il Presidente è pressoché unanime, tra gli elettori di FDI non si arriva nemmeno al 50%. Una diffidenza (o una minor fiducia) probabilmente legata alla scelta di Mattarella di incaricare Mario Draghi della formazione di un governo di unità nazionale – invece di sciogliere le Camere – in seguito alla crisi politica che ha portato alla caduta del Governo Conte II. Prova ne sia che i consensi registrati tra gli elettorati delle altre forze politiche che invece partecipano a quel governo (Lega, M5S, Forza Italia) sono molto più alti, anche se non arrivano ai livelli registrati tra i democratici.
Da questo punto di vista, il premier Draghi è molto simile allo stesso Mattarella: un sondaggio di Demopolis registra un consenso molto ampio (62%) e praticamente identico a quello rilevato da SWG per il Presidente della Repubblica.
Anche in questo caso, verosimilmente, il dato varia a seconda delle preferenze politiche degli elettori. Ma senza dubbio “i due presidenti” in questo momento costituiscono un punto di riferimento solido e trasversale per gli italiani, in una congiuntura storica in cui la fiducia nelle istituzioni e nelle persone che le incarnano costituisce un elemento cruciale per la ripresa. Anche di questo bisognerà necessariamente tener conto quando, tra sei mesi, questa “coabitazione presidenziale” volgerà al termine.
NOTA: La Supermedia YouTrend/Agi è una media ponderata dei sondaggi nazionali sulle intenzioni di voto. La ponderazione odierna, che include sondaggi realizzati dal 22 luglio al 4 agosto, è stata effettuata il giorno 5 agosto sulla base della consistenza campionaria, della data di realizzazione e del metodo di raccolta dei dati.
I sondaggi considerati sono stati realizzati dagli istituti Demopolis (data di pubblicazione: 4 agosto), Euromedia (date di pubblicazione: 24 luglio e 1° agosto), Ipsos (data di pubblicazione: 25 luglio), Ixè (data di pubblicazione: 23 luglio), SWG (date di pubblicazione: 26 luglio e 2 agosto) e Tecnè (data di pubblicazione: 24 luglio).
La nota metodologica dettagliata di ciascun sondaggio considerato è disponibile sul sito ufficiale www.sondaggipoliticoelettorali.it.